Continuiamo a fornire materiali sulla situazione in Brasile. Domenica 1° gennaio 2017 una ribellione nel Complesso penitenziario Anísio Jobim (Compaj) a Manaus ha lasciato sul terreno 56 detenuti senza vita; venerdì 6 gennaio 2017 altri 33 detenuti sono stati uccisi in disordini nel Penitenziario agricolo di Boa Vista. Si dichiara che le uccisioni sono state causate da scontri fra bande.
6 gennaio 2017
Con il massacro nella notte di venerdì 6 gennaio 2017 nel Penitenziario agricolo di Monte Cristo (Pamc), nella zona rurale di Boa Vista (Roraima), in cui sono morti 33 detenuti, salgono a oltre 400 le morti in carcere avvenute sotto l‘amministrazione Temer. Solo da ottobre, quando vi è stato il primo massacro nel Penitenziario Monte Cristo con 25 detenuti uccisi, sono 118 i morti in massacri nelle carceri in Brasile.
In pratica l’amministrazione di Michel Temer, nella sua inazione, produce un massacro di Carandiru ogni quattro mesi. Quello accaduto a San Paolo nell’ottobre 1992 è considerato il maggior genocidio di detenuti del paese di tutti i tempi e uno dei maggiori del mondo (111 morti per intervento della polizia. Probabilmente molti di più).
È sempre bene ricordare che all’epoca Michel Temer (attuale presidente illegittimo) assunse la Segreteria della Sicurezza dello Stato di San Paolo al posto di Pedro Franco de Campos. Insediandosi Temer annunciò come reazione al massacro (compiuto dalla polizia dello Stato di San Paolo) che avrebbe raccomandato riposo e meditazione ai poliziotti coinvolti.
Il caso, che sarebbe tragico se non fosse comico, si ripete come tragedia. Il piano di sicurezza di emergenza proposto da Temer non solo era già previsto in bilancio, ma non risolve neppure lo 0.4% della mancanza di posti nelle prigioni.
Il disastro mette in scacco anche la febbre per la privatizzazione nelle prigioni federali*. Una della prime frasi di Temer, dopo un lungo silenzio di tre giorni dopo il massacro di Manus, è stata per incolpare l’impresa contrattata, ironicamente chiama Umanizzare: “Il presidio era terziarizzato e privatizzato, quindi non vi è responsabilità oggettiva, chiara e definita degli agenti statali”.
La stessa cantilena è stata ripetuta dal suo ministro della giustizia Alexandre de Moraes: “La responsabilità sarà appurata dal gruppo di lavoro che sta svolgendo l’indagine. Il presidio è terziarizzato. Non è un PPP (parceria/impresa pubblico privato). È una terziarizzazione di servizi. Evidentemente, è ovvio, vi è stato un errore dell’impresa. Non è possibile che entrino armi bianche, coltelli, pezzi di metallo, armi da fuoco incluso schioppi”, ha dichiarato il ministro.
Privatizzazioni delle prigioni, come in diversi altri settori vitali dell’amministrazione pubblica, sono applaudite, propagandate e promosse da Temer, dai suoi alleati e soprattutto dal PSDB (Partito della Social Democrazia del Brasile), partito il cui furore per vendere o affittare responsabilità pubbliche si confonde con i suoi stessi colori e le sue bandiere. Essi, comunque, giusti o sbagliati, non presuppongono l’esenzione di colpa dello Stato, al contrario. Temer, il suo ministro della giustizia, come tutta la falange di alleati, sono, eccome, responsabili per ciascun morto nelle carceri brasiliane, come pure di quelle che avvengono in ospedali e servizi pubblici amministrati da organizzazioni sociali.
In fin dei conti ciò che abbiamo oggi sono errori primari e un pesante gioco di scarica barile: il primo incolpato è stato il governo dello Stato di Amazonas che, secondo il ministro Alexandre de Moraes, sapeva di un grande piano di fuga e non ha avvisato nessuno. Questi e molti altri errori grossolani, omissioni e progetti “da fare vedere agli inglesi”** sono costati centinaia di cadaveri accatastati, famiglie disperate e assenza di controllo del crimine organizzato.
Temer, il vice (ex presidente) decorativo, cospiratore e inattivo, forse finirà sconfitto da chi meno se lo aspettava, cioè il Primo Comando della Capitale (PCC) e il Comando Vermelho (Rosso).
tratto da Revista Fórum / rifondazione.it
Traduzione di Teresa Isenburg
foto tratta da Pixabay
* Il Brasile è uno stato federato: i poteri sono divisi fra l’Unione e gli Stati. Non c’erano carceri federali in Brasile. Lula ne ha creati sei, perché fossero un po’ migliori e per i reati più gravi. Tutte le altre carceri hanno continuato ad essere di competenza e responsabilità dei governatori dei singoli Stati. Le carceri che hanno una gestione parzialmente privata come quello di Manaus sono stati fatti dai governatori dell’opposizione rispetto al governo federale, governatori che oggi sono golpisti.
** Espressione che si riferisce al camuffamento delle navi negriere per ingannare le pattuglie inglesi che controllavano l’Atlantico dopo la firma del Bill Aberdeen del 1833 che vietava il traffico da parte dell’Impero brasiliano ).