La Cgil chiede una tassa sui patrimoni da almeno 10 anni. Il primo a proporla fu Guglielmo Epifani – non certo un estremista – nel 2009, all’inizio della grande crisi economica da cui non siamo ancora usciti. Una crisi che – è sotto gli occhi di tutti – ha fatto aumentare i poveri e ha allargato la forbice con i più ricchi.
L’attuale segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha rilanciato il tema in una intervista a Repubblica. Usando anche l’accortezza di usare una nuova formula: «contributo di equità per combattere le diseguaglianze» accompagnata da una riforma fiscale più progressiva» da presentare «con Cisl e Uil» e legando il tutto all’idea – lanciata da tempo – di finanziare «un piano straordinario di investimenti pubblici e privati», come ribadito ieri in un video sul profilo twitter della Cgil.
Apriti cielo. Se le reazioni sguaiate dei liberisti del Foglio e della destra erano facilmente prevedibili, anche M5s e Pd hanno criticato Landini.
I renziani si sono subito scatenati e il neo segretario Nicola Zingaretti ha dovuto precisare: «Mai parlato di patrimoniale nell’incontro con Landini, non so se è una proposta del sindacato, di certo non è una proposta del Pd». E ieri da Porta a Porta ha precisato: «Non è la proposta giusta da fare adesso», ma «nei momenti di crisi il fisco ha un criterio costituzionale: chi più ha più dà, una proporzionalità delle imposte che non è contro qualcuno». E ha concluso con una battuta che spiega quanto l’argomento sia ancora tabù per il Pd post Renzi: «Se continua questo sfascio nelle politiche economiche del governo sarà questo esecutivo ad essere costretto a mettere la patrimoniale…».
Per uscire dal solito dibattito dove la parola «patrimoniale» è vista – non si sa perché – come fumo negli occhi da tutti i media, può servire paragonare la situazione italiana al resto d’Europa. Facendolo si scoprono fatti inconsulti. Ad esempio che nella vicina Francia la patrimoniale c’è e nessuno chiede di toglierla. Neanche la destra quando è stata al governo. Oppure che l’indice che misura le diseguaglianze (Gini) in Italia negli ultimi anni si è impennato con buona pace dei liberisti che sostengono «sia allo stesso livello del 2003».
Tortuga, il primo think tank italiano di studenti di economia, si è esercitato in una simulazione molto interessante: applicare la patrimoniale francese in Italia. Si parte da alcune premesse molto importanti. Per farlo serve «includere gli immobili nella base imponibile», «metodo più efficaci per spostare il carico fiscale dal lavoro alla ricchezza».
Per Tortuga «Una patrimoniale dovrebbe avere una soglia di esclusione elevata e un’aliquota marginale bassa: escludendo il ceto medio da questa imposta e concentrandola sulle persone più ricche» perché – come da dati ufficiali di Bankitalia – circa metà della ricchezza totale in Italia è nelle mani del 10% più ricco.
Nella simulazione di Tortuga «nel caso di un’imposta stile francese sulle famiglie con patrimonio superiore a 800mila euro – conteggiando immobili ma senza includere redditi da pensioni e titoli di stato – con aliquota marginale tra lo 0,5% e l’1,5% – con aliquote medie al di sotto dell’1% per i soggetti interessati – si arriverebbe a 4 miliardi di euro.
Una cifra forse non totalmente sufficiente per un «grande piano di investimenti» ma comunque immensamente superiore a quella destinata al tema da qualsiasi governo negli ultimi 10 anni.
Una stima prudente – «non è ancora disponibile in Italia una mappatura chiara della ricchezza personale o familiare – da legare poi ad alcuni postulati: «per evitare la “fuga di capitali” (denunciata come conseguenza dai liberisti, ndr) e riuscire a tassare in modo efficace anche la ricchezza finanziaria servirebbe un accordo al livello internazionale per una tassazione uniforme della ricchezza mobile».
Il giudizio sulla proposta di Landini e della Cgil è comunque positivo per Tortuga: «Redistribuirebbe la ricchezza verso i ceti medio-bassi, rimodulerebbe le altre imposte, favorendo lavoratori ed imprese».
MASSIMO FRANCHI
foto tratta da Pixabay