Doveva essere uno, alla fine ieri sono diventati due i documenti contro il rischio concreto delle future nuove larghe intese fra Pd e Forza Italia. Il primo viene firmato da 31 senatori di area orlandiana (fra loro Chiti, Mucchetti, Sposetti e Tocci) e si schiera contro la fine anticipata della legislatura e contro la legge proporzionale che ieri la nuova direzione Pd ha approvato. «Produrrebbe ingovernabilità ed instabilità», è il giudizio che viene ripetuto nel tardo pomeriggio dal ministro Andrea Orlando.
Il secondo appello è firmato da altri 31 eletti, stavolta di diversi gruppi (Art.1, misto, Centro democratico). Oggi arriveranno altre firme. Ma intanto ce ne sono tre del Pd: Luigi Manconi, Franco Monaco e, di nuovo, Massimo Mucchetti. Qui l’accento è sul nuovo centrosinistra ormai alle spalle: «Il Pd sembra abbia abbandonato l’idea di ricostruire il campo dei progressisti», dice, «si va costruendo in queste ore l’ennesimo forzoso tentativo di porre fine alla legislatura per iniziarne un’altra nello stesso modo in cui è finita la precedente: governando con la destra, accordandosi con Berlusconi».
Non è detto che la trentina di orlandiani arrivi davvero a non votare la legge elettorale similtedesca. Come, al contrario, è molto improbabile che Mdp voti un sistema elettorale che Renzi ha disegnato a tutto vantaggio del suo partito. Ma c’è chi segnala l’inizio di una «contaminazione», come spiega uno dei firmatari, l’ex Pd Davide Zoggia. «Questo dimostra che c’è il margine per una storia nuova, che parli a un paese senza slogan. I prossimi giorni saranno determinanti», prevede Alessandro Capelli, coordinatore di Campo progressista. E ancora Zoggia: «Nelle prossime settimane ci sarà un’accelerazione».
Un’accelerazione verso il voto, certo. Ma che a sinistra dovrebbe portare, come augurabile effetto collaterale, l’impegno finalmente esplicito di Giuliano Pisapia sul fronte della nuova «casa comune». Se non proprio alla guida. Oggi il sindaco potrebbe annunciarlo da Bruxelles, dov’è per un’iniziativa di Campo progressista. Il lancio è invece fissato a Roma il primo luglio, subito dopo i ballottaggi. La «casa» dunque non potrà che prendere una strada lontana e opposta al Pd.
Renzi non se ne preoccupa, anzi il leader con i suoi se lo augura con baldanza: è pronto a lanciare la campagna per il «voto utile» a favore «della vera sinistra, cioè noi» proprio «per scongiurare le larghe intese». Ieri lo ha persino anticipato alla direzione: «Noi siamo il centrosinistra».
Se ne preoccupa invece, e parecchio, Orlando, ormai ridimensionato nel suo ruolo nel partito. La distanza fra lui e il segretario è ogni giorno più incolmabile. Anche per questo la sua componente, come quella di Michele Emiliano, non farà parte della nuova segreteria (annunciata ieri: Richetti, Guerini, Serracchiani, Andrea Rossi, Ricci, Nannicini, Giachetti, Bellanova, Giusi Nicolini, Marcianò, Benedetta Rizzo, Elena Bonetti). Il ministro della giustizia ieri in direzione ha attaccato gli ex compagni di Mdp, accusandoli di aver fatto saltare il Rosatellum per «vendetta politica» e per il «calcolo cinico» della campagna elettorale. Ma poi ha inutilmente ammonito Renzi della strada in cui sta avventurando il Pd: «Sarà un nostro problema spiegare come un esito probabile di questa campagna elettorale, cioè la costruzione di un’alleanza con Fi, sia compatibile con un disegno riformista del Paese. Può darsi che riusciremo a spiegare che con un risultato eccezionale eviteremo questo rischio. Io lo farò, non so se sarà sufficiente».
Ormai il tempo è scaduto. Lo spiega Nicola Fratoianni, che a Renzi ha detto il suo sì da sinistra al simil-tedesco, l’unico sì fin qui (Renzi lo ha sottolineato parlando di «significativa convergenza» di Fi, M5s, Sinistra italiana e Lega). Il segretario di Si tira le somme su Huffington post: «Chi spera nel centro-sinistra domani deve contribuire oggi a costruire la sinistra che in Italia non c’è ancora». Basta «fare la corte a Renzi», serve subito, prima dell’estate, «una lista unitaria di tutte le forze di sinistra e aperta al civismo e alla società civile». Il «corteggiatore» sarebbe l’ex sindaco di Milano, la quadra – a cui lo sbarramento del 5% obbliga – non sarà semplice. Ma per Fratoianni questa parte della discussione è superata: «Pisapia fatica ad accettare che una fase si è chiusa con la sconfitta del centro-sinistra nel 2013».
DANIELA PREZIOSI
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