Il sonoro cambiò profondamente anche il modo di fare cinema. Se alcuni Paesi si “limitarono” a sottotitolare i film d’importazione, in altri nacquero autentiche scuole del doppiaggio. Una delle più importanti era e continua ad essere quella italiana che si sviluppò negli anni trenta (prima di allora le Major americane si affidavano a propri stabilimenti in Europa). I due centri principali dal 1932 furono Roma e Milano. Il primo si concentrò sul cinema, il secondo si sviluppò negli anni ottanta con l’avvento delle televisioni private. Silvio Berlusconi, infatti, commissionò il doppiaggio di cartoni animati, telefilm, soap opera e telenovela in onda sulle sue emittenti.
Da allora le voci dei doppiatori italiani hanno accompagnato gli attori stranieri nel nostro Paese. Quella di Oreste Lionello è stata per decenni quella di Woody Allen, nonché quella di Groucho Marx ne La guerra lampo dei Fratelli Marx e di Charlie Chaplin ne Il grande dittatore. Giancarlo Giannini doppiò decine di film e concluse la sua esperienza da doppiatore, con due film di Stanley Kubrick. Prestò, infatti, la voce a Ryan O’Neal in Barry Lyndon e Jack Nicholson in Shining. La voce di Ferruccio Amendola, padre di Claudio, è stata per anni la voce italiana di Robert De Niro (tra gli altri Taxi Driver, Novecento, Toro scatenato), di Dustin Hoffman (Un uomo da marciapiede, Kramer contro Kramer, Tootsie), di Al Pacino (la trilogia de Il padrino) nonché quella di Sylvester Stallone e Peter Falk. Ma ci sono voci che abbiamo sentito migliaia di volte, senza magari conoscere il nome del doppiatore, che spesso non finiva nemmeno nei titoli di coda. Ho avuto il piacere di conoscere e di lottare con uno di questi, Claudio Gianetto.
Nato a Savona il 13 settembre del 1952 da mamma Teresa e papà Sergio, partigiano nella zona di Alassio col nome di battaglia “U Maistro”, Claudio crebbe a “pane e comunismo”, partecipò alle lotte studentesche in quella che allora era “la Rossa Savona”, aderì a Lotta Comunista fondata dal savonese Arrigo Cervetto. Dopo aver frequentato il liceo Scientifico di Savona, si diplomò nella Scuola del Teatro Stabile di Genova sotto la guida di Lina Volonghi. Iniziò quindi la carriera di attore recitando in numerose rappresentazioni, ma la sua militanza comunista lo portò allo scontro col direttore del Teatro Stabile, Ivo Chiesa. Era l’inizio degli anni ’80 e Gianetto si trasferì a Roma.
Nella capitale iniziò a studiare doppiaggio nella scuola di Renato Izzo (Campobasso, 15 giugno 1929 – Roma, 30 luglio 2009), uno dei più grandi direttori del doppiaggio mai esistiti, curò oltre mille film su tutti Apocalypse Now e Taxi Driver e scoprì decine di talentuosi doppiatori da Antonino “Tonino” Accolla voce di Eddie Murphy e di Homer Simpson a Massimo Lodolo che, tra gli altri, prestò la voce a Vincent Cassel e Tim Roth; da Claudia Catani voce italiana di Charlize Theron, Gillian Anderson, Cameron Diaz e Angelina Jolie a Paolo Buglioni doppiatore di Alec Baldwin, Samuel L. Jackson e Nick Nolte; da Massimo Corvo divenuta la voce di Sylvester Stallone dopo la morte di Ferruccio Amendola a Stefano Benassi doppiatore di Kyle MacLachlan. Claudio Gianetto faceva parte di questa magnifica squadra, spesso doppiava comprimari e talvolta “sostituiva” i colleghi, come quando divenne la voce italiana di Nick Nolte (Omaha, 8 febbraio 1941), tra gli altri, nel film Weeds (Il seme della gramigna, 1987) storia di un detenuto con ambizioni artistiche che viene liberato sulla spinta di una petizione di intellettuali e fonda una compagnia teatrale.
Gianetto lavorava spesso anche in fase di coordinamento del doppiaggio. In questa veste seguì nel 1987 La famiglia, film di Ettore Scola, con un cast stellare che vantava Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Fanny Ardant, Sergio Castellitto, Massimo Dapporto e Full Metal Jacket, in cui l’amico ligure Eros Pagni diede la voce al temibile sergente Harman. Stanley Kubrick considerò la versione italiana del suo film, la migliore in assoluto.
