Il tabù della “Patrimoniale”: parola indicibile, tassa improponibile

Provate a mettere una pecora nella savana e non la troverete più nel giro di pochi minuti. I leoni se la saranno sbranata piacevolmente. Chiamiamola “innaturalità“, un fuori contesto,...

Provate a mettere una pecora nella savana e non la troverete più nel giro di pochi minuti. I leoni se la saranno sbranata piacevolmente. Chiamiamola “innaturalità“, un fuori contesto, una stranezza a dire poco che, in effetti, contrasta con quanto avviene invece normalmente: al massimo il nemico della pecora è il lupo, mai il leone che va a caccia di gazzelle, antilopi, gnu.

Ora prendete un emendamento alla Legge di Bilancio che riguardi l’introduzione di un regime fiscale che giochi su due sponde: quella dell’eliminazione ad esempio dell’IMU sulla seconda casa, delle imposte di bollo sui conti correnti e sul deposito di titoli e che, poi, di controsponda proponga una tassazione progressiva su patrimoni enormi.

Chi ha soldi e immobili per un totale fino ai 500.000 euro non paga tasse patrimoniali (o presunte tali che dir si voglia); chi oscilla da quella cifra al milione di euro pagherà lo 0,2% sulla base imponibile; chi è ancora più fortunato e possiede ricchezze tra 1 e 5 milioni di euro sarà tassato dello 0,5%, fino ad arrivare ai super-paperoni, quelli che debordano oltre il miliardo di euro cui sarebbe prelevato un 3% dell’imponibile oltre tutto per andare a finanziare le tante sfaccettature problematiche dell’emergenza sanitaria in corso.

Ecco, avete trovato la vostra pecora nella savana: la pseudo-patrimoniale proposta da alcuni deputati del PD e da Liberi e Uguali. Scandalo, anatema, orrore, vilipendio ai risparmi degli italiani, strepitano le destre e il centro: non sia mai che a chi possiede oltre 500.000 euro di patrimonio si chieda di pagare 1.000 euro di tasse in un anno! Che indecenza, que l’honte!

Ci si può indignare per il respingimento dell’emendamento ragionevolissimo, di timidissima rivendicazione fiscale sui grandissimi patrimoni economico-immobiliari di una piccola parte degli italiani, ma prima di farlo bisognerebbe avere chiaro che non si tratta tanto di un punto di programma che viene improvvisato e inserito in una Legge di Bilancio, di una estemporaneità che rientra nella fase gravosa in cui sopravviviamo e che ha sconvolto ogni settore produttivo e social-statale.

No, si tratta dell’introduzione di un principio di equità della tassazione che è e deve rimanere intangibile: fa parte di quei totem e tabù di una classe imprenditoriale nevroticamente aggrappata ad una economia che vive della sussistenza del pubblico e che, pur vantandosi di essere pienamente aderente al modello liberista del moderno capitalismo, finisce per andare a piangere miseria da quell’apparato statale che tanto disprezza se si tratta, per l’appunto, di fiscalità e di giustizia redistributiva.

Il tabù deve rimanere! Salvini invoca addirittura l’arresto per chi fa proposte simili (volutamente equivocando tutto l’impianto dell’emendamento di cui stiamo scrivendo per poter dare adito alla sua solita demagogia pelosa), Meloni si fa scudo del benessere italico e Tajani regala la maggiore soddisfazione: evoca lo spettro dei comunisti redivivi, crea persino l’hastag che svetta nelle classifiche di quelli più in evidenza su Twitter. Il solito governo di così pericolosi bolscevichi e spartachisti,  che crea pruriginosità classiste tali da respingere immediatamente quanto Orfini, Fratoianni e pochi altri hanno osato avanzare come proposta di giustizia fiscale in un Paese dove le tasse le pagano da sempre, tutte e per intero, soltanto i lavoratori dipendenti con le trattenute in busta paga.

Per questo, scandalizziamoci pure per il no secco e diretto dei Cinquestelle alla patrimoniale proposta o al mancato sostegno alla medesima da parte del PD, ma non meravigliamoci poi tanto: a difesa dell’intangibilità dei grandi patrimoni sta, prima ancora del ruolo di sentinelle esercitato da queste forze politiche eterogenee su molti temi sociali e convergenti invece sempre su quelli economici (MES a parte…), nella strutturazione proprio “patrimoniale” dell’Italia che si evidenzia molto bene se si prende un qualsiasi grafico ad anello e lo si scompone per avere la chiara evidenza di come sia distribuita la ricchezza nello Stivale.

Analizziamo e scomponiamo, utilizzando i dati più aggiornati di Oxfam Italia: praticamente il 70% della ricchezza prodotta e accumulata nel nostro Paese è nelle mani dell’1% della popolazione; il restante 30% viene spartito in maniera altrettanto diseguale al 99% degli italiani. Il rapporto da cui salta fuori questo inegualissimo sviluppo antisociale risale al 2019. Abbastanza recente per poter dire che, in tempi di pandemia, i salariati e il ceto medio hanno conosciuto e conoscono una contrazione del loro stile di vita e di sopravvivenza, mentre i grandi milionari possono anche invocare gli aiuti di Stato per le aziende chiuse per tre mesi ma, alla fine, sempre grandi, enormi milionari (e miliardari) rimangono.

Determinare ex lege la possibilità da parte dello Stato di mettere mano ai loro patrimoni, seppure con percentuali impositive ridicole, è una rivoluzione che solo chi è abituato ad essere “intoccabile” può percepire in questo modo, con questa spaventevole posizione di retroguardia, mettendosi su una difensiva che è poi la minaccia più subdola, ricattatoria nei confronti della “produttività” del Paese che, allora, viene ad essere un miserevole espediente altamente ipocrita per i paperoni di casa nostra.

Dell’ultim’ora è la notizia che l’emendamento proposto da Liberi e Uguali e cinque deputati del PD è stato reinserito nella discussione parlamentare riguardante la Legge di Bilancio. E’ un bene che si parli ancora di tassazione fortemente progressiva, di una patrimoniale finalizzata anche a sopperire al carico di spese pubbliche per l’emergenza sanitaria.

Sarà davvero difficile che questa norma venga presa in considerazione e approvata da un Parlamento che preferisce la tassazione indiretta al prelievo fiscale basato sul reale patrimonio di un gruppuscolo di multimilionari: ma, se ne conviene, va fatto ogni tentativo per sovvertire questo tabù e squarciare il velo di una indicibilità della parola, della sua scrittura in una legge, della sua applicazione come fenomeno innovativo nella cultura politica e sociale italiana.

MARCO SFERINI

3 dicembre 2020

Foto di Gerd Altmann da Pixabay 

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