Di manifestazioni sindacali davanti al ministero dell’Istruzione se ne convocano decine ogni anno senza particolari tensioni. Anche ieri, davanti al palazzone romano di viale Trastevere, gli organizzatori erano intenti agli ultimi preparativi prima dell’inizio del presidio contro il green pass obbligatorio nelle scuole, quando avviene il fattaccio. Uno dei partecipanti, un collaboratore scolastico col porto d’armi (ora sospeso) si avventa sul videomaker di Repubblica Francesco Giovannetti, in piazza per coprire l’evento. «Ti taglio la gola», e poi parte la gragnuola di pugni. Il reporter finisce al pronto soccorso, l’aggressore in commissariato.
Dopo l’aggressione di due giorni fa a Antonella Alba, giornalista di RaiNews24, durante una manifestazione contro il green pass promossa dai neofascisti di Forza Nuova, ce n’è abbastanza perché al ministero degli interni salga il livello di allerta e la ministra Lamorgese annunci un vertice per i prossimi giorni. «La convocazione ha l’obiettivo di analizzare anche i recenti episodi di intolleranza e violenza che hanno colpito, tra gli altri, alcuni cronisti nel corso delle manifestazioni di protesta contro le misure anti – Covid assunte dal Governo» spiegano al Viminale. Alle redazioni è giunta la solidarietà di tutto il mondo politico, compresi i Fratelli d’Italia che si oppongono al green pass.
A metterli in fila, i fatti di cronaca assomigliano a un’escalation. Oltre alle aggressioni contro i giornalisti, risale a due giorni fa anche l’attacco al gazebo del Movimento 5 stelle a Milano, ai margini di un altro corteo contro il green pass. E le minacce ricevute in strada dal medico Matteo Bassetti, un volto ormai noto per i suoi quotidiani inviti alla vaccinazioni lanciati dal piccolo schermo. «Ci state uccidendo, ve la faremo pagare» lo avrebbe apostrofato un no vax poi denunciato.
Sarebbe però sbagliato vedere un disegno dietro a queste aggressioni, come se il movimento anti-green pass avesse deciso all’unisono di alzare il livello del conflitto. Una regia unica non c’è. Gli episodi, anzi, nascono spesso in contesti contrapposti tra loro. La manifestazione in cui è stato aggredito Giovannetti non ha nulla a che fare con quella in cui se l’era vista brutta Antonella Alba ventiquattr’ore prima. «In realtà, la manifestazione non era nemmeno iniziata» spiega Marco Sanguinetti, insegnante di Bracciano iscritto ai Cobas della scuola e uno degli organizzatori del presidio al Miur (anche se i Cobas precisano di non aver aderito al presidio). «Stavamo ancora montando l’amplificazione quando il reporter è stato aggredito. In piazza c’erano poche decine di persone: nessuno conosceva l’aggressore e tutti i presenti hanno difeso il giornalista di Repubblica. La maggior parte dei manifestanti è arrivata dopo e non si è accorta di nulla».
L’obiettivo della manifestazione era proprio strappare l’opposizione al green pass a fascisti e negazionisti: «Era la prima manifestazione contro il green pass esplicitamente antifascista. Lo striscione lo avevo portato io», racconta il docente. «Non siamo negazionisti, i primi interventi sono stati fatti da colleghi vaccinati. Però ci preoccupa la svolta autoritaria che sta dietro il green pass. A noi viene richiesto un tampone ogni due giorni, ma il governo non ha investito sulla sicurezza delle scuole». In piazza c’erano anche bandiere di Cub e Unicobas, sindacati di base orientati a sinistra che chiedevano un incontro col ministro Bianchi e a menare i giornalisti non ci pensavano proprio.
A leggere i social, la situazione non è destinata a tranquillizzarsi nei prossimi giorni. Da mercoledì il green pass sarà necessario per salire su treni, navi e aerei e già sui canali Telegram si diffonde l’appuntamento per bloccare le stazioni nello stesso giorno. È solo il primo appuntamento di una serie di iniziative che dovrebbero culminare lunedì 6 con uno «sciopero lavorativo generale, indetto dal popolo». Sui canali si invita alla caccia all’uomo contro politici e medici, da “inondare” di messaggi: finiscono online gli indirizzi e i numeri di telefono di dottori e politici, ma distinguere chi fa sul serio dai “leoni da tastiera” è difficile.
Con queste premesse, l’entrata in vigore del green pass nei luoghi pubblici, con i relativi controlli, si annuncia problematica. Forse anche per svelenire il clima interviene il ministro delle infrastrutture Enrico Giovannini a chiarire le modalità di verifica del pass sugli trasporti locali. «Nessuno ha mai pensato che servisse un controllore per ogni autobus – spiega – ma immaginiamo il controllo a terra, magari a campione».
ANDREA CAPOCCI
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