Vent’anni di guerra in Afghanistan, di missioni militari, di occupazioni e di depredazioni di risorse energetiche. Vent’anni (e più) di risiko asiatico, tra i confini dell’ex Urss, l’Iran islamico e la corrente del golfo (persico…) per poi, sfruttato tutto lo sfruttabile, andarsene e lasciare Kabul (quasi) in mano ai Talebani.
Sembra una storia già vista e rivista nel corso della seconda metà del ‘900: con il Vietnam, con la Corea. Con i tanti luoghi del mondo dove gli USA hanno padroneggiato e spadroneggiato senza alcun pudore di politica internazionale: negando i più basilari princìpi di rispetto delle convenzioni tra Stati, i trattati e le carte dei diritti umani, la Repubblica stellata ha scritto le “migliori” pagine dell’imperialismo a cavallo tra la fine del Secolo breve e l’inizio del Millennio immaginario.
Oltre a cogliere, please…, la tragicità della necessaria ironia affidata all’aggettivo virgolettato nella precedente frase, si faccia tesoro anche della nuova locuzione sul nostro tempo. Siamo in un millennio davvero tutto da immaginare, da reinventare ma, proprio per questo, ad oggi completamente “immaginario“, dai tratti onirici e visionari.
Dopo vent’anni di occupazione militare di un paese tormentato e ridotto a provincia degli imperi (sovietici prima, americani poi), le macerie dell’esportazione della democrazia rovinano a terra impietosamente sotto i colpi di kalashnikov degli studenti coranici riemersi da un passato che non passa.
Ad una ad una le più grandi città cadono dalla padella nella brace: gli interpreti che traducevano dal dari all’inglese yankee sono spaventati, chiedono protezione internazionale ad una comunità che li ha già abbandonati ad un impietoso destino. La popolazione è fatta di civili che fuggono davanti all’avanzata di un nuovo terrore, mentre i territori controllati dalle forze governative si riducono sempre più sulle mappe.
I soldati disertano più per paura che per convinzione: sono giovani che, qui in occidente, chiameremmo “millenials“, mentre là sono soltanto anonimi attori di una guerra permanente, tribale e senza più un perché. Ammesso che, eticamente, esista davvero un motivo per ammazzarsi reciprocamente.
Così, vent’anni dopo, l’unica preoccupazione dell’amministrazione Biden è quella di evacuare l’ambasciata americana. Ora che i marines sono partiti, in effetti, a chi può servire una rappresentanza così democratica in un Afghanistan dove la democrazia è stata tanto ampiamente esportata?
(m.s.)
13 agosto 2021
foto: screenshot tv