Capire come votiamo (4) :: Una certa irrazionalità della politica

FILOSOFIA E TENDENZE IRRAZIONALI DELLA POLITICA La democrazia è un sistema di governo che si basa sul presupposto che i cittadini siano titolari del diritto di partecipare alle decisioni...

FILOSOFIA E TENDENZE IRRAZIONALI DELLA POLITICA

La democrazia è un sistema di governo che si basa sul presupposto che i cittadini siano titolari del diritto di partecipare alle decisioni in materia di politica e questioni pubbliche.

Nel momento in cui la natura dei processi cognitivi apre dubbi circa la capacità effettiva dei cittadini di avanzare valutazioni corrette e di giungere a decisioni razionali ed informate, di rappresentare quindi in maniera autonoma e consapevole i propri valori e interessi e alla luce della complessità delle questioni pubbliche, prende innanzitutto forma la tentazione tecnocratica, cioè quella di valutare la fondatezza di una forma di governa basata sulla conoscenza e sul sapere razionale.

Tale ipotesi si propone di eliminare alla radice i problemi che presenta la democrazia come dovuti ai difetti delle decisioni dei cittadini: le scelte verrebbero delegate ad individui con capacità cognitive e competenze superiori alfine di giungere ad una decisione razionale, tralasciando categorie fondamentali della politica democratica quali dissenso, le maggioranza e minoranza, composizione degli interessi.

Si considerino alcuni grandi problemi attuali come la sicurezza della produzione dell’energia nucleare o la gestione delle scorie, o all’utilizzo in agricoltura degli organismi geneticamente modificati o le questioni riguardo il riscaldamento globale o come ci si deve porre davanti al debito pubblico o di fronte alle spese militari o problematiche del sistema sanitario. In quanto problemi complessi, all’elettore non sono chiare neppure le alternative, per cui è difficile pensare di poterli risolvere con risposte euristiche ed emotive.

Sembra così che ci siamo avvicinati al limite intrinseco della democrazia dovuti a deficit cognitivo di tutti i cittadini, elettori ed eletti. Mentre la democrazia sembra sempre più in difficoltà nell’affrontare in maniera efficace le crisi economiche, diffondendo l’impressione che le istituzioni democratiche siano troppo lente, inefficaci ed incapaci di produrre decisioni politiche razionali, diventa necessario considerare un’alternativa non democratica: la tecnocrazia.

Questa idea di governo ha esercitato da Platone in poi un forte potere di attrazione nel corso di tutta la storia del pensiero e della politica. Il punto fondamentale è che questi ristretti gruppi di persone posseggano uno statuto epistemico eccezionale, fuori dalla portata delle masse.

Il modello democratico e tecnocratico sono essenzialmente alternativi perché mentre la democrazia fa proprio l’ideale dell’uguaglianza politica, secondo cui nessuna persona è intrinsecamente superiore ad un’altra e rispetta il diritto di eguale partecipazione e difesa dei propri interessi, la tecnocrazia si fonda sull’idea che pochi individui siano a tal punto meglio qualificati degli altri da potere ottenere il pieno potere sullo stato.

E’ altamente probabile che tecnocrati possano essere avvantaggiati rispetto alla gente comune in alcuni ambiti decisionali specifici, senza che questo implichi però una loro maggiore abilità dal punto di vista cognitivo nelle questioni politiche e pubbliche. Inoltre la complessità della materia politica riduce il vantaggio di competenza specializzata, dal momento che dipanare questioni politiche richiede abilità a più livelli.

Diversamente dai principianti che considerano tutte le situazioni problematiche col medesimo interesse, gli esperti manifestano una capacità particolare di selezionare le informazioni rilevanti da quelle irrilevanti permettendo di cogliere il nocciolo del problema. Ma il decisori esperto manifesta particolari abilità nel modo di organizzare le conoscenze piuttosto che qualità globali del modo di ragionare. Caratterizzato anch’egli da razionalità limitata, l’esperto condividerebbe la stessa base cognitiva del comune cittadino e quindi perderebbe il suo ipotetico statuto speciale.

Qualunque individuo, esperto o meno, è obbligato a confrontarsi continuamente con situazioni inedite, e quindi a individuare strategie cognitive che semplificano i problemi attraverso l’uso di euristiche e bias.

In aggiunta a ciò, qualunque presupposto di tipo tecnocratico non tiene conto di una caratteristica intrinseca delle decisioni sui problemi di politica, cioè del fatto che tali giudizi si devono basare su valutazioni del rischio e delle incertezze talmente complesse da risultare il più delle volte imponderabili, in quanto, generalmente, le probabilità sono sconosciute sia per quanto riguarda i fatti futuri del mondo sia per i comportamenti di tutti gli altri attori politici nel loro complesso.

