La politica dei due forni di Matteo Salvini continua. Dipende da lui la fisionomia che acquisteranno le prossime elezioni: se si riunificherà col centrodestra il quadro sarà simile, pur se non identico, a quello del 4 marzo. E’ l’ipotesi che auspica il Quirinale. Certo l’egemonia del leghista uscirebbe molto rafforzata dalle urne, ma un governo con Silvio Berlusconi all’interno sarebbe comunque rassicurante per l’Unione europea.
Se invece Lega e Movimento 5 Stelle decideranno di presentarsi insieme, ipotesi che è aleggiata ieri per tutto il giorno, ripresa da diversi esponenti dei due partiti, mai ufficializzata ma anche mai cassata definitivamente, il quadro sarà opposto: sarà in campo un cartello apertamente anti-euro, con fortissime chances di vittoria.
Se Forza Italia avesse deciso di votare per il governo Cottarelli, come aveva annunciato con intervista alla Stampa l’incauto Renato Brunetta, la coalizione sarebbe già stata sepolta. La capogruppo al Senato Anna Maria Bernini lo smentisce di corsa, seguita dal portavoce Giorgio Mulè e infine dallo stesso Berlusconi: «La nostra posizione non può che essere negativa». Matteo Salvini incassa ma non si sbilancia: «Ci penserò. Mi hanno dato del traditore, dell’irresponsabile, del razzista». Ma nel caso chiarisce subito che la linea la detterà lui: «Che fa Forza Italia, dà una mano o grida ’Viva Merkel’?».
Sui futuri rapporti con il Movimento 5 Stelle, Salvini è possibilista: «Il lavoro di queste settimane non è stato inutile. Ci sono molti punti in comune. Se diventerà un’alleanza di governo lo vedremo nelle prossime settimane». E’ un’ipotesi tutt’altro che irrealistica. Il M5S è consapevole di avere in questo momento molto più bisogno della Lega di quanto si possa dire al contrario. E’ il vantaggio, appunto, di poter giocare su due forni, senza contare la tenuta di gioco di Salvini che permette di prevedere, almeno stando ai sondaggi, un’impennata di consensi per il Carroccio mentre il Movimento di Grillo potrebbe perdere qualcosa, forse non molto ma quanto basta per restituire il quadro di una Lega in ascesa impetuosa e di un M5S in flessione.
Senza contare il nodo della leadership. Silvio Berlusconi punta su se stesso: «A chi mi chiede quale sarà il futuro del centrodestra, rispondo che alle prossime elezioni non immagino altra soluzione che quella di una coalizione di centrodestra unita con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, destinata sicuramente a prevalere anche per la possibilità di una mia candidatura».
Va da sé che il forse-socio Salvini a cedere il comando non ci pensa per niente. Ma a fare la differenza, quando alla fine si tratterà di scegliere, sarà probabilmente la disponibilità di Forza Italia a rinnegare le proprie posizioni in materia di Unione europea. Perché su quel fronte il leader leghista ha dimostrato di fare sul serio, anche rifiutando il ministero dell’Economia per Giancarlo Giorgetti, sponsorizzato da quello stesso Mario Draghi che invece, con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, aveva bocciato il nome di Paolo Savona per via XX Settembre. Anche Giorgetti, per Salvini, in quella postazione, non era abbastanza affidabile. Troppo moderato, forse.
Se alla fine Lega e Movimento 5 Stelle andranno alle elezioni insieme sarà certamente un referendum sull’euro. Ma forse, nonostante gli auspici del Colle, lo sarà anche in presenza di un centrodestra completamente «salvinizzato».
ANDREA COLOMBO
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