Il voto nei Paesi Baschi ago della bilancia per le Cortes

Si voterà il 25 settembre nei Paesi Baschi. Urne decisive per eventuali nuove elezioni generali in Spagna. Il caso Otegi e la competizione fra Podemos e la sinistra indipendentista

Meno di una settimana alle elezioni nella Comunità Autonoma Basca (CAV) che si svolgeranno contestualmente a quelle in Galizia. La tornata per il rinnovo dei consessi delle comunità basca e galiziana ricoprono un interesse nazionale visto il sempre più probabile ricorso alle terze elezioni legislative consecutive per la Spagna, che non riesce ad uscire dall’empasse politica in cui si trova da fine 2015.

Ma saranno anche elezioni particolarmente importanti per tutto il Paese Basco, perché si svolgono dopo un quadriennio in cui ETA ha costantemente confermato il suo cessate il fuoco. Dalle parti di Madrid però non vi è mai stata alcuna apertura nei confronti delle proposte di percorso di pace espletate a suo tempo da alcuni mediatori internazionali, né verso le richieste di diritti umani per i detenuti di ETA e di tutta quella galassia indipendentista che dalle parti del ministero dell’interno, in una semplificazione di convenienza, proprio ad ETA viene ricondotta. Anche in questi quattro anni gli arresti di avvocati ed attivisti, i prolungamenti di pena ai detenuti, le manifestazioni per i diritti dei prigionieri, hanno scandito un tempo di tranquillità relativa: ETA ha deposto le armi dal 2011, ma il conflitto basco non ha imboccato la via della risoluzione.

Le elezioni del 25 settembre dunque portano in dote molte questioni aperte ed un dibattito che è tornato ad intensificarsi durante questa campagna elettorale che nella sua prima parte è stata monopolizzata dal caso Otegi. Il leader di Sortu, l’organizzazione indipendentista coalizzata con altre forze di sinistra nella formazione EH Bildu, era il candidato designato alla carica di lehendakari (presidente della comunità autonoma). Arnaldo Otegi, due volte parlamentare basco con un passato nell’ala più dialogante di ETA, era uscito di prigione lo scorso 1 marzo. Aveva scontato una pena di oltre sei anni, essendo stato ritenuto colpevole di voler tentare di ricostituire l’organizzazione Batasuna resa illegale da una legge del vecchio governo Aznar. I giudici della Audiencia nacional e della junta electoral di Gipuzkoa però hanno bloccato la sua candidatura ritenendo che Otegi dovesse scontare una parte di pena che lo inabilitava all’elettorato passivo fino al 2021. Gli appelli giunti anche da concorrenti politici sono stati vani come anche i ricorsi degli avvocati di Otegi che – precedenti giudiziari alla mano – hanno accusato i giudici di voler togliere di mezzo il politico di Elgoibar.

Rimangono però i temi posti dal leader indipendentista ad inizio di campagna elettorale. In particolare Otegi a nome di EH Bildu ha indirizzato ai viola di Elkarrekin Podemos, al PNV (Partito nazionalista basco) e alle forze sociali la proposta di costruire un percorso per far sì che i baschi possano democraticamente decidere della loro sovranità. «Si sono perse due legislature» ha attaccato Otegi a fine agosto, puntando il dito contro gli esecutivi del socialista Patxi Lopez e del lehendakari uscente del PNV Inigo Urkullu che ha governato l’ultimo quadriennio con un esecutivo di minoranza. Otegi nel suo invito ad avviare un percorso verso il “diritto a decidere” ha in qualche modo portato in campagna elettorale la figura di Juan Josè Ibarretxe, lehendakari del PNV per tre legislature a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio che nel 2004 portò a compimento il cosiddetto “Plan Ibarretxe”, una proposta di revisione di statuto di autonomia della comunità basca che prevedeva anche il diritto all’autodeterminazione: se il parlamento basco approvò a maggioranza il Plan Ibarretxe (col sostegno anche delle forze politiche considerate vicine ad ETA), Madrid vi oppose un no secco con Zapatero che si mise di traverso col sostegno di quasi tutto l’arco parlamentare.

Il dibattito sul percorso verso l’indipendenza – affiancato dalle discussioni su pensioni, sfratti e privatizzazioni – è in corso, tra comparazioni al modello catalano ed a quello del Quebec. Urkullu, che non ha gradito la sua contrapposizione al predecessore Ibarretxe, ha fatto capire che le iniziative da prendere dovrebbero essere in concerto con Madrid per non impattare sul suo veto. Podemos invece ha sempre affermato a tutti i livelli di essere d’accordo col principio democratico del “diritto a decidere”. Le divergenze con la sinistraabertzale rimangono però sul da farsi nel caso (più che mai scontato) in cui il Parlamento spagnolo respingesse ancora una volta un eventuale nuovo statuto, ritenendolo in contrasto con la Costituzione spagnola. Gli indipendentisti vorrebbero sottoporlo a Madrid con la postilla dell’unilateralità, un deciso “piaccia o no” che non pare far convinta Podemos.

Rispetto alle elezioni del 2012 in questa tornata elettorale entrerà nell’istituzione basca Podemos, data al 18% secondo il sondaggio uscito oggi (Ciudadanos stimata al 2% rischia di non avere eletti). Dovrebbe essere confermata la vittoria per i centristi del PNV che anche stavolta non dovrebbero avere una maggioranza assoluta (col 36% confermerebbero i 27 deputati della scorsa legislatura). Urkullu è reduce da una legislatura zoppa in cui non è riuscito a portare a termine quanto promesso dovendo appoggiarsi di volta in volta su “stampelle” diverse: con EH Bildu ha votato la ley municipal che garantiva maggiore autonomia ai comuni e quella contro gli sfratti (poi bloccata da Madrid), col PSOE invece ha votato la legge sulle vittime di abusi di polizia. Ma decine di disegni di legge erano ancora in discussione a fine legislatura e PP e PSOE potrebbero non esser più stampelle sufficienti visti i pesanti arretramenti sia in termini percentuali sia come numero di deputati che dovrebbero segnare in questa tornata elettorale.

La sinistra indipendentista che nel 2012 elesse ben 21 parlamentari dovrebbe arretrare: attestata sotto al 20% dal sondaggio della tv basca EITB di oggi, è reduce dagli insuccessi delle ultime elezioni politiche, ed è schiacciata dalla concorrenza di Podemos che candiderà a lehendakari Pili Zabala, attivista per la pace e sorella di Joxi Zabala, un appartenente ad ETA che nel 1983 venne assassinato da un killer dei GAL, un gruppo paramilitare (che aveva basi dentro a settori del governo di Madrid) che nel corso di quella che fu denominata “guerra sporca” giustiziò diversi appartenenti ad ETA. Proprio Pili Zabala giovedì scorso è stata protagonista nella tv basca EITB di un faccia a faccia piuttosto teso con Alfonso Alonso ex ministro della sanità spagnola che è candidato per i popolari. Alonso si è mostrato titubante nel riconoscere le vittime dei GAL come “vittime del terrorismo” e questo ha scatenato un putiferio. In Euskal Herria infatti le armi stanno tacendo, ma le ferite sono ancora lontane dall’essere rimarginate. E puntualmente le sofferenze dei baschi finiscono dentro all’urna del voto.

ENRICO BALDIN

da Popoffquotidiano

foto tratta da Pixabay

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