Tutto ciò che restringe la libertà del singolo, a scapito poi della intera collettività come riflesso condizionato, di caduta non evitabile, dovrebbe essere incostituzionale.
In nome della “sicurezza” sono state commesse le peggiori violazioni proprio dei diritti più elementari che dovrebbero invece garantire uno stato di tranquillità pressoché generale a chiunque vive, entra o esce nel e dal territorio italiano.
Ma oggi bisogna creare prima i presupposti e poi le conseguenze legislative per aiutare la gente a nutrirsi di paura, di odio, mai di speranza, mai di solidarietà, mai di una visione egualitaria, se non economicamente parlando – perché questo spetta alle comuniste e ai comunisti e alle donne e agli uomini della sinistra vera, di alternativa – almeno sul piano della socialità.
Invece tanti muri invisibili sono stati edificati dai pregiudizi, dalle incontrollabili paure che ne derivano e che sono gestibili solo con la violenza del singolo che si arma, che si “difende” e che quindi oblitera il diritto, il patto comune delle regole scritte per fare dello Stato, per l’appunto, il punto di incontro di una comunità.
Così si peggiora soltanto una situazione che resta emergenziale perché, molto semplicemente, lo è nel resto del mondo che ci è più vicino.
Si possono scrivere tutti i decreti securitari che si vogliono, ma non si risolverà la questione più dirimente: mostrare e dimostrare ai cittadini italiani che la sicurezza esiste se si conoscono i problemi fino in fondo, non se ci si ferma alle urla delle trasmissioni televisive, agli stereotipi più inflazionati sui migranti, sui rom, sui sinti, sulle diversità di ogni tipo.
Serve una nuova educazione civica e sociologica, non un decreto per le più facili espulsioni…
(m.s.)
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