Rivendico il diritto di poter scegliere. Qualunque cosa, in qualunque circostanza. Dovrebbe essere talmente naturale come elemento fondante l’essere vivente, in particolar modo quello umano che ha la disgraziata capacità proprio del discernimento tra “bene” e “male“, tra “giusto” e “ingiusto“, da non doversi sostenere nemmeno come diritto.
Invece tocca ribadirlo spesso: “Ho diritto di scegliere“. Ciò avviene perché tante scelte che facciamo, in realtà, sono influenzate da ricatti belli e buoni che ci inducono a pensare di avere comunque un diritto di scelta che, invece, nel momento in cui soggiace a questa disposizione antisociale consolidata, eccolo diventare altro da sé e trasformarsi in una scelta esclusivamente nominalistica, priva di quei contenuti che le avremmo dato se davvero fossimo stati padroni della nostra volontà, a sua volta espressione del nostro pensiero (e anche viceversa).
Ogni volta che sento parlare di “voto utile” o di una qualunque altra utilità legata alla “necessità delle cose“, quasi ad un fatalismo che ti piomba come una saetta tra i piedi e ti impedisce di camminare per il tuo verso, per la tua strada, mi viene in mente la fine bellissima di un libro che – messi da parte preconcetti politici e pregiudizi storici – andrebbe letto come memoria storica di un recente passato della vita di una Italia ormai tanto lontana da tutte e tutti noi: si tratta della lunga intervista che Rossana Rossanda e Carla Mosca fecero a Mario Moretti, uno dei principali esponenti mai pentiti delle Brigate Rosse.
L’ultima delle tante domande fatte dalle due grandi intellettuali e giornaliste, è forse quella che esprime un finale degno di una storia contorta, controversa, che divide e non unisce ma che ci fa capire quanto la complessità degli eventi sia difficile da ridurre a banali affermazioni di principio o a ridicole frasi fatte per avere il potere di giudicare persone, fatti, eventi che non abbiamo vissuto, dai quali siamo stati lambiti per evidenti limiti temporali.
Cito testualmente:
“Senti, sei fuori dal mondo della gente da ventidue anni, nove anni clandestino e tredici di prigione. Finora hai avuto carcere e distruzione della memoria. Se un angelo cattivo ti offrisse su un piatto libertà e oblio e su un altro carcere e memoria, che cosa prenderesti?“.
Non esistono angeli così perfidi, solo gli uomini propongono due modi ugualmente crudeli di morire. Comunque gli direi: “Dammi la libertà e la memoria”. Se non sei capace di tanto, mio caro angelo, allora voli basso, neanche all’altezza della nostra sconfitta.
(Mario Moretti, “Brigate Rosse, una storia italiana“, Mondadori, Oscar Storia)
E’ un capolavoro di sintesi dell’intero testo che racconta minuziosamente nascita, sviluppo e caduta del movimento terrorista, del cosiddetto “Partito armato“, di una stagione di lotte che si erano separate dalla strada maestra del Partito Comunista Italiano per molti versi; per altri non ne avevano mai fatto parte.
Angeli perfidamente cattivi come quello immaginato da Rossanda e Mosca esistono tutt’oggi e propongono scelte che negano la civica necessità di essere cittadini a tutto tondo, di esprimersi secondo ideologie ed idee necessarie per avere una visione compiuta delle problematiche esistenti e per provare, con il voto, a regalare al Paese intero una speranza di cambiamento.
Ciascuno fa la propria scelta, ma deve poterla fare senza che questa diventi la “scelta di una scelta“, perché nel momento in cui si è costretti a subordinare la propria volontà a contingenze che finiscono per costringerla a scelte ulteriori, è del tutto evidente che la scelta primordiale è già mortificata, alienata da sé stessa e noi con lei.
Ricordate il film di Luigi Magni “In nome del Papa Re“? Monsignor Colombo (Nino Manfredi) scopre di avere un figlio diciannovenne che lotta insieme ai garibaldini contro il governo pontificio: mette una bomba alla caserma degli zuavi pontifici e la fa saltare in aria. Viene salvato dalla ghigliottina per intervento del padre, su supplica della madre, una nobildonna romana. Gli altri due congiurati – questi realmente esistiti, Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti – vengono invece mandati a morte.
Nel corso del processo a Monti e Tognetti, monsignor Colombo pronuncia una difesa degli attentatori: cambia il suo punto di vista, si accorge che il potere temporale dei papi è decrepito, sta per finire e comprende che esiste un “esercito di popolo contro cui ce se sbatte er grugno“. Un esercito di cui Monti e Tognetti fanno parte.
Ma la pletora di vecchi giudici della Sacra Consulta non può capire l’evolversi degli eventi e rimane abbarbicata al trono e all’altare. Il presidente del tribunale, nell’invitare i giudici cardinali ad esprimere il loro voto, con voce dimessa e lieve, afferma: “Non vorrei influenzare le vostre libere decisioni. Che ognuno si esprima liberamente: chi è per la pena di morte dica “sì” e chi è per il no… che Iddio lo perdoni“.
Ecco un altro ricatto mascherato da scelta. Ma i ricatti, spesso, finiscono per diventare riconoscibili quando chi li esercita – seppure sotto forma di naturalissime ipocrite “ottime intenzioni” – poi non riesce a mantenere non soltanto le promesse fatte ma l’alterità che si prefigge di considerare la sua cifra di distinzione rispetto all’altro campo politico.
Troppe volte la finta sinistra rappresentata massmediaticamente dal centrosinistra ha lavorato sulle paure di tanti modernissimi sfruttati per crescere elettoralmente ed andare a rafforzare i privilegi delle classi dominanti, aprendo così la strada proprio a quella destra che pretendeva di contrastare, mantenendo una ferma e risoluta difesa della democrazia nell’Italia intera.
Una scelta consapevole, libera e aderente alle proprie convinzioni dovrebbe obbedire solo a questi princìpi: quelli che risiedono in noi, sapendo che nessun voto è sprecato. Soprattutto se, come bene scrive oggi Maurizio Acerbo dalle colonne de “il manifesto“, si può ribaltare questo intendimento del voto e dire ai cittadini che voterebbero liste in sostegno di Bonaccini: fatelo il voto utile se siete di sinistra. Votate una lista veramente tale, di sinistra di alternativa, di opposizione, comunista e libertaria. Votatela al posto di votare liste che si dicono progressiste e che sostengono poi, alla fine, sulla base del corto circuito della “scelta della scelta“, politiche economiche antisociali molto simili a quelle della destra sovranista e liberista.
Il voto utile è solo quello disgiunto? Bene. Allora potete votare “L’Altra Emilia Romagna” al posto delle liste di centrosinistra e poi mettere tranquillamente la croce sul nome di Bonaccini.
Perché mai a fare il voto utile dovremmo sempre e soltanto essere noi comunisti? Se “scelta della scelta” deve essere, allora che faccia entrare in consiglio regionale in Emilia Romagna più di un comunista e l’Emilia sarà un po’ più rossa e anche un po’ più verde rispetto a quanto lo sarebbe con chi l’ha governata fino ad oggi.
MARCO SFERINI
26 gennaio 2020