Perché vi farebbe bene leggere il “Mein Kampf”

E’ notizia di alcuni giorni fa che in Germania tornerà nelle librerie la bibbia del nazismo, quello scritto carcerario di Adolf Hitler corrispondente al titolo di: “Mein kampf (La...

E’ notizia di alcuni giorni fa che in Germania tornerà nelle librerie la bibbia del nazismo, quello scritto carcerario di Adolf Hitler corrispondente al titolo di: “Mein kampf (La mia battaglia)“. Nel paese che ancora oggi porta i segni della più grande catastrofe umanitaria della storia, ciò è apparso, anche con qualche legittimità di osservazione, inopportuno quantomeno e nel giudizio più severo una vera e propria provocazione alla rinascita democratica tedesca di questi anni.

Lo sconcerto arriva semmai da quello che si può vedere sulle bancarelle dei mercatini in molte città: svastiche, busti di Mussolini e Hitler, bandierine del Terzo Reich e della Repubblica di Salò. Il tutto presentato come un insieme di reperti storici che vengono proposti al pubblico: niente di più e niente di meno rispetto alle uscite settimanali di collezioni storiche che si possono trovare in edicola.

Poi c’è tutto un mercato internettiano che ti consente di acquistare vere e proprie ristampe di manifesti hitleriani, di bandiere naziste, fasciste e di grandi poster di propaganda dell’epoca facilmente riutilizzabili per rinverdire le follie razziste e nazionaliste del neonazismo di casa nostra e di una Europa che, stancamente, sotto il peso della crisi economica, della minaccia terrorista e del demoralizzante vuoto politico dei grandi partiti presenti a Strasburgo, si fanno largo tra i più poveri, tra coloro che hanno meno difese culturali da mettere in campo per fronteggiare il nulla dell’odio xenofobo.

Il fatto che il “Mein kampf” venga ristampato e distribuito nelle librerie della Germania non mi sembra poi così un male. Sono convinto, da sempre, che per comprendere un fenomeno di qualunque tipo occorre conoscerlo a fondo e solo così se ne può avere coscienza e fugare, al contempo, il timore che questo possa prendersi anche la nostra simpatia, le nostre idee e il nostro agire quotidiano.

La seduzione non è mai al pieno della sua capacità attrattiva se chi ne viene a contatto sa bene a cosa va incontro. L’inconsapevole, invece, può essere sedotto, può essere attratto e stregato da un canto delle sirene che può evitare, al pari di Odisseo, con una sapiente autocostrizione a non muoversi, a non sentire, a non vedere.

Ma legarsi ad un palo e mettersi dei tappi di ovatta nelle orecchie non è il modo migliore per conoscere, in questo caso, la storia ed evitarne una ripetizione che sarebbe quanto di peggio – anche se in forme certamente differenti rispetto a settant’anni fa – potrebbe accadere in un continente che mai come oggi offre i tratti di una fisionomia politica, economica e sociale quasi perfetta per la rinascita dei sentimenti nazionalistici, xenofobi, razzisti e antisociali.

Basta prendere ad esempio la minaccia del terrorismo: a questo termine si affianca sempre e solo il termine “islamico“. Non si parla semplicemente di terrore, ma si aggettiva sempre questo sostantivo con un riferimento culturale, religioso: proviene da luoghi e da ispirazioni che si rifanno all’integralismo di matrice teocratica, da un sedicente califfato con una bandiera nera. Proviene da luoghi dove sapienti regie televisive ci mostrano la vita di quel califfato, la dedizione della popolazione di Raqqa o Mosul alla nuova legge islamica, al nuovo regime. Dove tutti vivono secondo i precetti imposti da Daesh, sicuri dalla minaccia “crociata” degli occidentali e dei loro alleati.

La minaccia terrorista, dunque, è palpabile, reale: Parigi, Bruxelles, Colonia. In diverse occasioni la sua forza si è fata sentire e ha straziato centinaia di vite innocenti, prodotto una eco amplificata in tutto il mondo.

