Da dove vengono i gravi fatti di Bardonecchia? Da dove trae origine l’episodio di palese violazione di uno spazio privato e protetto dalle norme comunitarie in favore dei migranti? Vale la pena, per inquadrare questo vero e proprio salto di qualità a livello intraeuropeo nella relazione tra gestione dell’ordine pubblico ed accoglienza, partire dagli albori delle politica estera comunitaria. In piena Guerra fredda, a metà degli anno Settanta, l’allora capo della Commissione, il socialista Jaques Delors, commissionò un memorandum.
Lo fece al fine di sviluppare l’embrione della politica estera comunitaria verso l’Africa.
L’intuizione di Delors era che per fare l’Europa unita, tendere cioè a quegli ideali Stati Uniti d’Europa dall’Atlantico agli Urali, bisognasse in primis mettere in comune alcuni segmenti delle politiche estere nazionali. Venne così a configurarsi la Convenzione di Lomè, il più importante e paritario accordo commerciale tra l’insieme dei Paesi comunitari e quelli dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. L’idea dei socialisti di allora era quella, più in generale, di costituire un terzo polo tra Russia sovietica e Stati Uniti, proprio ripartendo dalle relazioni privilegiate e di partenariato, cioè di pari dignità, con il continente africano.
Ora, senza entrare nei particolari di quell’accordo, poi di fatto cancellato nelle sue caratteristiche positive dall’avvento del Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio), rimane l’intuizione rispetto al fatto che la politica estera , in un mondo globalizzato, procede e configura quella interna.
Ecco che, allora, l’«episodio» di Bardonecchia non è che la prosecuzione transfrontaliera dell’opera di delegittimazione e progressiva normalizzazione in chiave securitaria operata nei confronti delle Ong a partire dal contestabile «codice di autoregolamentazione» imposto alle Organizzazioni di ricerca e salvataggio dei migranti in mare l’estate scorsa e culminata con il sequestro della nave umanitaria di Open Arms qualche tempo fa.
Adesso, coerentemente a quel percorso, si passa ad invadere uno spazio di protezione umanitaria forzando in senso estensivo le norme già in essere, ma che non prevedevano assolutamente che il raggio di azione dei gendarmi francesi includesse luoghi privati.
Anche l’utilizzo dei test antidroga è una palese violazione dei diritti umani fondamentali, già denunciata più volte, ed in molte parti del mondo, anche dalla Oim, l’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni, che ha sempre cercato di resistere all’imposizione dei test biomedici anche come forma di schedatura dei migranti.
La posta in gioco allora, ancora una volta, è il concetto stesso di neutralità ed indipendenza che caratterizza, o dovrebbe caratterizzare, l’aiuto umanitario, l’assistenza ai migranti e la loro accoglienza.
Questi principi, contenuti nelle Dichiarazioni di Ginevra, adottati da tutte le Ong internazionali che fanno aiuto umanitario e garantiti dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa sono , infatti, oggetto di delegittimazione continua sin dai tempi della prima guerra del Golfo, via via sino a divenire chiaramente ostativi alla logica delle varie «guerre costituenti» operate per riconfigurare i rapporti di forza internazionali tra Paesi consumatori e trasformatori di risorse e Paesi fornitori di materie prime.
Ecco che, a fronte di guerre fuori da qualunque legittimità onusiana, e contro le richieste delle Ong di poter svolgere il proprio lavoro, scoprendo e denunciando così i crimini connaturati a queste guerre asimmetriche, era necessario disarticolare progressivamente il Diritto internazionale del Diritti uman, e sostituire le Ong indipendenti con altri attori non certo neurali ed indipendenti, come gli eserciti.
Dunque, si comincia con l’impedire alle Ong umanitarie di entrare nei teatri di guerra, se non ebbedded, poi le si costringe a limitare la loro azione in favore dei migranti in mare ed ecco che, infine, si invade il loro spazio sul territorio per chiarire che non esiste luogo protetto e neutrale ma che tutto e tutti sono sottoposti alla superiore legge dello «stato di eccezione permanente» giustificato dall’invasione migrante.
Il fatto che siano stati gendarmi francesi a farlo è solo una ulteriore prova del senso «costituente» col quale, oramai da qualche tempo, si intende ricostruire sia i rapporti di forza, e non più di collaborazione, tra Paesi comunitari, sia, più in generale, tra Europa e Paesi di migrazione.
Una nuova fase della politica interna comunitaria come risvolto di quella estera, insomma.
Ultima, ma non per importanza, la reazione delle destre sovraniste è quella di un cane che abbaia ma non morde dato che, se la memoria non condizionata dal momento politico, dovrebbero ricordare quante volte i migranti sono stati respinti con incursioni transalpine nei nostri confini sotto lo sguardo benevolo della Lega.
RAFFAELE K. SALINARI
foto tratta da Wikimedia Commons