«Fatti estremamente scioccanti», li definisce il portavoce del governo francese Gabriel Attal riferendosi alla trentina di giornalisti transalpini di Le Monde, Canard Enchaine, Figaro, Afp e altri ancora, spiati da servizi di intelligence marocchini tramite il software Pegasus della società israeliana NSO. Se ne parla da anni. Solo ora Parigi, e in senso più ampio l’Ue, scoprono l’insidia rappresentata da Pegasus, il software che la NSO vende, con l’autorizzazione delle autorità israeliane, in giro per il mondo a governi e regimi per spiare giornalisti, uomini politici, oppositori e attivisti dei diritti umani. Rapporti di ong internazionali, rivelazioni, denunce, neppure il caso del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso nel 2018 dall’intelligence saudita grazie anche a informazioni raccolte con Pegagus, non hanno scosso le «democrazie occidentali». Si è dovuto attendere l’inchiesta pubblicata su 16 testate tra cui Le Monde, The Guardian, The Washington Post e Süddeutsche Zeitung per provocare una reazione vera.
La NSO si proclama innocente. «Vendiamo i nostri prodotti solo a governi riconosciuti, con un processo che abbiamo descritto in piena trasparenza» ha scritto in un comunicato, ripetendo la versione ben nota che «la nostra tecnologia previene atti di terrorismo, pedofilia, traffico di stupefacenti e aiuta nella ricerca di persone scomparse. La nostra società salva vite umane». In breve, la NSO si considera una sorta di ente benefico al servizio dell’umanità nella lotta contro il male e non una azienda che ha trovato il modo per realizzare fatturati da centinaia di milioni di dollari all’anno. E nega che Pegasus abbia dato una mano agli agenti sauditi per rintracciare e seguire i movimenti di Jamal Khashoggi. «NSO ha già dichiarato in passato – prosegue il comunicato – che la sua tecnologia non ha alcun legame con la terribile uccisione del giornalista Khashoggi. Quelle affermazioni si sono rivelate infondate».
Solo un ingenuo può credere che quelle delle NSO siano delle normali attività commerciali se non addirittura un sostegno tecnologico decisivo per la cattura di qualche narcotrafficante e di alcuni pedofili. L’azienda con sede a Herzliya, a nord di Tel Aviv, è stata fondata nel 2010 da Niv Carmi, Shalev Hulio e Omri Lavie, tutti ex componenti dell’unità 8200 delle forze armate israeliane incaricata di sorvegliare i telefoni cellulari e le comunicazioni in rete dei palestinesi. Informazioni, spesso sulla vita privata, che secondo alcune denunce e le rivelazioni fatte qualche anno fa da componenti dell’unità 8200, sono utilizzate per costringere i sorvegliati a lavorare come informatori per i servizi di sicurezza israeliani. Occorre impegnarsi parecchio per credere che Carmi, Hulio e Lavie e gli altri dirigenti della NSO non siano consapevoli che il Pegasus è stato usato in prevalenza come strumento non per sorvegliare i criminali ma i difensori dei diritti umani, oppositori, giornalisti, dissidenti e tutti coloro che danno fastidio a regimi autoritari in giro per il mondo. E fa comodo anche a qualche leader europeo, come l’ungherese Viktor Orban. D’altronde le stesse autorità israeliane considerano Pegasus un’«arma» e in quanto tale deve ottenere una autorizzazione governativa prima di essere venduta ai determinati paesi. In ogni caso la NSO non ha mai affrontato restrizioni particolari e continua le sue attività.
Sono 50mila nel mondo le utenze telefoniche controllate da Pegasus che ha facilitato violazioni dei diritti umani e su scala massiccia. La ong Forbidden Stories e 80 giornalisti di 17 mezzi d’informazione di 10 paesi, con l’assistenza tecnica di Amnesty International, hanno dato vita al Pegasus Project per denunciare a livello globale quanto lo spyware israeliano della Nso Group sia un’arma a disposizione di governi che vogliono ridurre al silenzio i giornalisti, attaccare gli attivisti e stroncare il dissenso. L’indagine ha identificato possibili clienti della Nso Group in 11 Stati: Arabia Saudita, Azerbaigian, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, India, Kazakistan, Marocco, Messico, Ruanda, Togo e Ungheria. «La NSO sostiene che il suo spyware venga usato solo per indagare legalmente su criminalità e terrorismo, ma è evidente che la sua tecnologia facilita sistematiche violazioni dei diritti umani. Afferma di agire legalmente, mentre in realtà fa profitti attraverso tali violazioni», spiega Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty. I fatti parlano chiaro. Pegasus quando s’installa subdolamente sul telefono della vittima consente di accedere ai messaggi, ai contenuti media, alle mail, al microfono, alla telecamera, alle chiamate e ai contatti. L’ideale contro gli oppositori e gli attivisti dei diritti umani.
MICHELE GIORGIO
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