Il ritorno della messa al bando del comunismo

Soragna è un bellissimo comune del parmense. Conta circa 4.800 anime ed ha tra i suoi personaggi illustri Domenico de’ Marenghi, altrimenti conosciuto come “Riccio da Parma” che con Ettore...

Soragna è un bellissimo comune del parmense. Conta circa 4.800 anime ed ha tra i suoi personaggi illustri Domenico de’ Marenghi, altrimenti conosciuto come “Riccio da Parma” che con Ettore Fieramosca partecipò ad una storia che è diventata leggenda: la “Disfida di Barletta” in cui tredici cavalieri italiani sconfissero tredici cavalieri francesi che li avevano insultati definendoli “codardi”.
Soragna, dunque, è un comune che ha dato i natali ad un cavaliere che ante litteram si è battuto da italiano per l’onore di un paese che non era ancora una nazione e che era diviso in tanti staterelli.
Nel comune di Soragna accade, 514 anni dopo la Disfida di Barletta, che si presenti in Consiglio comunale una “Mozione per la messa al bando dell’ideologia comunista“. Una nuova “disfida” dunque, ma per niente onorevole, molto poco storica, per niente aderente ai princìpi costituzionali cui ci dovrebbe uniformare tutte e tutti la Costituzione della Repubblica.
Si legge nella mozione, testualmente, che l’impegno richiesto al Sindaco è “avanzare al Governo la richiesta di perseguire penalmente con pene severe chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito comunista“.
Vorrebbe essere una risposta alla Legge Fiano che rimarca come il fascismo e il nazismo siano due fenomeni politici da non propagandare né con fraseologie né con simbologie tanto del ventennio mussoliniano quanto del dodicennio hitleriano.
Secondo i consiglieri comunali di Soragna, il comunismo avrebbe “cagionato la morte di oltre cento milioni di persone sotto il simbolo falce e martello“: è una sommatoria di vittime di regimi che si sono richiamati al comunismo, che erano certamente differenti dalla necessaria evoluzione statale del socialismo insieme alla democrazia che è, leggendo la storiografia del ‘900, il grave problema della traduzione nella praticità quotidiana di valori universali di uguaglianza sociale e civile che non ha trovato una soluzione complessivamente felice e compiuta.
Ma il dato storico non consente di affermare semplicisticamente che il comunismo ha fatto cento milioni di morti perché mentre tutte le forme di fascismo conosciute (italiano, tedesco, spagnolo, cileno, argentino, croato, portoghese, greco, eccetera, eccetera…) sono state spietate dittature  che hanno messo in catene le libertà dei popoli, ciò che differenzia l’idea di comunismo dal comunismo presuntamente chiamato tale e diventato nella vulgata “socialismo reale” (o “realizzato”) è proprio il fatto che sono convissute forme di torsione autoritaria in nome di una idea di piena libertà individuale e sociale accanto all’idea stessa che non trovava concretizzazione reale se non sul piano dell’opposizione politica attraverso lo sviluppo di associazioni democratiche chiamate partiti.
In Italia, in Francia, in Spagna, in Germania, ovunque, i comunisti hanno lottato per battere i fascismi che nel corso dei decenni si sono affacciati sulla scena del presente che diventava velocemente storia.
Venti milioni tra civili e soldati sovietici sono morti per abbattere il Terzo Reich di Adolf Hitler, per aprire i cancelli di Treblinka, di Auschwitz e di tutti i campi di sterminio e di concentramento innalzati dalla Germania nazista.
Se vogliamo giocare al soppesamento dei morti, e quindi fare della storia un piccolissimo Monopoli di bassa lega, allora dobbiamo iniziare a fronteggiare le cifre dimenticandoci le tragedie disumane che hanno attraversato il ‘900.
Come tutte le operazioni d revisionismo storico, anche questa tende a generalizzare e ridurre ad un semplicismo tale complessi eventi che si possono comprendere nella loro pienezza solo studiano decine di testi che entrano nel merito meticolosamente, senza lasciare alla propaganda e al sentito dire nulla di più della necessità della trasformazione della storia in una sequela di frasi retoriche prive di riscontro politico oltre che storico.
Il motivo per cui il comunismo non è fuorilegge mentre il fascismo lo è, sta tutto nella storia del nostro Paese: nella sua rinascita democratica avvenuta grazie alla lotta antifascista iniziata nel 1919 con articoli di denuncia dell’inizio di un periodo buio per l’Italia e terminata nell’aprile del 1945 con la fucilazione di Mussolini e di gran parte della cricca criminale che il duce aveva rimesso in piedi a Salò con l’aiuto di Hitler.
Se davvero occorre oggi, nel 2017, spiegare come mai i comunisti sono parte attiva anche se poco visibile della politica di questo Paese e non sono equiparabili ai fascisti è perché sta venendo meno una presa di coscienza anche della storia italiana ma soprattutto della storia universale, mondiale ed europea. Non si può decontestualizzare nulla e le contraddizioni tra ideologia e messa in pratica della medesima venute a galla nel corso del ‘900 sono state tutte evidenziate proprio da quei comunisti libertari che interpretano molto bene lo spirito originario del “Manifesto del partito comunista” e del marxismo in generale.
