Quell’insieme di parole che pretenderebbero di essere un editoriale, su un giornale nazionale apertamente di destra, che vorrebbero attribuire la responsabilità di uno stupro alla vittima, a colei che l’ha subito, sono la dimostrazione che la libertà di stampa può essera abusata, vilipesa e a sua volta violentata.
Non esiste libertà di stampa senza libertà di opinione, ma non tutte le parole formano per forza delle opinioni. Alcune vengono assemblate in modo tale da diventare insulti, accuse, muscolarità scritte e verbali che offendono il principio della deontologia professionale del cronista, del giornalista in generale, di colui che vuole fare informazione o commentare un fatto.
Ma se il fatto viene ridotto ad un soggettivismo tale da essere stravolto così sfacciatamente e pubblicamente, ciò significa che il problema non è solo dello scriteriato giornalista, del biasimevole quotidiano di destra.
Il problema è anche e soprattutto ben altro: è una questione che riguarda una intera comunità di popolo e la sua cultura, il tipo di visione che ha dei rapporti tra esseri umani, tra questi e il resto del pianeta.
E’ questione che rimanda alla morale come espressione del patto sociale comune e non come semplicistica interpretazione singolare di quanto avviene. Nessuna morale personale può essere alienata dal contesto, altrimenti diventa autoreferenziale, egoismo puro e disprezzo di qualunque altra opinione.
E’ evidente che l’intento era quello di generare reazioni come questa: di sdegno, di ribrezzo, di stigma, di condanna. Un certo modo di adoperare la tastiera del computer è esclusivamente finalizzato a produrre saccenze che condannano, dita puntate sul colpevole e tanti soloni che si ergono a giudici seduti sul basamento dei tanti pregiudizi.
Serve una nuova alfabetizzazione morale, civile, sociale e culturale in senso stretto e in senso lato. Una riappropriazione di una umanità che somiglia sempre più al suo contrario.
(m.s.)