La memoria del G8 rischia il macero

Materiale processuale. Nei faldoni c’è tutto il lavoro di avvocati e volontari che hanno analizzato atti, video e fotografie. Per la Corte europei dei diritti umani «la polizia italiana ha «impunemente» rifiutato di collaborare

Si dice spesso che la memoria di Genova 2001 sia condivisa da tanti. Si è parlato per anni di memoria come «ingranaggio collettivo»; su Genova un po’ tutti si sono espressi ma di sicuro quelle giornate, quanto accaduto e poi i suoi risvolti, quasi infiniti, processuali, fanno parte della storia recente del paese. Tutto quanto è stato detto, filmato, fotografato e poi discusso nelle aule di tribunale, dovrebbe costituire un valore irrinunciabile per comprendere gli ultimi anni di storia italiana e per permettere ricerche e consultazione.

Eppure oggi l’archivio che custodisce tutta la storia del G8 genovese – composto da 308 faldoni – rischia il macero, perché nessuno sembra volerlo ospitare, rendendolo così pienamente accessibile al pubblico, a studenti, a ricercatori o semplicemente a chi voglia dargli un occhio.

Da Genova dunque è partito un appello, raccolto e raccontato da Katia Bonchi su Genova24. Nei faldoni c’è tutto: c’è il lavoro di avvocati e volontari che hanno «scannerizzato atti processuali, analizzato una marea di video e fotografie provenienti dalle fonti più disparate, ascoltato comunicazioni radio e preparato le udienze dei tre grandi processi principali, quello contro i manifestanti accusati di devastazione e saccheggio ma anche quelli contro le forze dell’ordine per i fatti della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto».

Sicuramente andrebbe anche agevolata una modernizzazione della loro catalogazione: all’epoca i documenti vennero trasformati nel formato «ocr»; oggi la tecnologia consente passaggi più semplici e riuscite maggiori, ma rimane il fatto che tutto quel materiale rischia di non trovare chi lo custodisca e aiuti nella sua migliore organizzazione.

Come scrive Genova24 «gli uffici dove sono custoditi e che ospitarono la segretaria legale del G8 infatti sono sotto sfratto e dovranno essere sgomberati a breve».
A custodire, catalogare e tenere a disposizione di chi volesse consultarlo, il materiale dell’archivio è stato in questi anni Carlo Bachschmidt (architetto e regista, autore del docufilm Black Bloc) che di quella segreteria «fu il coordinatore oltre che consulente tecnico per gli avvocati e che ancora oggi cura la rassegna stampa sul G8».

Baschschmidt aveva accordi con il Comune, ma a un certo punto tutto si è interrotto. Allora anche sulle pagine del manifesto invitiamo a farsi avanti per fornire una soluzione che permetta il mantenimento e il miglioramento dell’archivio, dimostrando che davvero quella di Genova è una memoria condivisa e in grado di essere utile anche oggi. La memoria, non può né essere responsabilità di pochi, né può rischiare di sparire per questioni burocratiche.

Negli ultimi mesi, si era fatta largo l’ipotesi di un trasferimento nell’archivio storico del Comune di Genova a Palazzo Ducale, con la disponibilità anche di un investimento per completare la classificazione dei documenti.

Il neo assessore alla Cultura del Comune di Genova, Elisa Serafini, specifica Genova24, ammette di non essere stata finora a conoscenza del problema ma manifesta disponibilità e prova a lanciare una soluzione: «Dopo l’approvazione dell’assestamento di bilancio cercherò di capire la disponibilità dell’archivio storico ma credo che l’unica soluzione possibile sia digitalizzare queste memorie che, al di là di ogni ideologia, devono essere conservate e rese disponibili alla consultazione da parte di studiosi e semplici cittadini. Un po’ come il progetto che stiamo realizzando con i documenti dei migranti italiani che da Genova si sono imbarcati per l’Argentina e sono custoditi alla Commenda di Prè».

SIMONE PIERANNI

da il manifesto.it

foto tratta da Wikimedia Commons

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