«La data del voto la fisseremo nei prossimi giorni, in passato il Consiglio dei ministri ha aspettato anche un mese per fissarla, siamo nella normalità». Così ha detto ieri la ministra delle riforma Maria Elena Boschi a chi le chiedeva la data del referendum. Esattamente un mese fa da oggi la Cassazione comunicava ufficialmente il via libera al referendum costituzionale. Renzi che aveva detto di voler votare «il prima possibile» sta cercando invece di far passare tutto il tempo utile per risalire nei sondaggi.
E così si andrà a votare il 27 novembre se non il 4 novembre. Il Consiglio dei ministri fisserà la data a fine settembre. «Avere qualche settimana per confrontarci nel merito credo che possa aiutare i cittadini a fare una scelta informata», ha detto ancora Boschi. Il referendum si farà «qualche settimana» dopo l’edizione 2016 della Leopolda renziana, ha spiegato martedì il presidente del Consiglio.
Della data del referendum si è occupata anche la banca d’affari Goldman Sachs in un report dedicato alle ricadute nel mondo finanziario del voto sulla Costituzione. Come già JP Morgan e Citigroup, anche Goldman si è schierata per la vittoria del Sì, spiegando che altrimenti «diminuirebbe la probabilità di una ricapitalizzazione di successo guidata dal mercato per le banche più deboli». Al contrario «aumenterebbero le probabilità di una ristrutturazione diretta dal governo». Sotto la lente dei banchieri di Wall Street (ai quali recentemente si è unito l’ex presidente della commissione Ue Barroso) ci sono il Monte dei paschi di Siena ma anche le più piccole Banca Marche e Banca Etruria che sono in cerca di un acquirente.
In caso di vittoria del No, sostiene Goldman dopo aver ricordato l’intenzione di Renzi di dimettersi in seguito all’eventuale sconfitta, «gli investitori potrebbero decidere di aspettare fino a che sia fatta maggiore chiarezza». Ma il problema è che in ogni caso l’annuncio del premier di procedere alla ristrutturazione «entro fine anno» viene messo a rischio dalla decisione di spostare il referendum a fine anno. Spostare il referendum a dicembre, cioè, è utile al premier per farlo precedere dalla Leopolda e per cercare di invertire la rotta nei sondaggi, ma rende improbabile che l’aumento di capitale per Mps possa essere fatto entro Natale.
Secondo i banchieri americani la vittoria del No non comporta invece rischi per quanto riguarda i titoli di stato italiani – perché le elezioni anticipate sono in ogni caso improbabili e perché il programma di quantitative easing della Banca centrale europea andrà avanti – né per lo spread sui Btp, almeno per l’immediato.
Quanto alle previsioni, quelle della Goldmam Sachs sono identiche a quelle attribuite a Matteo Renzi.
Se il presidente del Consiglio, si leggeva ieri sul Corriere della Sera, dopo Porta a Porta spiegava che «vinceremo il referendum 50 a 40», il report Goldman vede il 40% di probabilità che vinca il No «percentuale ancora elevata».
Intanto ieri sera l’ex segretario del Pd Bersani, leader della minoranza più consistente interna al partito, ospite della festa nazionale dell’Unità a Catania ha detto che «il governo deve prendere un’iniziativa visibile ed efficace» per cambiare l’Italicum. «Non accettiamo segnali di fumo», ha aggiunto. Spiegando però che non ha ancora scelto come votare al referendum e che, a differenza di D’Alema, «non farò comitati», tanto meno per il No.
RED. POL.
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