Nel 1990 il suo doppiaggio, forse, più noto. Ebbe, infatti, una parte in uno dei film d’amore più noti di sempre, Ghost diretto da Jerry Zucker con Patrick Swayze, Demi Moore e Whoopi Goldberg. Nella pellicola Gianetto prestò la voce all’attore Augie Blunt (Monroe, 17 agosto 1929 – Los Angeles, 2 maggio 1999) un fantasma che per comunicare con la moglie entra nel corpo della medium Oda Mae (Whoopi Goldberg). Quella voce bassa e baritonale fece rimanere Claudio afono per quasi un mese. Ma il lavoro, che difendeva a spada tratta con la tessera della CGIL in tasca, era lavoro e nel 1991 Gianetto doppiò l’attore venezuelano Alberto Galindez (13 gennaio 1933 – 2 maggio 2011) nella telenovela Caribe, trasmessa in Italia su Rete 4 col titolo L’incanto della passione.
Sempre nel 1991 l’attore e doppiatore partecipò ad una serie di scarso successo, ma di grande respiro: Italia chiamò – I padri della Patria diretto da Leandro Castellani (Fano, 1 dicembre 1935) uno dei padri di quella che oggi chiameremmo “fiction storica”. Gianetto recitò nell’episodio intitolato Manzoni, dedicato all’autore de “I promessi sposi”. Il protagonista era interpretato da Arndoldo Foà, per Claudio la parte di Giovanni Battisti Giorgioni, marito di Vittoria, l’ottava figlia del poeta. Nello stesso anno Gianetto tornò a teatro per recitare “L’attesa” al Trianon di Roma con Adriana Alben e Riccardo Castagnari.
Due anni dopo giunse una svolta personale. A Roma Gianetto conobbe Anna Re. La donna aveva accompagnato una bella amica ad un provino che vedeva nell’attore l'”esaminatore” e Claudio, proprio come in un film, si innamorò non dell’aspirante attrice, ma dell’amica. “Non ha mai capito nulla…” dice oggi Anna ridendo. I due, inevitabilmente, si sposarono.
Ad unire Claudio ed Anna erano anche la politica, quella alta, e il teatro. Fondarono insieme una compagnia chiamata “La Quercia” con cui produssero nel 1994 “Fine della corsa” di John La Carré diretto da Antonio Syxty, la cui prima nazionale si tenne nel prestigioso palcoscenico di Borgio Verezzi e “Non si sa come” per la regia di Alberto Ferraris. Nello stesso anno Gianetto recitò anche nello spettacolo per “La Chunga”, al fianco di Paola Pitagora e Amanda Sandrelli, per la regia di Luca De Fusco.
Dal 1996 al 1998, tra un doppiaggio e un altro, Gianetto recitò anche sui palcoscenici di Taormina e Spoleto, con “I viceré” scritto da Lucia Nardi e Annalisa Scafi, liberamente tratto da I Viceré di Federico De Roberto, con Piera Degli Esposti e Giuseppe Alagna.
Claudio Gianetto tornò quindi a recitare per il piccolo schermo in serie TV di grande successo. A fine anni Novanta apparve in Caro maestro e Leo e Beo dirette da Rossella Izzo, sorella gemella di Simona e figlia del suo maestro doppiatore Renato, al fianco di Marco Columbro, col quale lavorò anche in teatro. Nei primi anni del Duemila recitò inoltre in alcune puntate di Un posto al sole e in più stagioni de La squadra, fortemente voluto dal resto del cast.
Nello stesso periodo Gianetto interpretò anche due corti diretti da Roberto di Vito, regista, operatore, montatore che aveva lavorato con Nanni Moretti (Bianca, La messa è finita), Federico Fellini (gli spot per la Banca di Roma) e Dario Argento (Phenomena, Opera, Due occhi diabolici). In Video d’amore (1997) tre amici al bar si annoiano fino a quanto uno dei tre racconta di aver partecipato a una video inchiesta su amore ed emarginazione. Nel successivo Ai confini della città (1998) una troupe televisiva cerca di intervistare gli abitanti “stralunati, curiosi, romantici” che vivono nell’estrema periferia “pericolosa”. Un viaggio che cambierà la troupe. Il film, tra Cipri, Maresco e Jodorowsky, si aggiudicò il Globo d’Oro (il premio cinematografico assegnato dalla stampa estera) come Miglior corto del 1998 e ispirò, nel 2014, la web serie omonima, sempre diretta da Di Vito.
