Il tema delle banche è sicuramente quello più scottante in questa fase così delicata per l’economia a livello europeo e interno.
Notizie giornalistiche di oggi riprendono temi già in discussione da tempo e fanno sorgere interrogativi, credo legittimi soprattutto per chi, in questo campo, non è particolarmente ferrato al riguardo delle tecnicalità più sofisticate.
Titola oggi “La Repubblica” a pagina 27: “Niente tasse a chi investe nelle PMI per rilanciare l’economia reale”.
Fin qui apparentemente tutto bene.
Passiamo all’occhiello: “Il Tesoro prepara gli sgravi fiscali per i sottoscrittori dei Pir, Piani Individuali di risparmio, creati da banche, assicurazioni e sgr per prodotti dedicati alle piccole medie imprese”.
Qui sorge l’inghippo, meglio rivelato leggendo l’articolo.
A un certo punto: “Non si tratterà, infatti, di un investimento diretto – che sarebbe peraltro rischiosissimo – ma con la mediazione di un intermediario autorizzato alla sollecitazione di pubblico risparmio. Quindi banche, assicurazioni, sgr, che dovranno costituire strumenti ad hoc, finalizzati agli investimenti nelle PMI”.
Prescindendo dal fatto che questi “intermediari autorizzati” sono gli stessi che hanno riempito il Paese di derivati, SWAP, titoli tossici combinando i capolavori di MPS, CARIGE, Banca Etruria, Banca Marche e via discorrendo andiamo avanti nella lettura comprendendo che nel pacchetto sono compresi fondi specializzati (e forse chiusi), gestioni di patrimoni individuali, polizze a capitalizzazione e persino conti di deposito collegati a fondi.
Il meccanismo di collegamento sarebbe rappresentato dalla sottoscrizione di azioni e probabilmente anche da minibond.
L’occhio di riguardo, in questo senso, è rivolto ad AIM. Di che cosa si tratta: è il mercato di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese italiane che vogliono investire nella loro crescita.
AIM non è certo uno strumento di economia reale, questo pare acclarato.
Quindi un altro strumento di borsa basato sulla speculazione: i sapientoni che hanno guidato l’economia italiana alle perfomance speculative di questi anni restano sempre in sella.
Mancano tutta una serie di dati ancora da definire: il periodo nel quale il risparmiatore dovrà tenere in portafoglio lo strumento finanziario adottato (si parla di 5 anni: quindi esentasse per tutto il periodo?), non è definita la misura di “specializzazione” della PMI che potrà usufruire d’investimenti dedicati e altre sottigliezze.
Alla fine dell’articolo si leggono poi gli interrogativi, legittimi, e sui quali si base anche parte della nostra segnalazione: “Il punto chiave sarà evitare che nascano Piani di Risparmio da cui sia difficile uscire (se non con perdite) a causa della scarsa liquidità degli asset sottostanti (minibond o azioni di società non quotate”.
In questa frase si tocca il vero punto dolente: la debolezza di un’economia non programmata, lasciate alle scorribande più varie, fondata sull’esentasse per gli speculatori, priva di fondamento reale legato a un piano industriale serio, alla creazione di lavoro duraturo.
Senza lavoro non ci può essere economia concreta.
Questa situazione non è minimamente affrontata dalla politica e dalle istituzioni, ma anzi aggravata dal promuovere, come nel caso in questione. questa ricerca della speculazione per la speculazione che si verifica in più nel momento di maggior debolezza del sinistrato sistema bancario italiano condotto per decenni da pericolosi intrecci familistici: ma, forse, è su questo punto e non tanto sulle riforme costituzionali, che si sente il peso di Verdini sulla scena politica, quale rappresentante di queste espressioni meramente speculative, pronte a far tesoro privato dall’aver provocato enormi perdite collettive.
FRANCO ASTENGO
redazionale
8 ottobre 2016
foto tratta da Pixabay