Riprendo da Felice Carlo Besostri, vera punta di diamante nello schieramento del “NO” alle deformazioni costituzionali e attore tra i principali nella fondamentale lotta sulla legge elettorale, alcune argomentazioni nel merito di un aspetto di cui si sta discutendo in questi giorni con grande intensità, in particolare dopo l’intervista dell’ex-sindaco di Milano Pisapia che ha affermato di non “vedere pericoli per la democrazia”: l’argomento è quello dell’accentramento dei poteri nella figura del Presidente del Consiglio.
Prima di tutto però mi preme riportare una frase dello stesso Besostri:”Se siete favorevoli fa parte della libertà di opinione ma non dite una mezza verità, che come insegna il Talmud è UNA BUGIA INTERA.”
Dunque andando per ordine è vero che I poteri del Presidente del Consiglio formalmente non sono toccati, ma questo avviene perché, nel pieno dell’ipocrisia dominante si diminuiscono i poteri delle altre istituzioni.
Del resto aumentano formalmente i poteri del Governo attraverso la formulazione del ballottaggio così come appare enunciata nell’Italikum (anche la K è copyright del già citato Besostri).
Questo è affermato con chiarezza nel testo, e rafforza l’altra verità che deve essere conclamata e che invece è negata dai corifei di regime, circa la stretta connessione tra legge elettorale e deformazioni costituzionali, che rappresentano un tutt’uno nella logica di privilegio assoluto della governabilità e di dispregio altrettanto assoluto della rappresentatività politica.
Dunque l’Italikum prevede – al momento – il ballottaggio (non secondo turno che è cosa diversa: in questo il programma dell’Ulivo non c’entra proprio nulla) tra 2 liste identificate attraverso i cosiddetti “capi della forza politica” (figura che, come già il capo della coalizione nel Porcellum non esiste da nessuna parte sul piano costituzionale).
Questo significa, in pratica, una forma surrettizia di elezione diretta e di conseguenza una modifica sostanziale negli equilibri istituzionali.
Abbiamo già tante volte indicato come vero e proprio “vulnus” della democrazia rappresentativa il fatto che è possibile (anzi probabile) che il premio di maggioranza di 340 deputati (pari al 53,96% dell’assemblea) risulti, alla fine appannaggio di una lista che al primo turno raggiunga – più o meno il 30% dei voti validi.
Calcolata una percentuale di votanti attorno al 60%, così come indicano adesso come adesso i sondaggi più accreditati, si avranno all’incirca 30 milioni di voti validi.
Una lista che arrivasse al ballottaggio con il 30% assommerebbe all’incirca 9 milioni di voti (quelli attribuibili al PD in proiezione sulla base dell’esito delle più recente amministrative): quindi un partito che vale 9 milioni di voti si vedrebbe attribuito un premio di maggioranza del valore (fermi restando i 30 milioni di voti validi, ovviamente) di oltre 16 milioni di voti: un regalo di circa 7 milioni di voti.
Discorso eguale, naturalmente, in caso di successo del M5S o di una lista unitaria della destra : inoltre permane l’incognita sulla partecipazione al voto nel ballottaggio. Le esperienze in sede di enti locali indicano un calo fisiologico tra i due turni e non si prevede, come in Francia, una validità del voto in relazione ad una percentuale riguardante gli aventi diritto e non i voti validi (regola in vigore Oltralpe per il passaggio dal primo e il secondo turno dei candidati nei collegi che debbono raggiungere, nel primo passaggio, il 12,5% proprio degli aventi diritto).
Risultato finale su questo punto: avremo un’elezione diretta mascherata di un Presidente del Consiglio espresso da una lista la cui maggioranza in Parlamento scaturirà da un regalo di circa 7 milioni di voti (su circa 30 milioni di voti validi, il 23%).
Ne sortiranno due effetti ben precisi: il primo è quello dell’oggettiva inversione di ruoli tra Presidente della Repubblica (eletto per via indiretta dal Parlamento) e il Presidente del Consiglio (eletto direttamente attraverso l’ipocrita formula del “capo della lista”). Inversione di ruoli che avviene senza mutamenti formali.
Il Presidente del Consiglio eletto in questo modo usufruirebbe, inoltre, della facoltà di approvazione a data fissa dei ddl autodefiniti essenziali e la possibilità sempre su iniziativa del Governo di deliberare in materie non comprese nella sua competenza esclusiva.
In primo luogo, riconosce all’esecutivo una corsia privilegiata, ovvero il potere di chiedere
Che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno della Camera e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della stessa entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione, ulteriormente prorogabili per non oltre quindici giorni (istituto del voto a data certa).
Da questo itinerario sono escluse le leggi bicamerali, le leggi elettorali, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, le leggi che richiedono maggioranze qualificate (artt. 79 e 81, comma sesto, Cost.).
L’esito concreto di questa vicenda, se prevarrà la conferma delle deformazioni costituzionali e sarà applicato l’Italikum nella versione “ballottaggio”, presenterà almeno 3 aspetti certi : un “presidenzialismo” dell’esecutivo in forma mascherata; una subordinazione di fatto del Presidente della Repubblica; una limitazione, di fatto, del ruolo del Presidente della Camera e della conferenza dei capigruppo nella potestà di redazione del calendario d’Aula.
Ci apprestiamo così ad uscire, melanconicamente e dolorosamente, dalla Repubblica parlamentare disegnata dall’Assemblea Costituente con lo scopo prioritario di evitare il ritorno del fascismo.
La centralità del parlamento cederà così il passo al personalismo, alla concentrazione dei poteri, al propagandiamo spicciolo, all’incultura politica, alla dittatura di una maggioranza costruita artificialmente.
Un pericolo per la democrazia.
FRANCO ASTENGO
redazionale
20 settembre 2016
foto tratta da Pixabay