Le trappole antisociali tra novax, nopass e sindacati di base

Il biennio pandemico, tra gli altri infelici prodotti che ci ha sciorinato nella già sufficientemente tribolata condizione di sopravvivenza comune, ha dato adito alla crescita di una tendenza alla...

Il biennio pandemico, tra gli altri infelici prodotti che ci ha sciorinato nella già sufficientemente tribolata condizione di sopravvivenza comune, ha dato adito alla crescita di una tendenza alla separazione draconiana, alla dicotomia severa, all’adombrarsi e arroccarsi su posizioni quasi dogmatiche. Tutto ciò, escludendo la possibilità che la coesistenza di fattori anche diversi possa continuare a verificarsi.

Facciamo un esempio: si può ancora essere anticapitalisti, comunisti e di sinistra anche se non si entra in simbiosi con quella critica antivaccinista, ora declinata nella sua ultima espressione “No Green pass“; così come si può essere sindacalisti di base o confederali senza dover per forza riconoscere nella protesta ideologica dei lavoratori portuali di Trieste chissà quale fenomeno di lotta di classe…

Va di moda oggi, per dirsi veramente rivoluzionari, tribuni di un popolo che ha un sincretismo di sclerotizzazioni delle idee in testa da far impallidire qualunque psichiatra democratico e filobasagliano, sostenere un armamentario di ragioni che, prescindendo dall’incontro di evidenze scientifiche unitamente a ragioni che uniscano diritto al lavoro e diritto alla salute (singola e collettiva), dirotti la lotta su un apriorismo incontrollabile, seguendo gli umori della piazza e non invece provando a creare i presupposti per una più attenta comprensione delle problematiche comuni.

I sindacati di base, più di altri, si sono giustamente ritagliati un ruolo nelle proteste dilagate nel Paese contro le mascherine prima, contro i vaccini poi e contro il Green pass adesso.

Lo hanno fatto cavalcando anche loro un’onda tutt’altro che sociale, sperando di poterla egemonizzare culturalmente e, quindi, sindacalmente. In alcuni casi sono riusciti a mettersi alla testa dei cortei, a creare una empatia sociale per le ragioni del mondo del lavoro. In altri casi, invece, si sono fatti prendere dal sacro furore dell’aderenza a tutto tondo con le (s)ragioni dei manifestanti, di tante lavoratrici e tanti lavoratori che, per il solo fatto di rifiutare il vaccino sulla base di supposizioni formatesi con dalla condivisione di caterve di illazioni e false notizie social, diventano più rumorosi di altri.

Siccome fanno tanto rumore, paiono essere la maggioranza che protesta senza avere, però, concretamente alcuna proposta pratica, ma inveendo alla rinfusa contro il governo, contro il Capo dello Stato, contro il Parlamento, contro “i politici in generale” (un classico sempreverde…), contro magistrati, sindacati, ma mai contro i padroni, mai contro la Confindustria, mai contro chi veramente dovrebbe essere l’oggetto di una critica sociale, di una coscienza sociale tanto singola quanto collettiva.

Nei cortei delle grandi città d’Italia, quanto nei piccoli centri di provincia, la tiritera è sempre la stessa; gli slogan sono identici per emulazione e non per una compiuta espressione di coscienza. Proprio come accade con il rullo di tamburi dei meme che sui social passano da profilo a profilo, diventano “virali” e fanno quel salto di squalificazione che

Quelli che scendono oggi in piazza a Roma possono gridare: “Ora e sempre, Resistenza!“, non i no-green pass che tollerano forzanovisti, che condividono i cortei con la peggiore galassia negazionista del Covid-19, che applaudono chi insulta la senatrice Liliana Segre. La nostra piazza è e non può essere che quella di oggi, a Roma. Quella della CGIL e del popolo italiano antifascista: il meglio popolo, la migliore società. Nessun’altra.

