Fino al 2010 Aniello, Alfredo, Massimiliano e Vincenzo lavoravano in Fata Logistic System, si occupavano dello smistamento della componentistica dell’Ansaldo di Napoli, entrambe società controllate dal colosso pubblico Finmeccanica. Sette anni fa, con altri colleghi, vengono esternalizzati: lavorano ancora in Fata ma il contratto ce l’hanno con l’agenzia interinale Quanta. Nel 2015 Finmeccanica vende Ansaldo Breda e Sts ai giapponesi dell’Hitachi, l’anno dopo modifica la denominazione in Leonardo. Lo scorso marzo le condizioni cambiano ancora, in 48 vengono ricollocati: per 30 operai ci saranno sei mesi come somministrati Quanta in Hitachi per poi passare definitivamente in azienda; 14 vanno da subito in Leonardo, nel sito ex Alenia di Pomigliano d’Arco. Aniello, Alfredo, Massimiliano e Vincenzo restano senza destinazione.
«A settembre saremo ufficialmente disoccupati – racconta Alfredo -. Lo scorso 31 marzo ci hanno convocato nella sede di Confindustria, ci hanno chiesto di firmare la conciliazione con Fata, Quanta e Hitachi con tanto di “nulla a pretendere” dalle tre aziende. Abbiamo domandato: e dove ci ricollocate? Ve lo diciamo entro sei mesi la risposta, non abbiamo firmato. Dopo 50 giorni di silenzio ci siamo rivolti a un avvocato così ci hanno richiamato per proporci di lavorare a Porto Marghera con Quanta, dopo un anno avremmo fatto un corso per tubisti in attesa che si aprisse una possibilità di essere assorbiti in Fincantieri a Castellammare di Stabia. Cioè un enorme punto interrogativo. Abbiamo rifiutato. Da quindici giorni siamo in presidio permanente all’ingresso della fabbrica insieme al Si cobas e per ritorsione l’azienda ci ha dimezzato lo stipendio».
Incatenati ai cancelli, osservano il via vai dei dipendenti: «Il lavoro c’è e pure tanto – prosegue Alfredo -, fanno tre turni, solo a Napoli sono 1.800 assunti diretti. Circa 40 nuovi interinali sono entrati da marzo sempre con Quanta e altri 240 sono già previsti. Molti nostri ex colleghi ci vedono e neppure ci salutano, hanno paura di fare la nostra fine. L’azienda ha raccontato di averci offerto un posto da 10 mila euro all’anno che abbiamo rifiutato perché non abbiamo voglia di faticare». Alfredo ha 59 anni, per due decenni ha lavorato nel perimetro dell’Ansaldo Breda: «Ero iscritto alla Cgil ma non ho mai fatto politica. Mia moglie pensa che l’azienda mi abbia punito per qualcosa che ho combinato, ma non è vero. Sono di Pomigliano e nel mio paese penseranno che non sono capace se non mi hanno mandato con gli altri in Leonardo. La verità è che avranno sistemato quelli che volevano e a noi ci hanno buttato via. Ci siamo rivolti persino alla Chiesa, ma non hanno fatto nulla».
Massimiliano è incatenato al presidio dal primo giorno: è andato in depressione e ha tentato il suicidio, l’ha salvato la figlia. Aniello è a Genova: un mese fa è diventato papà, la bimba è nata con un tumore al cervello, è ricoverata all’ospedale Gaslini e lotta tra la vita e la morte. Vincenzo ha una figlia ventenne disabile costretta su una sedia a rotelle, la moglie Lucia, mercoledì scorso, è salita all’alba sul tetto dell’Hitachi: in mano una bottiglia di benzina con cui minacciava di darsi fuoco, ha resistito dodici ore poi si è sentita male ed è stata soccorsa. La direzione per tutto il giorno ha impedito che le fosse inviata su persino l’acqua. Domenica scorsa sono andati a Roma da papa Francesco, hanno consegnato una lettera alla segreteria vaticana. Il 9 luglio hanno occupato simbolicamente il Duomo di Napoli con lo striscione «Quattro operai licenziati senza motivo. Quattro famiglie senza reddito». Il primo agosto è previsto un incontro in prefettura, parteciperanno Fata e Quanta, Hitachi e Leonardo hanno già fatto sapere che non ci saranno.
I senatori di Sinistra Italiana, primi firmatari Giovanni Barozzino e Peppe De Cristofaro, hanno presentato il 18 luglio un’interrogazione al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «Il numero uno di Leonardo, Mauro Moretti, alla Camera aveva dichiarato: “Dopo tre anni di profonda ristrutturazione fatta senza licenziare nessuno, ora è il momento della crescita”, dopo estenuanti trattative si è arrivati a un piano di ricollocamento, che però sta lasciando a casa quattro lavoratori in condizioni economiche e familiari precarie, né sarà facile per loro immettersi in nuovi circuiti lavorativi, considerata l’età e il tessuto socio-economico. Si chiede se il ministro non ritenga assolutamente prioritario intervenire urgentemente per ripristinare il rapporto lavorativo, se non ritenga necessario monitorare, con maggiore attenzione, i piani di ristrutturazione delle grandi aziende, in particolare laddove lo stato ne sia il maggiore azionista». Giovedì il manifesto ha pubblicato un appello a sostegno dei quattro operai, a cui si può sempre aderire.
ADRIANA POLLICE
foto tratta da Pixabay