E’ di stamane l’intervista fatta da “la Repubblica” a Roberto Speranza di Articolo 1 – Movimento democratico progressista. Un colloquio che viene ripreso dalle maggiori televisioni nazionali nei telegiornali perché rappresenta un vero “scoop”, una notizia bomba: chi dalla sua nascita e per i mesi successivi aveva come nuovo soggetto politico giurato e ipergiurato che voleva creare una alternativa politica (quindi anche programmatica) al Partito democratico dal quale si era appena scisso, oggi afferma di essere pronto ad aprire non un semplice canale di comunicazione bensì un tavolo di trattativa con Renzi. “Dialoghiamo” è il verbo che riassume il tutto.
La vicenda di MDP è veramente unica nel suo genere, sebbene la sinistra italiana abbia nel corso dei decenni passati visto molte anomalie crescere e formarsi in seno a contraddizioni che potevano anche avere una ragione d’essere iniziale.
L’unicità e la particolarità del percorso tracciato fino ad ora da MDP si risolve nel proclamarsi anzitutto motore di un nuovo “centrosinistra” da rifondare dopo l’abbandono della medesima idea del centro unito alla sinistra da parte del PD renziano. Consci sia Bersani sia D’Alema che questo obiettivo non sarebbe stato raggiungibile a breve termine nemmeno dopo la manifestazione in piazza Santi Apostoli a Roma con Giuliano Pisapia dove tentarono di lanciare un nuovo soggetto politico dall’infausto nome di “Insieme”, le anime del movimento che si ispira all'”articolo 1″ della Costituzione repubblicana si sono separati in casa: nonostante i gruppi parlamentari unificati, nonostante quotidiane smentite e ripromesse di unione e di cammino comune per una lista alternativa al PD (in quanto all’antiliberismo siamo molto, molto lontani…), sono venute avanti due differenti interpretazioni dell’attuale scenario politico italiano.
La prima è quella della coerenza bersaniana nel reclamare la ricostruzione dell’onnipresente assente “centrosinistra”, definiamolo 2.0 come si usa fare oggi…
La seconda è quella di un’altra coerenza, quella dalemiana che invece punta – seppur timidamente e senza voler comunque spaccare verticalmente MDP – ad indicare la via nell’associazione con Possibile, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista (il vero e giusto ostacolo unitario per alcuni ma non per tutti) per dare vita a quel Quarto polo che sia alternativo a tutte le altre forze politiche in campo.
L’intervista che “la Repubblica” oggi fa a Roberto Speranza sembra aver ricompattato in qualche modo queste due visioni apparentemente opposte: l’apparenza è d’obbligo da citare, perché da quando è nata, MDP ha vagato da sonnambula, a tentoni, senza utilizzare i sensi politici nella loro completezza.
Ha dato la sua disponibilità a chi dalla grande assemblea del Teatro Brancaccio vuole avviare un progetto politico di sinistra di alternativa e, contemporaneamente, però non ha mai escluso l’ipotesi che oggi Roberto Speranza rimette in campo: una unità politica col PD per “battere le destre”, visto che il Rosatellum è stato sapientemente concepito dalla maggioranza di governo per costruire coalizioni che il giorno dopo possono anche dirsi liberamente addio in Parlamento.
Ciò che conta è arrivarci. E per arrivarci l’essere in coalizione è certamente una situazione più favorevole della corsa solitaria anche se più aderente a princìpi di coerenza politica con i bisogni che si pretendono di rappresentare.
Così stando le cose sembra del tutto evidente che ciò che andiamo scrivendo da mesi è confermato oggi: attendere ancora chi è indeciso, rimandare per aspettare chi tenta di capire come salvarsi e non come costruire una vera sinistra di alternativa è fare del male proprio a questo importante impegno che vede pochissimi mesi davanti a sé per riuscire ad essere riconoscibile politicamente dall’intero corpo sociale della popolazione.
Tutto ciò tenendo ben presente che, se andasse in porto una alleanza tra PD e MDP, la presentazione tanto della coalizione quanto delle singole forze politiche come le uniche capaci di sbarrare la strada alle destre sarebbe uno degli argomenti più gettonati nella propaganda elettorale presentandosi come “il voto utile”. Un alibi ben congegnato per attrarre tanto i voti della buona borghesia imprenditoriale al centro e quelli degli sfruttati a sinistra.
Ciò che Roberto Speranza dunque invoca come elemento costruttore di una alleanza con il PD, ossia quella missione salvifica legata all’enunciato del “battere le destre”, è l’unico appiglio possibile per giustificare una retromarcia che sconfessa le ragioni della scissione stessa operata nei confronti del PD.
Avevano ragione allora Cuperlo e Orlando: rimanere dentro la grande casa renziana per provare a modificarne la rotta oppure per provare a contare ancora qualcosa in termini di rappresentanza anche di giustissime ragioni di alternanza tra maggioranza e minoranza del partito.
Dalle carrozze del Frecciabianca “Destinazione Italia” Renzi manda a dire ancor prima dell’intervista speraziana che si può aprire ad una ricomposizione a sinistra del centrosinistra. Quindi tutte le premesse del caso esistono per poter vedere seduti attorno allo stesso tavolo PD, MDP, Campo progressista e Alternativa popolare di Alfano.
Tutti insieme per battere, da destra, altre destre. Per sembrare di sinistra alcuni, di centrosinistra altri, difensori della democrazia: nonostante il 4 dicembre scorso.
MARCO SFERINI
22 ottobre 2017
foto tratta da Pixabay