Questa ipotesi comunque non esclude l’eventualità che i cittadini possano decidere di delegare alcune decisioni collettive a persone che, in qualche caso, siano ritenute competenti, ma ciò dovrebbe cautelativamente sempre comportare che i cittadini possano stabilire i termini della delega e possano riprendersi l’autorità delegata quando lo ritengano opportuno, autorità delegata ma non alienata. I tecnocrati e gli esperti possono avere un ruolo importante ma comunque ancillare rispetto alle decisioni della democrazia.

Tenendo presente quanto sopra, la democrazia non promette decisioni perfettamente razionali e non richiede che i cittadini abbiano capacità cognitive perfette. Si tratta di accettare gli agenti politici per come sono, data la natura cognitiva di cui sono dotati. Il fine è quello di permettere, all’interno del principio di uguaglianza, a tutte le visioni di confrontarsi e competere per giungere a decisioni anche a volte emotive quando non irrazionali.

Un gioco imperfetto che contempla la revisione delle decisioni stesse proprio alla luce del possesso di una razionalità imperfetta e limitata. Non può essere un risultato non propriamente razionale a delegittimare l’istituzione democratica. Sarà poi il metodo democratico stesso ad offrire la possibilità di correggere eventualmente gli errori compiuti.

In ultimo e brevemente, alla luce degli studi cognitivi sulle decisioni, dobbiamo rispondere ad una domanda classica della filosofia, su che cosa i cittadini di una comunità possano essere liberi di fare e cioè fino a che punto il governo abbia liceità di interferenza. E’ necessario domandarsi come una democrazia liberale come la nostra reagisca di fronte alla disattenzione, alla ignoranza, alla inconsapevolezza, alla irrazionalità dei propri cittadini.

Interventi dell’autorità pubblica con un certo grado di paternalismo, ma compatibili con la libertà e l’autonomia individuale, sono una prassi consolidata nei contesti liberali e democratici.

Non si tratta di esprimere una concezione univoca sugli stili di vita e convincimenti personali, bensì di promuovere certi comportamenti e obiettivi. Ad esempio lo stato può mettere i i bevitori di alcolici di fronte alle evidenze mediche in modo tale che non ci sia la scusante di non essere sufficientemente consapevoli dei rischi per la salute. Un altro modo per scoraggiare decisioni superficiali può essere quello di aumentare i costi degli alcolici, per cui la tassazione può diventare uno strumento persuasivo che lo stato può utilizzare per rendere l’alcool meno attrattivo ma non proibito.

Il governo può anche legittimamente divulgare informazioni allarmistiche e/o pubblicare immagini sgradevoli che sensibilizzano sui rischi connessi al consumo alcolico; non impongono costi materiali ma influenzano emotivamente le scelte delle persone. Il fatto di catturare l’attenzione del sistema impulsivo dei cittadini modifica i loro comportamenti attraverso uno strumento di tipo cognitivo.

Questi interventi possono essere ritenuti legittimi, come forma di paternalismo debole, mirati a pungolare le persone senza privarle della libertà attraverso vincoli leggeri caratterizzati da potere coercitivo limitato, in quanto riguardano modi di agire dei cittadini che creano meccanismi di dipendenza, i quali, seppure sono l’esito della volontà, agiscono in condizioni cognitive il cui grado di deliberazione è molto dubbio.

In questo caso può essere opportuno che intervenga una guida alfine di evitare conseguenze inaspettate o spiacevoli mentre azioni e scelte e consapevoli, intraprese con un atto deliberativo, il cui processo richiede tempo e conoscenze adeguate, debbono invece essere protette da interferenze, anche se siano intraprese da parte dello stato, alfine di tutelare autonomia e libertà individuali.

LUCA PAROLDO BONI
già professore alla Saint Petersburg State University (L.G.U.)

1° ottobre 2021

PRIMA PARTE: CAPIRE COME VOTIAMO – INTRODUZIONE – LE AVVENTURE DEL NOSTRO VOTO

SECONDA PARTE: CAPIRE COME VOTIAMO – RAZIONALITA’ ED EMOTIVITA’

TERZA PARTE: CAPIRE COME VOTIAMO – LA POLITICA IN LABORATORIO

QUINTA PARTE: CAPIRE COME VOTIAMO – LA POLITICA E I NUOVI MASS MEDIA

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