Bread and roses: il Labour e le 32 ore di lavoro

Ieri, nel discorso alla conferenza annuale del Labour, il cancelliere ombra John Mc Donnell ha annunciato il lancio di un documento sui servizi di base universali, pubblici, gratuiti e...

Ieri, nel discorso alla conferenza annuale del Labour, il cancelliere ombra John Mc Donnell ha annunciato il lancio di un documento sui servizi di base universali, pubblici, gratuiti e finanziati dalla fiscalità generale.

Ha poi affermato che un governo laburista porrebbe fine alla povertà lavorativa ripristinando il “primo giorno”, i diritti sindacali e sul posto di lavoro, implementando la contrattazione collettiva e portando ad un salario reale di almeno 10 sterline l’ora. E che avrebbe ridotto la settimana lavorativa media a 32 ore, nell’arco di un decennio, introducendo l’orario di lavoro negli accordi di settore legalmente vincolanti e demandandone le modalità alla contrattazione.

Ha poi ricostruito la storia della riduzione dell’orario di lavoro, dalle 65 ore del 1860, alle 43 del 1970. “Ma negli ultimi decenni i progressi si sono arrestati. Le persone nel nostro paese hanno un orario tra i più lunghi in Europa. E dagli anni ’80 il legame tra l’aumento della produttività e la crescita del tempo libero è stato interrotto. È tempo di rimediare. Quindi posso dire oggi che il prossimo governo laburista ridurrà la settimana lavorativa media a tempo pieno a 32 ore entro il prossimo decennio. Sarà una settimana lavorativa più breve senza perdita di retribuzione. “

Dopo la sperimentazione sulle 28 ore dei metalmeccanici tedeschi, la riduzione dell’orario di lavoro si impone sempre più come obiettivo strategico.

Percepito forse come meno immediatamente urgente, e certamente più difficile da ottenere, della necessità di contrastare la povertà del lavoro attraverso un salario orario minimo (che non destrutturi e anzi rafforzi la contrattazione collettiva), ed a quella di contrastare la disoccupazione attraverso un nuovo intervento pubblico, ma altrettanto strategico.

Perché sì, la produttività è cresciuta ovunque anche se in modo differenziato nell’occidente capitalistico, e sì come dice Mc Donnell, negli anni ’80 si è interrotto ed anzi rovesciato il processo di redistribuzione di quella produttività: uno degli snodi centrali della controffensiva neoliberista.

Oggi i processi di automazione che vanno sotto il nome di industria 4.0, la aumenteranno ancora, sostituendo lavoro umano in tutti i settori, anche nelle professioni intellettuali. E, sì, è tempo che tutto questo si traduca non nello spettro della disoccupazione, ma nella conquista di una vita migliore per tutte e tutti.

In Italia il 2019 segna un doppio anniversario: a 100 anni dalla conquista delle 48 ore con il “Concordato Nazionale” firmato dalla Fiom e dagli industriali, e a 50 anni dalle 40 ore, conquistati con l’autunno caldo e i rinnovi contrattuali degli anni ’69 e ’70.

E’ tempo che la riduzione d’orario a parità di salario torni a determinare le priorità politiche dei partiti della sinistra e dei sindacati, in ogni paese e su scala continentale, anche perché mai come in questo campo i processi si rafforzano a vicenda, ed una conquista in una realtà rende più semplice quella in un altro, con l’obiettivo della generalizzazione.

“Dovremmo lavorare per vivere, non vivere per lavorare… Come socialisti crediamo che le persone abbiano il diritto all’istruzione, alla salute, a una casa in un ambiente decente e sicuro e, sì, all’accesso alla cultura e alla ricreazione”, ha concluso Mc Donnell. Vogliamo il pane e anche le rose. Un obiettivo per la sinistra che vogliamo costruire.

ROBERTA FANTOZZI
Direzione nazionale Rifondazione Comunista

da rifondazione.it

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Mondo lavoro

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