La Germania di Angela Merkel ha risposto con l’accoglienza di centinaia di migliaia di profughi provenienti proprio dalla Siria e dai luoghi di occupazione di Daesh. Poi gli stupri di massa, avvenuti nella notte di Capodanno, hanno costretto il governo di centrodestra della cancelliera a modificare la rotta. Hanno ridato fiato alle forze xenofobe per rimettere in piedi una delle tante fobie di cui si nutre l’estremismo di destra: fare degli stranieri, senza distinzione alcuna, la causa di tutto ciò che avviene.

Così come, sul finire degli anni della debole democrazia di Weimar, il movimento nazista, dopo il fallito colpo di Stato di Monaco di Baviera, dopo la messa fuori legge del partito del giovane Hitler, dopo la sua incarcerazione, si stavano preparando le basi per ridare orgoglio, fiato e forza ad una frustrazione popolare che aveva toccato il suo apice.

Nei primi mesi dalla sua uscita, il “Mein kampf” fu accolto come un testo delirante, pieno di odio verso gli ebrei considerati una delle principali cause della rovina della nazione tedesca. Poi le cose cambiarono: l’inflazione alle stelle, la povertà crescente, i più ricchi bacini industriali della Germania ancora sotto l’occupazione militare francese ed inglese e l’enorme debito di guerra cui far fronte, condussero Berlino nelle braccia dell’isteria nazista. Poco a poco. Legalmente, con elezioni democratiche.

Tutto questo, si potrebbe replicare, appartiene alla storia. E’ vero. Ma deve poterci appartenere con piena consapevolezza, con la coscienza storica, sociale e civile. La conoscenza dei fatti avvenuti nel lontano 1933 sono la migliore arma di difesa dalla ripetizione di un orrore che ha provocato, con i suoi deliri di onnipotenza, con la megalomania di Hitler, con i suoi sogni di sottomissione universale del mondo, una guerra mondiale e oltre sessanta milioni di morti.

Per questo, rileggere o leggere anche per la prima volta il “Mein kampf” è un esercizio che deve essere fatto. Singolarmente. Oppure anche con un insegnante al seguito di una classe: non sto proponendo lo studio della bibbia nazionalsocialista nelle scuole italiane. Penso che, così come si leggono testi storici e biografie, interpretazioni della storia più svariate, si possa mostrare ai giovani fino a quale punto può spingersi l’essere umano nel divenire disumano, nel divenire nemico acerrimo di sé stesso, alienandosi, trasformandosi nella più vuota banalità riempibile con qualunque argomento privo di senso.

Se mi è permesso un consiglio: per chi avesse voglia di indagare, alla Dylan Dog, nell’incubo del nazismo, è possibile farsi portare per mano in quel periodo di oscurità assoluta da un grande storico come Joachim Fest. La sua ampia letteratura tanto sulla figura di Hitler quanto sugli aspetti meno conosciuti dei dodici anni di follia nazista, sono un utile viatico per comprendere bene, a fondo, la genesi dell’orrore, l’adesione di massa ad una ideologia sterminatrice, ad un regime di puro ed esclusivo terrore.

Leggere oggi il “Mein kampf” è terapeutico per conoscere l’essere umano nel suo “lato oscuro” (passatemi la citazione cinematografica), per comprendere i meccanismi semplicissimi che, sostenuti dal potere economico, lo possono condurre al dominio prepotente su popoli interi.

Il limite oltre il quale non spingersi sarà sempre impreciso, se non lo si conosce con sicurezza. Questa è una buona occasione per creare in ognuno di noi questa conoscenza.

In Italia potete leggere il “Mein kampf” nella ottima edizione curata dallo storico Giorgio Galli per le Edizioni Kaos. Buona lettura, buona costruzione di una solida coscienza antifascista e libertaria.

MARCO SFERINI

12 gennaio 2016

foto tratta da Pixabay

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