La Legge costituzionale 15 aprile 2016, n. 88, sulla quale si sta votando, ha già prodotto un effetto. Ed è sicuro, profondo, dilaniante. Ha diviso la Nazione nel suo fondamento, nel suo patto di convivenza. La ha divisa come mai era accaduto nell’Italia repubblicana.
Non era accaduto in nessuna elezione, neanche durante la guerra fredda, neanche in quella che respinse legge-truffa. La Dc aveva ibernato la Costituzione, ma non la aveva mai rinnegata, mai provato a deformarla. Non era accaduto in occasione del primo referendum che pur aveva ad oggetto un istituto sensibilissimo per la cultura cattolica. Non era accaduto neanche nel 2006 quando il corpo elettorale respinse il disegno del «premierato assoluto» ordito da Berlusconi.
Accade ora, ed accade perché l’attacco proviene dal governo presieduto da chi capeggia il partito che si era storicamente qualificato come il baluardo della democrazia costituzionale e lo ha diviso. Dopo averne geneticamente modificato gran parte, certamente al vertice. Accade ora, ed accade per la pressione delle centrali del liberismo economico, più agguerrite dopo la crisi, come le banche, e le agenzie di rating, e come l’istituzione sovranazionale del neoliberismo che è Bruxelles, l’Unione europea. Le une e l’altra quanto mai mobilitate a ottenere la riduzione della rappresentanza e l’amputazione delle domande della democrazia, le une e l’altra quanto mai esigenti della stabilità del loro potere, per la governabilità dei più, imponendola ad uno solo, in cambio di fatue preminenze.
La divisione è profonda, vasta e dilaniante perché ha rotto il patto fondante della Repubblica, il patto delle regole della convivenza democratica, di quella civile e di quella politica. Come tale, la divisione era forse imprevista dallo stesso Renzi. Per la lacerazione del tessuto nazionale che ha prodotto avrà sorpreso, con ogni probabilità, anche chi autorevolmente la aveva auspicata, sollecitata e richiesta.
Con i suoi 47 articoli di sconvolgimento della seconda parte della Costituzione, questa legge è oggi votata per essere accettata o respinta da 50 milioni e più di cittadine e di cittadini della Repubblica. È sul patto di cittadinanza quindi che 50 milioni di cittadini stanno votando.
L’accettazione di tali articoli, delle norme che contengono, del disegno complessivo del vertice della Repubblica, del tipo di rapporti tra Stato e Regioni che tali articoli determinano, potrà riunificare le due parti della Nazione che si sono divise e scontrate?
Chi avrà respinto il contenuto di tali articoli, il disegno complessivo che ne deriva potrà mai accettare un patto che aveva respinto come proposta? Potrà mai sentirsi vincolato da norme non volute, volte a configurare un regime rappresentativo che ritiene ristretto, con un parlamento mutilato del suffragio popolare di uno dei suoi rami? Può accettare una forma di governo derivata da un meccanismo impregnato di assolutismo ? Potrà rassegnarsi ad un patto dettatogli da chi egli crede che non aveva il potere legittimo per dettarglielo?
Chi vota «sì» non potrà sentirsi defraudato di alcunché se prevale il «no». La costituzione del 1948 è sempre stata ed è anche la sua Costituzione, è la Costituzione di tutti. Potrà essere certamente revisionata assieme a votanti «no» in un clima di ricostruita unità nazionale.
Il «sì» divide. È il «no» che potrà unire.
GIANNI FERRARA
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