I dati Inps e le pensioni: cancellare la Fornero e il Fiscal compact

Gli ultimi dati sulle pensioni dicono tre cose. La prima è, come sottolinea l’Inps stesso, che  vi è “una forte concentrazione nelle classi basse”, cioè la maggior parte delle...

Gli ultimi dati sulle pensioni dicono tre cose.

La prima è, come sottolinea l’Inps stesso, che  vi è “una forte concentrazione nelle classi basse”, cioè la maggior parte delle pensioni sono povere.

L’entità delle pensioni non corrisponde per fortuna al reddito complessivo dei pensionati/e, perché vi sono persone che hanno più assegni pensionistici o comunque altre forme di reddito, ma è certamente vero che se nel 26% dei casi l’assegno è sotto i 500 euro mensili e nel 63% sotto i 750 euro, la gran parte dei pensionati vive in condizioni di disagio ed in molti casi sotto il livello di povertà.

La seconda è la diseguaglianza tra donne e uomini nelle prestazioni previdenziali. I percorsi lavorativi discontinui e le retribuzioni inferiori fanno sì che gli assegni sotto i 750 euro per le donne siano il 76,5%, nettamente superiori alla media del 63,1%.

Le donne scontano, anche quando vanno in pensione, tanto il carico del lavoro riproduttivo quanto il perdurare degli elementi di inferiorizzazione nelle carriere lavorative.

La terza è la diminuzione del numero delle pensioni nel corso degli ultimi 5 anni: -2,7% dal 2013 ad oggi a fronte del +6,1% dal 2004 al 2012.

E’ l’altra faccia della medaglia dell’andamento dell’occupazione.  I dati Istat indicano che nel mese di gennaio 2017 rispetto ad un anno fa ci sono 236mila occupati in più, ma se si guardano le fasce di età viene fuori un’altra storia: diminuiscono di 131mila gli occupati fino a 49 anni mentre aumentano di 367mila gli occupati ultracinquantenni.

L’occupazione in più in sostanza è il frutto tanto dei miliardi buttati nella decontribuzione associata al Jobs Act (circa 18 miliardi nel triennio 2015-2018) quanto della controriforma Fornero che inchioda al lavoro gli adulti/anziani, tenendo fuori tutti gli altri.

Boeri suggerisce di intervenire sui vitalizi per ridurre il sostegno di cui godono “i populisti”. Da tempo chiediamo di intervenire sui vitalizi, ma non basta a risolvere i problemi. Tagliare i vitalizi è giusto perché elimina una condizione di privilegio, ma le risorse che dà sono del tutto insufficienti a aumentare le pensioni basse, o a ripristinare condizioni anagrafiche e contributive accettabili per andare in pensione. Per questo ci vuole la radicale rottamazione della controriforma Fornero.

Infattibile? Tutt’altro. Basterebbe smettere di usare i contributi previdenziali come un bancomat per finanziare il bilancio pubblico. Come ripetiamo da anni, è dal 1996 che  i contributi versati superano ogni anno le pensioni erogate, se si calcola il peso delle tasse – che rientrano nelle casse dello stato. Si libererebbero risorse sufficienti per un intervento realmente in grado di aumentare gli assegni più bassi e far andare le persone in pensione ad un’età decente, eliminando una delle barriere che impedisce l’accesso al lavoro ai giovani e non solo.

Certo vanno messe radicalmente in discussione le politiche di austerità, a partire dal Fiscal Compact, non a caso approvato dallo stesso governo che ha fatto la controriforma Fornero: quel Fiscal Compact che pretende di abbattere il debito accumulato a favore delle grandi banche e finanziarie, tagliando welfare e  diritti. Quel Fiscal Compact che alla fine di quest’anno verrà costituzionalizzato come parte dei trattati europei, contro il quale va rilanciata un’opposizione frontale.

Non pretendiamo che lo rivendichi Boeri, a cui suggeriamo però un altro esercizio. Quello stesso rapporto dell’Inps segnala che le pensioni sopra i 3500 euro sono oltre duecentomila. Un paio di anni fa calcolammo quali risorse si sarebbero potute reperire con un tetto sui redditi da pensione e sui cumuli pensionistici a 65mila euro lordi annui: faceva quasi 4 miliardi di euro, più o meno la metà dei “risparmi” sempre su base annua della Fornero.

Il tetto è incostituzionale? Forse, ma lo è anche una situazione in cui sono sempre più aspre le disuguaglianze mentre si nega il futuro alle ragazze e ai ragazzi e ad una parte crescente della nostra società.

ROBERTA FANTOZZI

da rifondazione.it

foto tratta da Pixabay

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Economia e società

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