Cronache d’estate :: Ma chi sanifica gli autoscontri?

Sembra di vivere in un onirismo felliniano di questi tempi: un’estate ovattata eppure esplosiva. Ambigua, ambivalente: c’è chi va oltre le ordinanze governative e regionali e si mette la...

Sembra di vivere in un onirismo felliniano di questi tempi: un’estate ovattata eppure esplosiva. Ambigua, ambivalente: c’è chi va oltre le ordinanze governative e regionali e si mette la mascherina sempre, comunque, senza se e senza ma, all’interno come all’aperto; c’è chi la indossa diversamente: per svogliatezza, perché magari ha una invalidità da silicosi o una patologia asmatica particolarmente invasiva e grave e mal sopporta quel bavaglio tutto nuovo, mai indossato, vistolo solo nei telefilm o qualche volta in ospedale sempre appiccicato al volto di infermieri e medici. Contrarietà nocive che ribaltano le necessità, le priorità di tutela personale: più sto male e meno mi proteggo…

L’ovatta e le regole, la dirompenza del ribellismo (un po’ fine a sé stesso) che scade in una forma ancora più buffoncella di trasgressione: qui ne va della salute di tutti e di ciascuno; eppure falangi di giovani nelle piazze e nei luoghi della movida, negli spiazzi dove vengono adibiti i luna park, si ritrovano, si abbracciano, si baciano, scherzano vicendevolmente, quasi intorno a questa bolla invisibile che creano il Covid-19 fosse del tutto esterno, estraneo, impossibilitato ad entrare.

Sarà una forma di sopravvivenza psicologica, necessaria ai più fragili di questa società contraddittoria, piena di tante fantasie complottiste tanto quanto vuota di capacità di analisi sulla base dei dati scientifici, delle evidenze che sono frutto di approfondimento medico, di studio biologico, molecolare, virologico.

Gli adulti, vivaddio, non sono mica da meno: escono dai locali dove cenano al venerdì ed al sabato sera, satolli, annaffiati con qualche calice di vino, stanno a gruppi, mai lontani. Il metro o metro e mezzo di distanziamento individuale va beatamente a quel paese. Ce l’hanno mandato tante volte: del resto, si vive una volta sola e perché negarsi qualche gocciolina di saliva che salticchia nell’aria diretta da bocca a bocca? La sicurezza di comportarsi bene viene dal possesso della mascherina: qualcuno l’ha in mano, la tocca, la ritocca, la gira, la rigira.

Ma bisognerebbe soltanto prenderla per le cordicelle che servono a fissarla attorno alle orecchie… Taci, Grillo Parlante della malora! La mascherina ce l’ho. Quindi rispetto le regole. Sì, in fondo non l’ho indossata, ma ce l’ho. E tanto basta e ti basti!

Se continuasse come la “Storia di un burattino” di Collodi, a questo punto il portatore di mascherina alla mano e non sul viso, dovrebbe attendersi che qualcosa gli si incenerisca: non certo i piedi, visto che non è di legno. Magari proprio la povera mascherina che non conosce tregua: la sballottano ovunque, la tengono schiacciata in tasca, la infilano sottobraccio come baguette francese; altri la appendono in macchina al posto dell’Arbre Magique. Altri ancora la fanno ben rosolare al sole sul cruscotto dell’auto. Il potente calore della nostra stella primaria ammazza i microbi… Che lungimiranza, questi italiani! Ne sanno una più del diavolo! Magari però il Sole finisce col consumare anche la protezione della mascherina stessa… Poco importa.

Mentre gli adulti escono dai ristoranti e qualcuno prende ancora un po’ di gel, si frega le mani come un vecchio usuraio sapeva ben fare nel momento di siglare un buon affare da strozzino (e almeno questo è il primo comportamento che in un certo qual modo garantisce una barriera per il virus), i figli al luna park girano per i baracconi, vedono gli autoscontri. Ed è un attimo. Qualche gettone e via sui piccoli bolidi gommati che sfrecciano sulla pista: il gestore ripete qualche raccomandazione sull’indossare correttamente le mascherine.

Dopo alcuni minuti il giro in pista termina, si cambia posto o si cede ad altri. Ma è in quel momento che, passando davanti all’attrazione lunare, si pensa…: ma chi sanifica volante, sedili e tutto il resto? La mascherina va bene, ma visto che al ristorante tutto viene pulito, reso praticamente monouso, in questo caso, come vengono protetti i ragazzi e le ragazze che si alternano sulle macchine pronte a scontrarsi ancora una volta?

