Le elezioni siciliane sono un capolavoro di dimostrazione della grande incertezza politica che regna nel disordine sociale del Paese: votano solo quattro elettori e mezzo su dieci; si ricompatta il centrodestra facendo risorgere un sogno berlusconiano di competere questa volta con i grillini per la conquista di Palazzo Chigi; emerge, in questa metà di aventi diritto al voto, una voglia di cambiamento che non si esprime nell’indirizzo dei valori della sinistra ma nella protesta propagandata come “anticasta”; crolla la compagine nazionale di governo davanti allo storico radicamento di destra dell’elettorato isolano che si esprime in modo duplice.
In questo contesto, la Sicilia rappresenta bene ciò che potrebbe nella prossima primavera. E, nonostante tutto, “ritorneranno i prati”… anzi, le praterie sociali lasciate alla mercé del populismo onestista, del nazionalismo sovranista con un arrancamento della finta sinistra rappresentata da un centrosinistra altrettanto improbabile come proposta politica.
Notate un grande assente? Eh sì, siamo noi. I comunisti, la sinistra di alternativa.
Nell’attesa di sapere che saremo, che faremo, come ci chiameremo questa volta, sediamoci a bordo sala e guardiamo i giri di valzer… La musica non cambia, intanto…
(m.s.)
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