«Siamo pronti a fare la nostra parte nell’accogliere le famiglie afghane», lo scrive in una nota rivolta al governo Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci per l’Immigrazione, in rappresentanza di tutti i primi cittadini italiani.
In un paese ormai intorpidito di fronte alle notizie e alle immagini delle stragi in mare di chi fugge dall’inferno libico (finanziato da soldi italiani ed europei), sembra aver fatto breccia il dramma umanitario che sta vivendo la popolazione afghana e il terribile video delle persone precipitate da un aereo a cui si erano aggrappate per fuggire da Kabul.
«Non c’è tempo da perdere, sappiamo bene come i civili che hanno collaborato con le nostre missioni in Afghanistan oggi siano in forte pericolo, soprattutto donne e minori», continua la nota che è stata indirizzata in primis alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e al ministro della difesa Lorenzo Guerini.
La proposta è di ampliare la rete di accoglienza e integrazione Sai (ex Sprar) che al momento prevede l’impegno di 650 enti locali (i comuni sono 562) e il finanziamento di 30.049 posti (le tre regioni maggiormente coinvolte: Sicilia, 4.644; Puglia, 3.005; Calabria, 2.804).
È proprio all’interno di questi progetti di accoglienza che sono state collocate le 228 persone evacuate a giugno scorso con l’operazione «Aquila» dalla città di afghana di Herat, dove era di stanza il contingente italiano, oltre a collaboratori di missioni italiane a partire dal 2014.
«Nella rete Sai già sono presenti rifugiati afghani che stanno manifestando agli operatori la grande preoccupazione per chi è rimasto nel Paese ormai nelle mani dei talebani. Non c’è tempo da perdere», afferma Biffoni.
GIANSANDRO MERLI
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