Nessuno ha il diritto di estrarre una pistola e sparare alle spalle, centrando la nuca di un rapinatore in fuga. Tra l’arrestare un ladro e ucciderlo c’è ancora una differenza sostanziale. O mi sbaglio?
Un rapinatore di 15 anni con una scacciacani in mano che appare come una vera pistola. Un giovane carabiniere in vacanza, armato. Una aggressione notturna, una pistola – pare – puntata alla tempia del carabiniere. Azione e reazione nel giro di pochi secondi. Il quindicenne colpito una prima volta è a terra. Si rialza e – siamo sempre nel campo delle ricostruzioni non ancora completamente accertate dalle indagini in corso – riceve un secondo colpo tra nuca e collo.
Questa volta il quindicenne rimane a terra definitivamente. La cannibale opinione pubblica si divide subito: ma la colpa è di un sistema economico che distrugge i rapporti sociali e anche di un militarismo che insegna a sparare ogni volta che c’è un pericolo. Se così fosse possibile fare, l’Italia sarebbe un grande cimitero quotidiano.
A livello pratico, non so voi, ma io mi lascerei derubare piuttosto che prendere una pistola in mano e sparare ad un rapinatore. Poi, ognuno, anche da sinistra (o presuntamente tale) si comporta come meglio crede. Anche da pistolero.
Infine (si fa per dire…): devastare un pronto soccorso è una tragedia nella tragedia. Ciò detto, c’è un ragazzo di 15 anni ucciso su cui non noi, per fortuna, visti i pareri che circolano, ma i magistrati faranno – si spera – completa luce.
Proprio perché ho tanti dubbi, mi schiero dalla parte della giustizia e non del giustizialismo. Preferisco non condannare nessuno e magari essere condannato per eccesso di viltà, per il non prendere un’arma in mano piuttosto che avere un morto sulla coscienza.
Preferirei avere un portafoglio di meno in tasca piuttosto che un quindicenne riverso sul selciato, nella mente per sempre. Ecco che cosa preferirei. Io.
(m.s.)
Foto di Marcus Trapp da Pixabay