La vittima numero diciannove del 2021, una bambina di appena due anni di origini maliane, stava cercando di arrivare alle isole Canarie. Insieme alla mamma, ad una sorellina e ad altri 49 migranti, aveva viaggiato per centinaia di chilometri a bordo di una piccola imbarcazione di fortuna salpata da Dakhla, una città saharawi occupata dal Marocco.
All’alba del 16 marzo gli occupanti della patera, dopo aver lanciato un SOS, sono stati soccorsi in mare e condotti nel porto di Arguineguín; ma dopo cinque giorni di traversata al gelo dell’Atlantico, la piccola è arrivata a destinazione in condizioni molto gravi.
I volontari della Croce Rossa sono riusciti a rianimarla dopo un arresto cardiaco; domenica, però, l’ospedale pediatrico di Las Palmas ha annunciato che il suo cuore si era definitivamente fermato.
Dai media la bambina è stata frettolosamente ribattezzata Nabody, ma un pediatra che si è occupato dei piccoli profughi (i bambini a bordo erano in tutto otto) ha chiarito che quello era il nome di un’altra piccola profuga, ed ha criticato la superficialità e l’approssimazione degli organi di stampa e dei rappresentanti politici. Nel frattempo un altro bambino è ancora ricoverato in condizioni definite serie.
«Non ci sono parole per descrivere tanto dolore. (…) È una pugnalata alla coscienza per tutti noi» ha scritto su Twitter il premier socialista Sànchez ringraziando i soccorritori per i loro sforzi.
Ma le organizzazioni umanitarie sono da tempo sul piede di guerra nei confronti dell’esecutivo di Madrid. Sotto accusa i rimpatri forzati e soprattutto i muri e i reticolati sempre più alti e corazzati realizzati dai governi spagnoli – compresi quelli a guida socialista – per impedire l’arrivo dei migranti nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla, incuneate sulla costa marocchina.
Recentemente il governo Sànchez ha, ad esempio, sostituito gli spuntoni in cima al muro metallico con dei pali di legno arrotondati, ma lo ha fatto innalzare fino a un’altezza di dieci metri.
Tutte queste misure, denunciano le ong, non fanno altro che spingere decine di migliaia di disperati a intraprendere le rischiose traversate nel tentativo di raggiungere le Canarie non solo dal Sahara Occidentale o dalla Mauritania, ma anche dal Senegal e da paesi ancora più a sud, a più di 2mila chilometri di distanza, rendendo i viaggi sempre più pericolosi e allungando la lista delle vittime.
I numeri, del resto, parlano chiaro: secondo il rapporto Frontera Sur, realizzato dalla Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía (Apdha), i migranti morti o dispersi nel tentativo di arrivare nel Regno di Spagna durante il 2020 sono stati ben 1.717, di cui 1.239 sulla Ruta Canaria.
I cadaveri recuperati sarebbero stati 637, ma il totale comprende anche le persone di cui si sono perse le tracce nell’oceano. Si tratta di un record assoluto da quando l’associazione per i diritti umani andalusa ha cominciato a monitorare il fenomeno, nel 1989.
Secondo il coordinatore dell’Apdha, Diego Boza, la pandemia da Covid non ha affatto disincentivato i pericolosi viaggi; al contrario, la crisi economica e l’aumento della disoccupazione e della povertà, insieme all’instabilità creata dalla repressione dei regimi e dalle guerre civili, spingono sempre più persone a tentare la fortuna. I dati forniti dal ministero degli Interni di Madrid dicono che l’anno scorso le persone che sono riuscite nell’intento sono state 41.861, con un incremento del 29% rispetto al 2019.
I portavoce dell’Apdha definiscono deludente il ruolo del premier Sànchez, che se da una parte esprime dolore per la morte della piccola maliana dall’altra non pone in essere alcuna misura per evitare che tragedie simili si ripetano, mentre ovviamente le destre chiedono a gran voce un’ulteriore blindatura delle frontiere.
Il rapporto diffuso pochi giorni fa denuncia che la risposta del governo al fenomeno migratorio è stata di natura repressiva e anti-umanitaria: migliaia di persone rinchiuse in condizioni disumane nei centri di accoglienza o costrette a dormire all’aria aperta sul pavimento o addirittura nei porti; assistenza legale e sanitaria insufficiente; madri separate dai figli; precarie condizioni igieniche… La discontinuità tra le politiche dei governi di destra e quello attuale, sottolinea l’Apdha, è davvero difficile da individuare.
Come in passato, la stragrande maggioranza delle risorse economiche destinate dall’esecutivo al dossier immigrazione vengono impiegate per impedire l’arrivo o per espellere coloro che, rischiando la vita, tentano di giungere sul suolo spagnolo attraversando la frontiera meridionale. E questo anche se il numero di chi ci riesce rappresenta solo il 4.3% del totale dei migranti che ogni anno entrano nel paese.
Se le politiche migratorie della Spagna e dell’Unione Europea non cambieranno, ha avvertito Boza, le vittime non potranno che aumentare, visto che per il 2021 ci si aspetta un ulteriore incremento delle partenze dalle coste africane.
MARCO SANTOPADRE
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