Falcone: «Per una nuova forza serve un leader di nuova generazione»

Il 18 novembre terranno un’assemblea nazionale «di restituzione del programma, con tavoli tematici in cui confluiranno le proposte arrivate dai territori e sulla piattaforma online. Lavoro, diseguaglianza, economia, Europa»...

Il 18 novembre terranno un’assemblea nazionale «di restituzione del programma, con tavoli tematici in cui confluiranno le proposte arrivate dai territori e sulla piattaforma online. Lavoro, diseguaglianza, economia, Europa» così la spiega Anna Falcone, avvocata e capofila dell’«alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza», a sinistra chiamata sbrigativamente ’quelli del Brancaccio’, dal teatro romano dove si sono autoconvocati lo scorso 18 giugno. Il numero degli iscritti al movimento ancora non c’è, spiega, «abbiamo attivato le adesioni online, per pronunciarsi sulle nostre proposte bisognerà fare un’iscrizione certificata. Ma ancora non abbiamo tirato le somme». Dopo l’assemblea quest’area confluirà – se ce ne sono le condizioni – con altre forze della sinistra in un’altra assemblea, a dicembre, per il varo di una lista unitaria. «Abbiamo chiesto che sia un’assemblea democratica, non solo confronto fra gruppi dirigenti. Bisogna dimostrare che cambiamo metodo, non solo proposta politica. Non dobbiamo rischiare di essere un’accozzaglia di sigle. Il nostro obiettivo è portare al voto almeno il 50 per cento degli elettori di sinistra che non vota più».

Avvocata, avete gelato gli entusiasmi dei vostri compagni di strada sul presidente Grasso. Non è ’il nostro programma vivente’ come lo definisce Nichi Vendola?
Ho la massima stima di Grasso, gli riconosco un’identità di sinistra che ha speso nella sua storia precedente da servitore dello stato. Ma dopo aver perso sei mesi dietro all’indicazione della leadership di Pisapia vorrei evitare di perdere altri mesi sull’indicazione di un altro leader, Grasso o no. Non sarà un leader più o meno carismatico a riportare al voto i delusi, ma riuscire a far capire che la nostra proposta può cambiare loro la vita. Anche in parte, sul lavoro, sulle diseguaglianze fra chi vive nelle periferie del paese o in quelle sociali.

Il problema è il metodo con cui scegliere un leader, o non volete un leader?
Intanto non vogliamo un leader indicato dai media, anche loro come la politica hanno un problema serio di scollamento dalla vita reale. Chiediamo di procedere per priorità: scriviamo un programma insieme, diamo risposte convincenti, e solo alla fine sceglieremo le migliori candidature e la migliore leadership che incarni quel programma. Invertire le priorità è segno di debolezza. Ed è debolezza cercarsi ogni volta un soggetto terzo, buono per la sua credibilità personale, a prescindere dal programma. C’è una nuova classe dirigente che emerge, una nuova generazione che dovrebbe prendersi la responsabilità di essere portavoce del progetto. Comunque a me piacerebbe una leadership diffusa.

Intanto di voi ’civici’ in prima fila siete sempre e solo in due, lei e il professore Montanari. Le vostra ’leadership diffusa’ quando arriverà?
Dopo l’assemblea del 18 novembre. Ma guardi che la stragrande maggioranza dei nostri incontri in giro per l’Italia si svolgono senza di noi.

Un leader della lista comunque dovrete sceglierlo. Il Rosatellum prevede che sia indicato il «capo della forza politica».
Chi incarna un programma dev’essere coerente con quello. Se scegliamo prima il leader svuotiamo di significato e di forza il programma. In una società quotata prima si sceglie la nuova mission e poi l’amministratore delegato giusto per la mission.

Ai tempi di Pisapia eravate contro un leader che aveva votato sì al referendum. Non va bene neanche chi è stato nel Pd?
Ci mancherebbe altro. Vogliamo costruire un campo largo e non facciamo liste di proscrizione. Se parla di Grasso, ripeto, è persona stimabilissima. Ma oltre al metodo c’è un problema di coraggio. Grasso è rassicurante perché ha servito lo stato. Ma gli italiani non ci chiedono di essere rassicurati, ci chiedono di essere coraggiosi. Se la leadership fosse nelle mani dei cittadini sono sicura che farebbero una scelta più coraggiosa.

Per Rifondazione, che partecipa alle vostre assemblee, ministri e esponenti dei governi del fu centrosinistra devono restare fuori dalle liste. Tradotto: no a Bersani, D’Alema. E altri. La pensa così anche lei?
Certo non possono essere leader. Ma per le candidature invito tutti, anche Rifondazione, a ricordare che le assemblee saranno democratiche e sovrane. Si converge su un programma, e tutto il resto arriverà in coerenza. Non credo che ci voterebbero se dicessimo: abbiamo un programma radicale, innovativo e coraggioso, alla Corbyn, alla Sanders, ma un leader della stagione dei governi precedenti. A Rifondazione ricordo anche di non iniziare dai veti che dividono. Abbiamo un obiettivo preciso: andare in parlamento per evitare che i suoi due terzi possano cambiare la Costituzione. Per questo dobbiamo far eleggere una seria rappresentanza di una nuova sinistra.

Davvero avete frenato la convergenza con Mdp per le offerte tattiche di dialogo di Speranza a Renzi?
C’è una parte di Mdp che continua a pensare in maniera ossessiva all’elettorato del Pd e fa passi comprensibili in quel mondo, volti a raccogliere l’elettorato in fuga dal Pd. Ma è una cosa incomprensibile all’esterno. L’elettorato in fuga dal Pd ci voterà non per i tatticismi e le stoccatine ma per un programma coraggioso, magari anche più di quello di Italia bene comune.

E ora con Mdp vi siete chiariti?
È un problema che deve chiarire Mdp al suo interno e con la sua base. Che viene alle nostre assemblee ed ha le idee chiare. Non capisco le timidezze dei dirigenti.

DANIELA PREZIOSI

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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