«Noi lo chiediamo da giorni, inascoltati. Ora è arrivato il Portogallo a mostrarci che la via dell’umanità e dei diritti è quella giusta». Giovanni Mininni è il segretario generale della Flai Cgil ed il promotore della lettera-appello partita venerdì scorso – firmata anche da Don Ciotti, Mimmo Lucano e Roberto Saviano – per chiedere di sanificare i tanti ghetti in cui vivono i migranti agricoli e di regolarizzare il loro lavoro.
Un appello che viene confermato e reso ancora più urgente dall’esperienza sul campo. Come quella di Rocco Borgese, il segretario Flai di Gioia Tauro che ci mette in contatto con Nana e Patrick, due migranti ghanesi di 28 e 41 anni, rispettivamente dal 2014 e dal 2008 al lavoro in Calabria. «Non riusciamo più a lavorare perché abbiamo il permesso di lavoro scaduto e gli uffici di Gioia Tauro o Reggio Calabria sono chiusi fino al 3 aprile. Facciamo fatica a trovare da mangiare, siamo senza soldi, riusciamo a trovare solo panini al formaggio mentre ieri la polizia ci ha fermato, fatto la multa e preso il numero di telefono perché eravamo andati in città a cercare cibo». In loro la percezione del pericolo Covid non c’è: «Viviamo in sei per tenda, il metro di distanza non può esserci ma non abbiamo paura, vogliamo solo poter lavorare, mangiare e mandare soldi ai nostri bambini in Ghana». La Flai ha fornito mille guanti per le tendopoli, ma le mascherine non si trovano.
«La situazione è questa anche a Foggia e in alcune zone della Campania – continua Mininni – abbiamo fatto una diretta Facebook con Libera per mostrarlo a tutti. Il nostro appello non ha avuto risposte formali ma alcune dichiarazioni dei ministri Bellanova e Provenzano vanno nella direzione di una regolarizzazione. I ghetti in cui vivono i migranti sono possibili bombe mediche e sociali: a legislazione vigente chi non ha il permesso di soggiorno – quello per ragioni umanitarie lo ha abolito Salvini – non ha diritto al Triage e al pre triage dei pronto soccorsi».
Anche dal punto di vista della salute pubblica lasciare abbandonati i migranti è un grosso rischio: «Un focolaio in una tendopoli rischierebbe anche di portare infezioni di ritorno nei paesi vicini dove i migranti vanno a comprare cibo normalmente».
Il quadro di preoccupazione del sindacato aumenta con le notizie che arrivano da Roma e dal nord del paese. «Sappiamo che Coldiretti ha fatto presentare un emendamento al Cura Italia per introdurre un voucher semplificato per l’agricoltura che contrasteremo in ogni modo», notizia che va di pari passo con la denuncia degli agricoltori del nord della mancanza di 200mila lavoratori agricoli che mettono a repentaglio la raccolta della primavera e dell’estate. «Si tratta di una cifra assolutamente sovrastimata – risponde Mininni – è vero che il blocco delle frontiere verso l’Italia di Romania e Bulgaria ha tolto lavoratori per la raccolta dell’ortocoltura, ma si tratta di numeri molto minori e soprattutto sostituibili appunta regolarizzando i migranti che si potrebbero spostare al nord». Entrambe le sparate delle organizzazioni d’impresa agricola, secondo la Flai, hanno la stessa ratio: «Precarizzare il lavoro e favorire quello in nero, quasi come sciacalli – attacca Minimmi – coi voucher vogliono pagare in anticipo senza controlli e tracciature allargando anche a chi percepisce reddito di cittadinanza e cig. Noi invece chiediamo di legalizzare i migranti presenti e di far loro contratti regolari che rispettino minimi salariali e diritti».
MASSIMO FRANCHI
da il manifesto.it
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