«Siamo giovani aquile! Ragazzi e ragazze! Noi siamo giovani falchi! Nazionalisti! Un-due!». È quanto gridano dei bambini mentre marciano in un campo di addestramento militare vicino a Kiev, dove si insegna a centinaia di minorenni a diventare futuri combattenti ucraini.
Sono i primi fotogrammi del documentario shock tramesso 5 giorni fa dal canale americano Nbc, su queste «colonie» create appositamente dal «Battaglione Azov», per fornire i primi rudimenti all’uso delle armi a ucraini tra i 9 e i 17 anni. I campi esistono dal 2015, ma solo ora delle macchine da presa hanno avuto l’autorizzazione a entrarvi.
Il Battaglione Azov è un corpo di volontari ucraini fondato nel 2014, subito dopo inizio della guerra civile nel Donbass, da un gruppo di neofascisti. L’«Azov» si richiama apertamente alle gesta fondatore del nazionalismo di destra Stepan Bandera che durante la seconda guerra mondiale collaborò con le truppe naziste.
Dal novembre 2014, il Battaglione Azov è stato integrato dal governo di Petr Poroshenko nella Guardia Nazionale e combatte contro le autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk a fianco dell’esercito ucraino regolare.
L’«Azov» fa parte della «Assemblea Nazionale” un raggruppamento che include altri gruppi di estrema destra come Pravy Sektor e Svoboda. Amnesty International nel 2016 ha inserito l’«Azov» tra le formazioni armate che non rispettano i diritti umani dei prigionieri. In un rapporto pubblicato dalla ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani si afferma che il battaglione «commette regolarmente crimini di guerra: saccheggio, pestaggio di civili, tortura, violenza sessuale».
Nei campi di addestramento dell’«Azov« ci si sveglia alle 3 del mattino: si inizia la giornata con una frugale colazione e canti nazionalisti. Il New York Times ha intervistato nell’edizione dell’altro ieri, una delle partecipanti al campo, la quindicenne Sonia. «Dopo gli esercizi fisici del mattino si può scegliere gli approfondimenti a cui partecipare: la storia, la medicina o la preparazione tattica. Se si sceglie quest’ultima si impara ad avere confidenza con le armi e impariamo come montarle e smontarle rapidamente» spiega la teenager.
In altre sessioni si impara a rispettare la disciplina militare, a strisciare sui gomiti nel fango fino all’esaurimento delle forze, a conoscere la storia del movimento nazionalista. «La giornata finisce intorno al fuoco. E intorno alle sacre fiamme condividiamo i nostri pensieri. È importante rilassarsi dopo una dura giornata» aggiunge Sonia. Sasha, 9 anni appena, dice «di aver sognato di venire al campo già lo scorso anno» ma non era stato accettato perché ancora troppo piccolo.
«Noi non siamo di sinistra, non siamo comunisti, non siamo fascisti e neppure nazisti. Noi siamo nazionalisti. Noi vogliamo che questi bimbi imparino ad amare l’Ucraina, a non tradirla» afferma uno degli istruttori di questa particolarissima «colonia». Peccato che si insegni che la rivoluzione russa è stata una congiura di ebrei al servizio dei tedeschi e la liberazione del paese dai nazisti una invasione neocoloniale russa.
L’appartenenza dell’«Azov» al neofascismo europeo è talmente nota, che persino il Congresso americano nello stanziare lo scorso maggio 150 milioni di dollari a favore dell’esercito ucraino ha ritenuto necessario specificare che in nessun modo i finanziamenti dovranno andare al tanto discusso battaglione. Tuttavia alcune agenzie di stampa russe sostengono che i soldati dell’Azov riceverebbero uno stipendio di 1.000 dollari al mese mentre quello degli ufficiali oscillerebbe tra i 3-5000.
In un paese in cui i salari stagnano intorno ai 150 dollari, viene da chiedersi se più che un battaglione di volontari ci si trovi di fronte a un gruppo di mercenari. La cultura nazionale ucraina nel campo di addestramento non viene insegnata a questi bimbi attraverso gli straordinari versi di Taras Shevecenko o le commoventi storie di operai e contadini dei romanzi di Ivan Franko, ma con poche nozioni rabberciate in cui si esalta lo slavismo tradizionalista antioccidentale. Democrazia, rispetto dei diritti dei gay, cosmopolitismo sono definiti «elementi di decadenza sociale» da combattere.
YURII COLOMBO
foto tratta da Pixabay