Ingenuamente mi stupisco, indispettendomi un poco: ma davvero nel 2021, con tutte le sofisticate tecnologie che esistono, spionaggio e controspionaggio sono così utili agli Stati? Dai i millanta satelliti nell’atmosfera alle mappe di Google noi cittadini siamo tutti sotto la lente grande e piccola di questo o quel potere. Noi gente profana, immersa in una quotidianità aliena rispetto alle vite di agenti segreti e di doppiogiochisti, che farebbero sorridere i veri artisti delle tante vite vissute nello stesso momento, come Kim Philby e i famosi (almeno un tempo era così…) “Cinque di Cambridge“, siamo un po’ marziani e molto poco marxiani.
Eredi di un mondo polarizzato che si fronteggiava nella rincorsa agli armamenti e che gareggiava geopoliticamente sul pezzettino di sfera di influenza sottratta all’avversario. Proprio un vero Risiko.
Va bene, mezzo secolo fa s’era nella Guerra fredda, nella lotta tra comunismo sovietico e occidente capitalista, nel guardingo posizionamento di missili tra NATO e Patto di Varsavia, fino a spingersi nella Cuba accerchiata che aveva trovato rifugio tra le braccia di Mamma Mosca. Ma non v’è dubbio che quello spionaggio era una cosa terribilmente seria, per cui si moriva, al pari di chi, durante la Seconda guerra mondiale, aveva ingannato gli inglesi per ingannare i tedeschi e, finito il conflitto, nemmeno s’era capito se si trattava di un uomo di Londra o di Berlino.
Le spie sono sempre state ben pagate, soprattutto i segreti che riuscivano rubare a microfilmare e ad inserire in una penna stilografica da prestare ad un signore che la chiedeva un po’ distrattamente, avendola dimenticata, per segnarsi un appunto e poi dimenticare di restituirla. Grandi fatti che hanno determinato passaggi fondamentali della storia del Novecento sono stati veicolati da una penna passata di mano in mano, senza bisogno di incontri nemmeno poi così tanto segreti, stabiliti con una cadenza regolare: ogni ultimo martedì del mese e, qualora l’appuntamento saltasse, rinvio di una settimana.
Le uniche precauzioni delle spie moderne che vengono dal freddo sono state l’evitamento di contatti telefonici diretti e la scatoletta di un medicinale anticolesterolo che un militare italiano di mezza età può avere sviluppato a causa di un leggero sovrappeso, effetto della messa a riposo dalle missioni internazionali di guerra. I documenti segreti sulle manovre dell’Alleanza Atlantica sarebbero, da cinque mesi a questa parte, passati nelle mani degli agenti di Mosca in questo modo.
Cinquemila euro a consegna. Si vocifera che il tariffario vero contempli in realtà cifre molto più alte: sui quarantamila euro a spiata, a documenti veri passati da parte a parte. Sembra quasi che gli uomini del Cremlino abbiano assegnato un punteggio minimo a quell’uomo che, probabilmente, si era messo a fotografare le schermate del suo computer da salvare su una chiavetta usb per mantenere davvero il tenore di vita minimo della sua famiglia.
Si urla e si sbraita, dal centrosinistra al centrodestra, di tradimento della Patria, ma più che di fellonia bisognerebbe parlare di ingenuità. Un campo lo si può sgomberare subito, facendo cadere tutta una serie di illazioni: non c’è nessun sottofondo ideologico in questa storia. Nessuna simpatia per il modello russo a discapito di quello italiano, occidentale e atlantico-statunitense. Ma si inserisce, suo malgrado, in una complicatissima ridefinizione della geopolitica mondiale che proprio con la pandemia ha subito una accelerazione inaspettata.
La caduta di Trump, lo sviluppo economico cinese nel continente africano oltre che nel resto del mondo, la guerra dei vaccini tra Russia, Stati Uniti, Cina e Inghilterra, il proseguimento del confronto intercontinentale nella ultradecennale crisi mediorientale siriana (e irachena), sono uno scenario enorme, davvero troppo grande per essere condizionato da un centinaio di “screenshot” fatti dal computer di un ufficiale italiano e consegnati a due militari russi.
Poi, certamente, anche un solo documento può essere decisivo per stabilire nuove tattiche e strategie delle grandi strutture militari internazionali. Ma, a quanto riferiscono le cronache, quei file passati di mano in mano ogni ultimo martedì del mese nel pieno centro di Roma, erano robetta davvero poco importante e, tuttavia, utile per conoscere qualcosa in più che già satelliti spia e droni telecomandati non sono in grado di captare. Anche la più sofisticata delle tecnologie ha dei limiti se le si vuole far fare qualche lavoro che non le è per niente congeniale, per il quale non è stata programmata. Figuriamoci un uomo.
Tanto più che – pare sempre dalle cronache riportate da più agenzie e giornali nazionali – gli agenti russi si erano recati più volte presso la stessa sede dello Stato Maggiore della Difesa della nostra Repubblica, per conferire con il capitano di fregata protagonista di questa storia spionistica surreale eppure verissima. Comportamenti davvero anomali, storie nelle storia, ambiguità e superficialità alla luce del sole così come al chiaro di luna in un parcheggio romano dove è finito questo andirivieni di documenti sulle pratiche di telecomunicazione della NATO.
Un ammiraglio della Marina, a lungo tempo impegnato anche nei servizi di controspionaggio, ha raccontato molto candidamente che sono cose che capitano, «…perché come ci provano i russi, così ci proviamo anche noi». La bravura sta nel non farsi smascherare platealmente. Facendo un viaggio a ritroso nel tempo, ci si accorge di come lo spionaggio sia antico come e più del mondo stesso: già babilonesi, egiziani, ittiti, ebrei e filistei, greci, persiani avevano sviluppato delle reti di acquisizione di informazioni per sventare o modificare i piani di guerra dei rispettivi nemici.
La nascita di Stati più complessi e strutturati, come la Roma repubblicana prima e quella imperiale poi, avevano nell’organizzazione piramidale del potere inserito specifici uffici dedicati alla crittografia dei documenti, inventando più di un metodo di scrittura (anche invisibile, il famoso inchiostro al succo di limone), codici cifrati e parole d’ordine che avrebbero permesso di comunicare direttamente e molto più velocemente rispetto al dover compilare chissà quali rapporti epistolari.
La storia dello spionaggio è affascinante, ma – caso mai ve ne fosse bisogno – dimostra tutta la fragilità proprio degli apparati burocratici, la loro sicumera sempre pronta a venir fuori quando si parla di efficienza nel proteggere i propri segreti, le proprie trame, i propri indecorosi brevetti di guerra. E’ ovvio che cedere documenti riservati e segreti militari è un reato gravissimo, perché non si sa mai cosa può farne chi sta dall’altra parte e le ripercussioni possono avvenire in tanti modi, inficiando non solo la sicurezza non civile di uno Stato. Ma è altrettanto ovvio prendere mestamente atto che questa storia raccontataci dai giornali e dalle televisioni, è piccola piccola e verrà presto dimenticata.
Se tradimento c’è stato, non è certo della sacra difesa della Patria, ma della dignità – si fa per dire – della storia dello spionaggio mondiale: i documenti passati ai russi forse non erano prelevabili dall’alto dell’orbita di un satellite, ma un bravissimo pirata informatico al soldo dell’intelligence di una qualunque nuova potenza mondiale pensate che non lo avrebbe potuto fare? E risparmiando, oltre tutto, ben cinquemila euro a consegna…
MARCO SFERINI
2 aprile 2021