Tutte le altre sono piazze ambigue, giocano sul detto-non detto, sulla vicinanza ai lavoratori anche se indossano magliette con sopra scritto “Green pass macht frei” o se si producono in iperboli cospirazioniste che mettono insieme libertà, resistenza, bambini, vaccini, nuovi ordini mondiali, deep state e il peggio del peggio delle amenità fantastiche di QAnon.

Può essere serio un sindacalismo che dà spazio a questo pandemonio di cretinerie e che, invece di smontarle una per una, le titilla, le vellica pelosamente per accrescere le proprie fila? Può essere anche legittimo, ma è moralmente e sindacalmente discutibile. Purtroppo alcuni sindacati di base stanno offrendo, in questo momento, spettacoli indecenti, chiamando “assemblee libere” delle reunion di scappati da follilandia.

La grande manifestazione della CGIL di oggi, per la difesa del sindacato e del lavoro, della democrazia e della Repubblica, servirà a risvegliare un po’ di animi intorpiditi dalla sedentarietà decerebrante dei social e obnubilati dalla rabbia eterodiretta dalle destre. Almeno lo si spera… La legittimità antifascista la hanno solo le manifestazioni che contrastano i retropensieri antivax e antipass e che buttano fuori dai cortei sia i fascisti mascherati da cittadini indignati e da lavoratori offesi, sia coloro che voglio spandere il veleno del sospetto, del complotto e della cospirazione.

Ripetiamolo ancora una volta: il nemico è il capitalismo, è lo sfruttamento, è la privatizzazione dei servizi, della sanità, di ogni ambito che dovrebbe essere pubblico. Il nemico è la brevettazione dei farmaci e dei vaccini. Bisogna “vedere” tutto questo, accorgersi della pericolosa deriva in atto che finisce col fare il gioco del governo nel portare avanti politiche di attacco al mondo del lavoro relegando la protesta delle minoranze antivacciniste ad un minoritarismo esclusivista che si separa dal grosso della classe degli sfruttati per ragioni ideologiche.

Bisogna risaldare le lotte, unirle non in nome della fittizia “dittatura sanitaria“, di concetti inventati per depistare le ragioni del disagio sociale, ma in nome della ripresa, soprattutto da parte dei grandi sindacati come la CGIL, di una piattaforma di rivendicazioni nazionali in tema di contratti, combattendo la precarietà e sbarrando la strada alle pretese confindustriali di distribuzione dei soldi del PNRR alle imprese, oltre alle defiscalizzazioni già in atto.

Se la CGIL vuole davvero aiutare questo Paese deve farsi interprete ancora una volta di tutto questo, prima che la lotta dei poveri contro i poveri si estenda dalla consueta azione politica delle destre ad una azione sindacale di base che, magari anche in buona fede ritiene così di agevolare il diritto alla protesta, di sostenere il malessere diffuso e di interpretarlo poi nelle rivendicazioni con le controparti.

Non può esservi più ambiguità alcuna: né sociale, né politica e nemmeno sindacale.

Se l’assalto alla sede nazionale del più grande sindacato italiano ci deve insegnare qualcosa, ebbene è la lezione di una unità di classe che non si può lasciare come bandiera alle destre e come luogo dello scontro alle piazze infervorate da una generica opposizione alla politica e ai politici. Perché così facendo si offrono altre occasioni di polarizzazione dei conflitti su parole d’ordine che non c’entrano nulla con i diritti del lavoro, ma che sono il solito tentativo di destabilizzazione antioperaia e antidemocratica che nuoce gravemente alla salute di tutta la Repubblica.

La maggioranza antifascista, democratica e vaccinata ha la sua piazza oggi. E’ la più bella risposta al sovversivismo neofascista che tenta l’egemonizzazione del disagio e della rabbia e, auguriamocelo, il principio di una svolta dalle tinte fosche che hanno attraversato il Paese in queste ultime settimane.

MARCO SFERINI

16 ottobre 2021

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