Ho ritenuto di dover contribuire a diffondere questo testo redatto da Giunio Luzzatto, il quale si raccomanda dell’uso personale dello stesso non essendo egli un costituzionalista, non solo perché contiene una proposta che ritengo condivisibile ma soprattutto perché affronta il tema della democrazia all’interno di un sistema politico fragile come quello italiano in questi tempi di eccezionalità.
Forse il tema più assillante, dopo l’emergenza sanitaria e la relativa difesa della vita umana e il dolore che ci arreca apprendere il corollario del numero delle vittime (un numero non “anonimo” beninteso) quello che definisce la qualità di questa nostra convivenza civile dominata dall’egoismo riguarda l’esplosione delle violenze familiari all’interno della “clausura domestica”.
Un’esplosione che diventa il seguito quasi naturale di quella pubblica “violenza di genere” che da diverso tempo rappresenta un fenomeno affrontato con eccessiva episodicità nelle condizioni “normali”. Pur tuttavia in questo quadro il tema della democrazia, della sua qualità così come questa è definita nella costituzione repubblicana non è sicuramente di minore importanza. Come ne usciremo, come si trasformeranno le relazioni politiche e sociali nel “post” rappresenta una grande incognita. Finiremo con l’abituarci a ricevere “ukaze”?
Nel frattempo si sta presentando il conto di determinate storture accumulate nel tempo dal sistema : la messa in discussione della centralità del parlamento, le difficoltà del sistema di decentramento dello Stato in particolare in una fase di forte personalizzazione della politica e di elezione diretta di determinate cariche monocratiche, la privatizzazione di determinati settori nevralgici di quello che fu il welfare (e non solo la sanità), il mantenimento del primato del profitto ad ogni costo.
Ricordati questi pochi punti e la necessità di mantenere aperti in ogni momento canali di comunicazione e soprattutto di riflessione mi permetto di unire il testo di Luzzatto.
Grazie per la vostra attenzione.
FRANCO ASTENGO
Stimolato da alcune considerazioni, che ho letto, di prestigiosi studiosi, mi sono chiesto come si può evitare che l’accettazione di provvedimenti “di emergenza” finisca con l’indurre l’opinione pubblica a ritenere che la Costituzione vale in tempi normali, ma non quando la situazione è eccezionale. Ho perciò sviluppato una riflessione, che non oserei presentare pubblicamente non avendo titoli per farlo, ma che invio ad alcuni amici nella speranza di avere un loro qualificato commento.
Una prima premessa. Ricordo che, in un incontro, Gustavo Zagrebelsky ha detto (non so se la metafora è sua) che la Costituzione rappresenta l’insieme di regole che una collettività si dà nei momenti in cui è sobria, allo scopo di essere vincolata a non fare sciocchezze quando le accada di ubriacarsi. Ritengo che perciò qualunque intervento suggerito dalla presente contingenza debba essere meditato ed eventualmente adottato quando si potrà farlo “a bocce ferme”.
Una seconda premessa. Anche rispetto ai diritti fondamentali la Costituzione prevede che la legge possa stabilire motivate eccezioni: vale per accertamenti e ispezioni domiciliari (Art.14), per la libera mobilità (Art. 16), per l’obbligatorietà di trattamenti sanitari (Art, 32), per i limiti alla proprietà privata e gli eventuali espropri (Art. 42); nei primi due casi la Costituzione fa esplicito riferimento anche a esigenze di sanità pubblica.
Peraltro, la Costituzione prevede già lo strumento che possa sostituire la legge in casi straordinari di necessità e di urgenza: è il decreto-legge. Solo l’abuso che si è fatto di questo strumento ha tolto ad esso l’immagine di provvedimento “emergenziale”: gli esempi “scolastici” di ricorso ad esso erano proprio gli imprevedibili eventi atmosferici o geofisici eccezionali.
Che cosa suggerisce perciò l’attuale esperienza al fine di interventi da compiere “a bocce ferme”?
Paradossalmente, il primo suggerimento riguarda non l’emergenza, ma la normalità: ripristinare il carattere emergenziale dei decreti-legge. Poiché auspici in tale direzione, con pochi risultati, sono stati fatti ripetutamente, bisognerebbe trovare strumenti concreti.
Forse potrebbe trattarsi di un avallo preventivo del Presidente della Repubblica circa la presenza delle straordinarie necessità e urgenza (a quanto si dice, abitualmente il governo consulta informalmente il Presidente per conoscere il suo parere su questo punto, ma la formalizzazione darebbe sostanza al ruolo del Presidente); si dovrebbe inoltre verificare se la giurisprudenza costituzionale sul tema può indicare altri “paletti” che con una norma costituzionale si potrebbero collocare a tutela della effettiva straordinarietà etc.
L’effetto di quanto sopra sarebbe di far percepire come effettivamente emergenziale la presenza stessa di un decreto-legge. Il tema successivo è allora quello della conversione di esso in legge. Giustamente, in questi giorni si è rilevato in molte sedi che la vitalità del Parlamento è particolarmente necessaria nei momenti difficili: il secondo suggerimento riguarda perciò l’attenzione da porre a quanto deve tutelare, anzi addirittura promuovere, questa vitalità.
Tenuto conto delle difficoltà emerse nella presente situazione circa le riunioni di Aula e Commissioni, forse si può prevedere che le Camere, qualora abbiano entrambe deliberato uno stato di emergenza, diano mandato ai rispettivi Uffici di Presidenza all’adozione di provvisorie norme regolamentari atte a garantire la piena efficienza del lavoro parlamentare. In presenza di tale efficienza, cesserebbe per il governo ogni pretesto in merito all’adozione di provvedimenti limitativi di diritti attraverso meri atti amministrativi, situazione che attualmente si è invece verificata.
GIUNIO LUZZATTO
Consiglio di presidenza di Libertà e Giustizia
22 marzo 2020
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