L’esordio di un nuovo ministero e di un nuovo ministro riporta in auge la chimera della «fusione nucleare» e allontana l’Italia dall’Europa e dal resto del mondo in fatto di energia e inquinamento. Roberto Cingolani è il primo ministro delle Transizione ecologica ma il suo debutto – in remoto – per spiegare le sue linee guida davanti alle commissioni di camera e senato lungo tre ore colpisce soprattutto per il passaggio sulla tecnologia energetica.
Il personaggio – fondatore dell’Iit di Genova poi capo ricerca di Leonardo, amico di Grillo e di un sacco di liberisti – si presta all’ambiguità e così sono le sue parole che mischiano «idrogeno verde e fusione nucleare come obiettivi del futuro».
Dettagliando la sua opinione sul piano che, secondo la Ue, deve impiegare il 37% dei 209 miliardi aiuti europei per la pandemia in investimenti per la decarbonizzazione, Cingolani si inerpica per una descrizione del futuro assai discutibile: «La vera fonte energetica universale saranno le stelle – esordisce – . L’universo funziona con la fusione nucleare. Quella è la rinnovabile delle rinnovabili – spiega il ministro -. Noi oggi abbiamo il dovere nel Pnrr di potenziare il ruolo dell’Italia nei progetti internazionali Iter e Mit sulla fusione. Quello è un treno che non possiamo perdere».
«Non possiamo non considerare l’idrogeno verde come la soluzione regina – insiste -. È sostanzialmente il vettore ideale. Fra dieci anni avremo l’idrogeno verde e le automobili che andranno a celle a combustibile. Le batterie le avremo superate, perché hanno un problema di dismissione, e staremo investendo sulla fusione nucleare, che ora sta muovendo i primi passi nei laboratori». «Abbiamo un decennio per rendere la nostra società competitiva sull’idrogeno verde – sottolinea il ministro -. Al momento non abbiamo gli impianti, non sappiamo come stoccare e come utilizzare l’idrogeno. Ma questa è solo la realtà odierna. Dobbiamo cominciare a lanciare i nostri programmi, dobbiamo creare quel sistema che intorno a quel vettore energetico ci consenta di operare al meglio», conclude il ragionamento Cingolani.
Parole subito criticate da Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente: «Cingolani dimostra di avere un’idea fuori dal tempo e dall’Ue. La fusione nucleare la aspettiamo da 50 anni e nessuno crede che l’avremo a breve. Allo stesso modo l’idrogeno verde non sarà il combustibile delle auto. La Ue fissa i paletti per ogni stato per il 2023-26 e punta tutto sulle energie rinnovabili e sulla mobilità elettrica. Dire che le batterie inquinano significa ignorare le tante aziende che stanno lavorando sul recupero delle batterie».
Più articolato ma ugualmente critico il giudizio di Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia: «La fusione nucleare non c’entra niente con la transizione ecologica. L’Italia partecipa al progetto europeo Iter che punta a produrre energia nel 2035. Cingolani viene lodato per essere un pragmatico ma stavolta è stato molto poco pratico anche se ha confermato l’obiettivo del 72% di elettricità rinnovabile per il 2030 («un’impresa epica», la definsce Cingolani, ndr) che sarà raggiungibile solo sbloccando gli iter autorizzativi che ora ne bloccano lo sviluppo».
Per quanto riguarda «l’idrogeno verde» per Onufrio «l’unica strada possibile è produrlo grazie alle rinnovabili. Apprezziamo che Cingolani abbia ammesso che nel piano energetico del governo Conte due ci fosse troppo uso del gas ma aspettiamo a dare un giudizio sulle modifiche dopo che avrà definito le quantità di gas perché anche le parole sulle trivellazioni non sono state chiare».
Cingolani ha infatti annunciato che «entro il 30 settembre definirà il Pitesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee», la mappa delle aree dove si possono cercare ed estrarre idrocarburi.
Sempre in fatto di annunci di governo, Legambiente denuncia il prossimo arrivo di uno studio che rilancerà il ponte sullo stretto di Messina da parte della commissione insediata al ministero delle Infrastrutture con il Conte due dal M5s Giancarlo Cancelleri.
«Ci risulta che proporrà la costruzione usando i soldi del Recovery Fund, lasciando la scelta semplicemente se farlo a una campata unica, a tre campate oppure a tunnel sotterraneo o mezza altezza – denuncia Edoardo Zanchini di Legambiente – . Mi sembra una totale follia visto che in Sicilia e in Calabria non ci sono né le tratte ferroviarie né i treni, ridotti nettamente negli ultimi anni».
MASSIMO FRANCHI
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