Dunque la concessione di flessibilità sul rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo, attribuita sino ad oggi dalla potente Europa di Merkel e Junker, è scaduta.
E’ una cambiale che il governo Renzi non può onorare e nemmeno può richiederne la proroga.
La cancelliera tedesca ha bisogno di forza, di consenso elettorale: un consenso che viene sempre meno ogni volta che in un lander della repubblica federale si vota e avanzano destre populiste, a volte le sinistre ex comuniste, comunque sempre scendono le percentuali e i dati assoluti della CDU.
Per recuperare forza, Angela Merkel deve imporre la sua linea all’Europa. Renzi non ha alcun potere contrattuale e si deve affidare alla speranza che il deficit non aumenti oltre le previsioni. La posizione della cancelliera si rafforza, anche se ha comunque bisogno dell’alleato italiano.
E, in tutto questo splendido scenario di immiserimento del Paese, cosa fa il presidente del consiglio? Propone, rilancia la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. E’ dai tempi dei romani che si tentava un’opera simile: all’epoca erano progettazioni di ponti di barche, oggi si parla di cemento, cemento, cemento. E, con il cemento, anche molta speculazione e malaffare denunciato in questi anni dai comitati contrari all’opera faraonica.
Riusciranno i 5 chilometri di ponte a riportare il PIL ad uno stato di crescita tale da permettere a Renzi di fare la voce grossa in Europa sulle richieste di “flessibilità” sulle concessioni economiche davanti all’intransigenza di Junker?
Dite che lo scopriremo solo vivendo o solo morendo di grande opere? Forse…
O forse Renzi potrebbe istituire nuovamente il “pontatico”, la famosa tassa medievale, canzonata anche in molti film comici. Chi passa il ponte, paga la tassa. Semplice, no?
(m.s.)
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