Io non credo che Bernie Sanders sia, tutto ad un tratto, divenuto un “traditore” della causa del socialismo americano.
Eravamo ben consapevoli che sarebbe stato difficilissimo trovare la sua nomina democratica alla Casa Bianca contrapposta a quella del miliardario Trump.
Abbiamo esultato per mesi nel vedere le vittorie di Bernie e abbiamo detto e scritto di lui che aveva fatto emergere la voglia di una America sociale, libera dai poteri forti e soprattutto con una ritrovata coscienza critica, con una capacità di mettere in dubbio anche le certezze più granitiche imposte dal mercato.
Ora, la logica del “meno peggio” l’ho ormai relegata in un angolo d’un cassetto che non voglio aprire. Non voglio, per questo, criticare più del necessario il sostenitore di Bernie che dovrà scegliere se votare o meno Hillary Clinton.
Ma penso questo a riguardo: lì la scelta non è tra Matteo Renzi e Giuseppe Sala che deve riorganizzare la nuova Forza Italia del futuro. Lì la scelta è tra una candidata liberista che potrebbe essere condizionata anche dai programmi portati avanti da una parte del suo partito rappresentata da Bernie Sanders e un magnate che ha dimostrato la volontà di andare oltre il liberismo stesso, di farne una appendice di un moderno fascismo autarchico tutto rivolto alla potenza americana sopra ogni altra cosa.
Ricorda molto la supremazia hitleriana rispetto ai “popoli inferiori”.
Mettiamola così: la Clinton è liberista, Donald Trump è liberista e autoritario, con una visione dei diritti civili e sociali che richiama i peggiori istinti conservatori, che si avvicina ai cappucci bianchi da cui spuntano solo gli occhi e che fonda tutto sull’incentivazione dello scontro razziale e sull’erezione di muri e barriere.
Gli Stati Uniti non sarebbero diventi socialisti nemmeno se avesse vinto Sanders, e non solo alle primarie del Partito democratico, ma alla corsa per la Casa Bianca.
E’ probabile che avrebbe deluso anche lui in qualche modo. Non lo sapremo mai. E forse è meglio così.
Ma da una parte, ora, c’è il peggio del peggio degli Stati Uniti d’America: l’anima tipica dei protagonisti cattivi di “Mississippi Burning”. Dall’altra un’amica dei banchieri, del grande capitale e di una moderazione di certe politiche “turbo” della finanza. Non è il socialismo, ma almeno non è scriteriata come il suo avversario e, anche se fintamente, proverà a far sembrare gli Usa ancora una democrazia apparente invece di un Quarto Reich del Nuovo Mondo.
(m.s.)
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