Un approccio storico come quello proposto dalla mozione approvata dal Consiglio comunale di Soragna è assimilabile ad una demoralizzazione dei fatti e ad una espulsione dei valori costituzionali dal contesto che si vuole creare oggi: si chiede ad un sindaco di invitare il governo della Repubblica a perseguirci penalmente perché siamo comunisti.
Nella Costituzione è scritto che i criminali sono i fascisti e tutti coloro che fanno politica seguendo le idee del fascismo, tanto che venne vietata “sotto qualsiasi nome la ricostituzione del disciolto partito fascista”.
Ecco dove sta la differenza, la storia ce ne parla mentre ci pensiamo scrivendo: il Partito Comunista d’Italia è stato condannato alla clandestinità dal fascismo, e così i sindacati e le organizzazioni liberali e cattoliche. Il fascismo ha distrutto moralmente e materialmente l’Italia.
I comunisti hanno lottato per restituire all’Italia onore, dignità, pace, giustizia e libertà. Lo hanno fatto, non senza problemi anche ideologici, combattendo con liberali, democristiani, monarchici, socialisti  nel Comitato di Liberazione Nazionale.
Al di fuori del fascismo non c’era una idea di libertà ed uguaglianza sociale e civile. Il fascismo era ciò che si è fatto Stato, potere nel potere, potere sul potere.
Al di fuori del “socialismo reale” c’è invece la vera proposta politica che vuole liberare gli esseri umani dalla schiavitù del lavoro salariato, superando il sistema capitalistico.
Non si può affermare che comunismo e fascismo sono estremismi paralleli: sono un grande movimento d libertà il primo e un grande crimine il secondo.
Che poi da una idea di libertà possano derivare anche storture che la contraddicono apertamente attraverso processi storici che non possono essere derubricati, è innegabile. Ma non va negato, molto semplicemente. Va contestualizzato il tutto.
Stalin, Pol Pot, Mao Tse Tung hanno compiuto ciascuno gesta anche meritorie prese singolarmente, ma tutti e tre hanno tradito il comunismo e lo hanno legato alla palla al piede dell’immagine, unica e indissolubile, del socialismo reale, della Rivoluzione culturale cinese, dei Khmer rossi in Cambogia.
Molto differenti sono invece le vicende storiche vietnamite e cubane, così come i tanti movimenti di liberazione anche nazionale che si sono sviluppati partendo dal marxismo e dalla critica senza appello del capitalismo come società che nega la natura umana in nome del profitto.
Ho scritto molto per provare a dire molto, ma mi rendo conto che avrei potuto essere sintetico e criticare la mozione leghista di Soragna dicendo che il mio comunismo è quello della Comune di Parigi sterminata nel sangue dalle truppe di Thiers; il mio comunismo è quello di Rosa Luxemburg che è stata uccisa dai socialdemocratici tedeschi; il mio comunismo è quello di Lenin e non certo quello di Stalin che nega l’internazionale dei lavoratori; il mio comunismo è quello di Ernst Thälmann (se non sapete chi è, forse è venuto il momento di conoscere questa grande figura di essere umano, di comunista) morto in un campo di concentramento nazista; il mio comunismo è quello di Antonio Gramsci portato alla morte dal regime fascista; il mio comunismo è quello delle compagne e dei compagni del Partido Obrero de Unificacion Marxista spagnolo durante la guerra civile; il mio comunismo è quello dei partigiani e delle partigiane che sono crepati nella nostra guerra civile, assassinati dai mitra fascisti, dalle torture di via Tasso, dalle stragi nei paesi di montagna; il mio comunismo è quello di Giovanni Pesce, il comandante “Visone”, medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza; il mio comunismo è quello di Enrico Berlinguer che aveva visto per tempo tutte le contraddizioni tra mondo sovietico e comunisti italiani (e non solo…); il mio comunismo è quello di Peppino Impastato, di Walter Rossi, Valerio Verbano e di tutti i giovani del dopoguerra che si sono battuti contro ogni tipo di ingiustizia: dalla piaga della mafia a quella del neofascismo golpista che tentava di rialzare la testa e di replicare in Italia ciò che era accaduto in Cile o in Grecia…
Il mio comunismo è la voglia di cambiare il mondo che aveva Carlo Giuliani. Il mio comunismo è la voglia di esportazione della rivoluzione di Ernesto Che Guevara, la voglia di poesia di Pablo Neruda, la dolcezza della sofferenza di Pier Paolo Pasolini, il tratto artistico di Pablo Picasso, l’allegria delle filastrocche di Gianni Rodari.
Il mio comunismo, dunque, è critica continua, continua ricerca, nel dubbio, di una strada da percorrere per non far morire, sotto il peso del qualunquismo, di nuovi autoritarismi generatori di odio a buon mercato e di nuova banaità del male, l’unica possibilità di conciliazione di una vita armoniosa tra esseri umani e natura.
E poi, del resto, come disse Gramsci davanti al Tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato poco prima di ricevere una condanna a venti anni di carcere per evitare che il suo cervello potesse pensare…: “Se l’essere comunista comporta delle responsabilità, le accetto.”.
Nonostante tutto, l’idea che propone il movimento comunista fa ancora molta paura: è l’unica alternativa al pensiero dominante che si esprime multiformemente. E’ un bene che faccia paura, perché altrimenti non avrebbe alcun significato, nessuna ragione d’essere.

MARCO SFERINI

28 settembre 2017

foto tratta da Pixabay

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