Tre ragazzine fanno il saluto romano davanti all’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz. Sanno dove si trovano, altrimenti non farebbero quel selfie, quello scatto non improvvisato, non dettato da una ingenuità o da una ignoranza della storia.
Sanno dove si trovano perché sanno in cosa si trovano.
E per questo, con una stupida spavalderia che sarebbe liquidabile con l’alibi dell’infantilismo puerile, si permettono quel gesto.
Certo che fa rabbia.
Ma devo dire che mi fa di più rabbia, anzi sconcerto il fatto che non provino vergogna. Non vedo un insulto al campo, ai milioni di morti in quel gesto. Vedo un insulto a loro stesse e sembrano non comprenderlo.
Questa è la vera morte interiore: giovani o vecchi che siano, sono sempre esseri umani.
Proprio come quelli che passarono per il camino. Per quelli che non tornarono più.
Per questo avere identificato quelle ragazze e dare loro una punizione detentiva o comunque minacciare loro le sbarre del carcere è stupido, diseducativo, tipico di una società idiota.
Non ci deve essere condanna ma solo educazione (non ri-educazione), solo prenderle per mano e far capire loro che la stupidità deriva dal prendere in giro sé stessi in quel caso e dal rendersi qualcosa che non può essere ridicolo perché si banalizzerebbe il male che vi sta dietro quelle tre figure ritratte.
La stupidità sta nella leggerezza di un niente che le pervade. Una bravata? No. Una consapevole voglia di eccedere, di essere qualcosa di trasgressivo in un luogo sacro, laicamente sacro.
A questo bisogna rimediare: alla distruzione della sacralità dell’umanità attraverso il gesto banale di tre braccine tese per ottenere magari qualche ridondante celebrità sui “social”…
(m.s.)
foto tratta da Pixabay