Non vi è nessuna sanificazione e tutto intorno, accanto alla pista e nel resto del luna park i cosiddetti “assembramenti” sono la norma, non l’eccezione. Dipende sempre cosa si intende per assembramento: se il concetto si è allargato numericamente o ristretto. Se 200 persone fanno un assembramento pericoloso, che potenzialmente può scatenare un focolaio del virus, allora qualche speranza di vederlo ancora contenuto pure in autunno ci può essere.

Ma se anche solo una ventina di persone sono un assembramento, soprattutto se si abbracciano, se si baciano sulle gote e si scambiano addirittura sigarette, rossetti per imbellettarsi e bevono persino dalle stesse bottigliette di acqua o dal collo di quelle altamente alcooliche, allora difficilmente si riuscirà a mantenere in diminuzione la curva dei positivi attuali e alla sottrazione lenta ma costante si sostituirà ben presto nuovamente la somma.

Ancora… che noioso che sei Grillo Parlante?! Ma non lo vedi che il caldo ha abbattuto il virus? Si può fare ciò che si vuole! E non scocciare!

La virtù sta sempre nel mezzo: forse si può essere meno rigorosi del sottoscritto e non indossare la mascherina all’aperto. Si può prevenire il diffondersi della pandemia con una nuova ondata in Italia semplicemente rispettando le regole sanitarie di base e comportamenti che oltre ad essere civili sono pure civici. Ma è innegabile che siamo dentro ad un contesto in cui le regole sono completamente saltate: ognuno si comporta soggettivamente, mettendo in atto un singolare atto e decreto interpretativo delle norme. Quello vale: il proprio punto di vista.

E’ più pericoloso questo individualismo anti-sanitario rispetto al ricorso costante ai DPCM da parte di Conte. Entrambi questi modi di gestione della fase emergenziale non aiutano la comunità a preservarsi, a garantirsi un perimetro di quasi-sicurezza in cui poter dire (ma non dimostrare) di aver rispettato diligentemente tutte le regole.

Ci si affida alle sensazioni, ai messaggi equivoci di tanti opinionisti televisivi pagati per fare caciara, per intervenire nell’ordine dei dubbi, scompaginare le carte, fare in modo che la dialettica e il confronto-scontro non siano forieri di maggiore consapevolezza ma alibi per un più solido egoismo da mostrare con lo sprezzo del pericolo.

C’è chi in spiaggia si autogestisce e toglie i segni di distanziamento messi sulla sabbia; c’è chi risponde ai giornalisti: “Non ce n’è Covid!“; c’è chi se ne sta in un angolo appartato e prova a dare un senso al buonsenso, senza negarsi il refrigerio di un bagno, rosolandosi pure al sole ma rimane: stando a debita distanza dal resto della folla che si assiepa sotto gli ombrelloni, che interpreta a proprio piacimento il sistema metrico decimale.

La curva dei contagi risponde a dinamiche che nemmeno gli scienziati sanno interpretare compiutamente: frotte di virologi ingaggiano duelli medievali, singolari tenzoni che aumentano il disagio di menti precarie e vuote come quelle della maggior parte degli italiani, tutte protese a maledire le regole e inneggiare alla libertà dalla dittatura del coronavirus.

Sono i campioni di una politica da tastiera, fatta esclusivamente della costante del pregiudizio, della stupidità e della presunzione che alberga laddove viene meno la capacità critica, l’alimentazione del dubbio che non deve mai allungarsi temporalmente troppo, altrimenti diviene un giocherello perverso, una nevrosi da terrapiattisti e da visionari che ritengono di essere frutto dell’ingegneria genetica degli abitanti di chissà quale pianeta della galassia o magari pure di altri tempi…

Non esiste soltanto la curva dei contagi da Covid-19, ma esistono tante curve di contagi che non enumeriamo mai, che non disegniamo per paura di scoprire a quale livello così basso di intelligenza siamo sprofondati. Tutti dentro ai “social network“, tutti fuori dalla realtà concreta, dal vivere quel quotidiano che a volte si vorrebbe davvero poter rifuggire.

Una alterazione della percezione del reale, una fruizione del virtuale che permette il collegamento intercontinentale, la penetrazione nelle vite altrui senza bussare ad alcuna porta, il protagonismo esibizionista di chi ormai si è ridotto a fare un mestiere non richiesto: l’odiatore di professione, l’interventista nemmeno più televisivo ma internettiano.

Ma la domanda, alla fine, rimane, martellante nella mia testa, pesante come un macigno che solo la mano di uno scultore dalla mente geniale potrebbe alleggerire con il disegno di una figura che mi dica: “Chi sanifica gli autoscontri?“. Ecco, aspetto che dal marmo esca fuori la soluzione anche metaforica del dilemma.

MARCO SFERINI

12 luglio 2020

Foto: screenshot

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