Jair Bolsonaro, il «principale responsabile della maggiore catastrofe umanitaria della storia del Brasile», come lo ha definito il neuroscienziato Miguel Nicolelis, ora rischia davvero grosso: l’apertura della Commissione parlamentare d’inchiesta su azioni e omissioni del governo nella gestione della pandemia, definita anche «Cpi del genocidio», potrebbe sferrare un colpo decisivo alla sua popolarità già in declino.
A confermare la decisione del giudice del Supremo tribunale federale Luís Roberto Barroso, che l’8 marzo aveva ordinato al presidente del Senato Rodrigo Pacheco l’apertura della Cpi, è stata mercoledì la plenaria dello stesso Stf, richiamandosi ai diritti alla vita e alla salute, oltre che a quello «delle minoranze di controllare il potere pubblico nel caso di una pandemia che ha già causato la morte di 360mila persone».
Non è – ancora – impeachement, ma è certo qualcosa che gli somiglia, tanto più considerando che le conclusioni della Cpi potranno essere inviate al pubblico ministero «affinché accerti la responsabilità civile o penale degli infrattori».
Non a caso, Bolsonaro ha reagito ancor più scompostamente del solito, da un lato invocando l’impeachment contro Barroso con l’accusa di aver interferito sulle prerogative dell’organo legislativo – malgrado la richiesta di una Cpi fosse venuta da più di un terzo dei senatori, oltre il quorum previsto – e, dall’altro, premendo affinché fosse estesa a governatori e sindaci.
Ma l’unico risultato che ha ottenuto è che il senatore Jorge Kajuru registrasse e divulgasse la conversazione telefonica in cui il presidente lo incitava a operare in tal senso – cioè contro il Stf e le autorità locali -, provocandogli l’ennesima caduta di immagine, oltre a nuove possibili accuse per un eventuale processo di impeachment.
Neppure il presidente del Senato Pacheco, dando seguito martedì all’ordine di Barroso benché assai critico con la Cpi – che a suo avviso non farà che anticipare la campagna elettorale del 2022 offrendo un palco politico a potenziali candidati – ha potuto accogliere la richiesta di Bolsonaro, limitandosi a includere tra i compiti della Commissione appena quello di indagare sui fondi federali destinati a stati e municipi.
La Cpi, la più importante degli ultimi 50 anni secondo il senatore Randolfe Rodrigues, entrerà in funzione con la presentazione del primo ordine del giorno, quando avrà anche luogo l’elezione del presidente e del relatore, non prima però che siano nominati gli undici membri e i sette supplenti che ne faranno parte. Dopodiché, se la Commissione lavorerà «con un minimo di serietà», come ha auspicato il leader del Psol Guilherme Boulos, «i crimini di Bolsonaro appariranno in tutta la loro gravità», aprendo «la strada a un processo di destituzione».
E mentre la pandemia non dà tregua, con circa 3.500 morti al giorno e un collasso senza precedenti degli ospedali, dove può persino succedere – secondo la denuncia della Rede Globo – che, a causa della mancanza di sedativi, i pazienti vengano legati al letto e intubati da svegli, Bolsonaro chiama «canaglie» gli scienziati che criticano il “suo” trattamento a base di clorochina: «Se non avete nessun rimedio da indicare, chiudete la bocca e fate lavorare i medici».
E, naturalmente, fa la voce grossa dinanzi ai suoi simpatizzanti – pronti ad «andare in guerra» con lui -, minacciando, ancora una volta, l’autogolpe: «Il Brasile è al limite, la gente dice che devo agire. Sto aspettando un segnale dal popolo perché la fame, la miseria e la disoccupazione sono sotto gli occhi di tutti, non li vede solo chi non vuole».
CLAUDIA FANTI
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