Nel percorso artistico di Gianetto fecero seguito tre monologhi, prodotti da “La Quercia”, dedicati a tre cantautori: “La cattiva strada” su Fabrizio De Andrè, con musiche di Maurizio Meo, “Cirano” su Francesco Guccini e “Brel” su Duilio Del Prete.
Poi un nuovo ruolo per il cinema nel corto La seduta (2004) diretto da Alberto Adal Comandini. Nel film, una seduta di gruppo sulla dipendenza dal telefono cellulare è lo spunto per affrontare la degenerazione dei rapporti umani nell’era dell’abuso della tecnologia. Nel cortometraggio anche Franco Mescolini, attore in più film di Roberto Benigni, e Camillo Grassi, il nostromo del film Cantando dietro i paraventi (2003) di Ermanno Olmi.
Nel 2007 Claudio tornò a Savona, dopo oltre quindici anni di doppiaggio e altri da attore diviso tra teatro, cinema e televisione. Un impegno costante che lo portò ad essere, non casualmente, eletto nel Direttivo nazionale del Sindacato Attori della CGIL. Nello stesso anno fu Presidente e Direttore artistico dell’Albisola Corto Festival. Ma prima di tornare stabilmente nella sua amata Liguria, Gianetto realizzò, insieme Marco Braghero (docente e ricercatore), un intenso reportage fotografico nell’Afghanistan post 11 settembre 2001. In un’occasione, mi raccontò, che la sua lunga e folta barba ingannò i talebani e gli salvò la vita. Da quell’esperienza nacque il libro “Afghanistan, la cultura come sfida per la ricostruzione” che Braghero e Gianetto presentarono in tutta Italia.
La sua carriera di artista camminava parallelamente al suo essere comunista. Nel luglio del 2008 Claudio Gianetto divenne Segretario provinciale del Partito dei Comunisti Italiani (PdCI). Da quella data iniziammo a sentirci praticamente ogni giorno. Più volte al giorno. Avrei centinaia di aneddoti, ma pochi sul suo essere uomo di cultura e di spettacolo. Schietto, diretto, determinato in ambito politico; schivo, discreto, modesto in ambito artistico.
Nel 2008 Gianetto fece da coaching al giovane protagonista del film L’ombra della legnaia, diretto da Giacomo Arrigoni. Girato in val Bormida, il cortometraggio racconta la storia di Matteo (Lorenzo Peluffo), un bambino di nove anni, che ha una visione curiosa ed innocente del mondo, fino all’incontro con un uomo misterioso (Fabrizio Kofler). L’ombra della legnaia, col titolo internazionale The Woodshed Shade, si aggiudicò nel 2008 il Silver Remi Award al WorldFest International Indipendent Film Festival di Houston in Texas e il premio come miglior corto allo Short Film Festival of India l’anno successivo.
Il successivo film con Claudio Gianetto, sempre nel 2008, fu, invece, incentrato sugli ultimi giorni di vita del poeta comunista Federico Garcia Lorca, ucciso dai fascisti nella Spagna di Francisco Franco. Prima titolato Come i sugheri sull’acqua, poi semplicemente Garcia, il film diretto da Enrico Bonino descrive le ultime ore dell’amicizia tra Garcia Lorca (Pietro Genuardi) e il poeta falangista Luis Rosales Camacho (Claudio Gianetto). Quest’ultimo lo invita alla fuga, ma il drammaturgo comunista rimane della Spagna franchista fino alla drammatica fucilazione. Garcia venne girato tra l’8 e il 10 maggio del 2008 in location importanti per i savonesi: la spiaggia del “buco del prete” ad Albisola, il forte della Madonna degli Angeli, dove vennero fucilati sette martiri antifascisti nel cosiddetto “Natale di sangue”, il teatro Chiabrera. Un film da vedere. Purtroppo l’ultimo.
Nella notte tra il 5 e il 6 novembre del 2011 Claudio Gianetto fu colpito da un violento infarto e morì ad appena 59 anni. Come scrissi, gli invidiavo la voce, che faceva il suo effetto quando litigavamo (poi ci ritrovavamo il giorno stesso per una stretta di mano o una telefonata). Ma oltre al Claudio compagno, manca anche l’artista eclettico capace di doppiare Nick Nolte e di fare da maestro a giovani attori, a suo agio in palcoscenico, nel piccolo e nel grande schermo. Manca ancora.
redazionale
Immagini tratte da: Immagine in evidenza foto di Marco Ravera, Screenshot del film Garcia, foto 1,2 da antoniogenna.it, foto 3 Screenshot del film Il seme della gramigna, foto 4 Screenshot del film Ghost, foto 5, 6 gettyimages.com, foto 7, 8 di Marco Ravera