Il momento è arrivato. Oggi Mattarella farà la sua prima vera mossa nella partita iniziata il 5 marzo e affiderà un incarico esplorativo, quasi certamente a Elisabetta Casellati. Ieri sera il capo dello Stato valutava ancora diverse possibilità, anche se in cima alla lista c’era la presidente del Senato. La principale controindicazione, nel suo caso, è la fretta. Casellati avrebbe infatti le carte in regola soprattutto per esplorare un sentiero che il Quirinale considera ormai bloccato: quello dell’accordo M5S-centrodestra.
Le già esigue speranze che nel corso della «pausa di riflessione» si aprisse qualche spiraglio su quel fronte si sono dissipate nello scorso week-end, tra i brindisi mancati a Vinitaly, i forni chiusi di Di Maio e le risposte beffarde di Salvini. Anche ieri il leghista è stato tassativo: «Non è colpa della Lega se Berlusconi e Di Maio continuano a dirsi di no l’un l’altro. L’alternativa è il voto». Ma solo per le elezioni apre tuttavia uno spiraglio a un governo lampo di unità nazionale: «Un governo di tutti insieme per fare la legge elettorale e in autunno si torna al voto? A me va bene». E’ vero che il leader del Carroccio si finge ottimista e scommette che si arriverà a un governo di centrodestra sostenuto da M5S, ma è puro teatro. Mandare in avanscoperta Casellati sarebbe quindi una decisione molto vicina al perdere tempo, cosa che l’inquilino del Quirinale vorrebbe evitare. E vorrebbe evitare anche solo di dare questa impressione.
Tra le alternative la principale è il presidente della Camera Roberto Fico. Si tratterebbe in questo caso di un totale rovesciamento di strategia. Sinora il Quirinale ha guardato molto più all’eventuale accordo tra destra e 5S che non a quello tra M5S e Pd. Non foss’altro che per una questione di numeri: se anche nascesse, quella maggioranza avrebbe margini esigui e di conseguenza vita travagliata, oltre che presumibilmente breve. Proprio su quel lato della scacchiera, però, qualcosa negli ultimi giorni è cambiato e ieri il fatto nuovo è stato senza dubbio rilevante. Il segretario-reggente del Pd Martina che posta su Fb tre proposte programmatiche, tutte digeribili per Di Maio, e che chiede di intavolare un confronto sarebbe stato impensabile appena una settimana fa, quando il Pd ripeteva come un sonnambulo: «Opposizione, opposizione». E’ vero che Martina quel confronto lo propone genericamente «ai cittadini», ma va da sé che il messaggio arrivi ai cittadini vicini a Di Maio più che agli altri. Infatti sono Toninelli e Grillo, capigruppo di M5S, a rispondere esprimendo vivo apprezzamento.
Ce n’è abbastanza per ipotizzare un disgelo? No. Maurizio Martina non è Matteo Renzi, e da quella parte della galassia Pd la reazione è gelida. L’avvio di dialogo potrebbe però essere sufficiente per provare a scandagliare e Fico, rappresentante delle istituzioni ma anche dell’ala sinistra di M5S, sarebbe certo la figura adatta. In questo caso gli argomenti contrari alla scelta riguardano ancora i tempi, ma in senso opposto: sondare quella strada troppo presto, con i renziani ancora decisi a bloccarla, potrebbe significare bruciare anche questa carta. Chiedere a Casellati di verificare e poi confermare l’impraticabilità dell’alleanza tra Di Maio e Salvini darebbe alle rose un po’ di tempo in più per fiorire o rivelarsi l’ennesima illusione ottica.
Sulla carta rimane anche la possibilità di affidare un pre-incarico a uno dei due candidatissimi. Ma bruciare Salvini per fargli un dispetto sarebbe mossa di scarsa utilità, potenzialmente anche dannosa, e Di Maio resta una chance che Mattarella non vuole cestinare senza motivo. Che si rivolga a uno dei due è improbabile. Sulla carta non è nemmeno escluso a priori l’ingresso in scena di un outsider, e forse per questo da giorni si rincorrono voci che ipotizzano un pre-incarico a Giancarlo Giorgetti, che avrebbe il merito di tenere ancora aperte entrambe le strade, il che però significherebbe proseguire sul percorso dimostratosi sin qui fallimentare.
La sola certezza, dunque, è che da oggi inizierà una partita nuova, con al centro, non più in veste notarile, il presidente della Repubblica.
ANDREA COLOMBO
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