Quanta confusione, quanto paludamento delle idee si genera e si allarga quando le destre fasciste e xenofobe, i rimestatori del e nel torbido hanno a disposizione questi elementi: immigrazione, violenza, terrorismo, paura, odio.
I fatti di Colonia, le violenze messe in essere contro duecento donne in diverse spregevoli forme, sono appunto fatti: migranti e/o comunque persone o cittadini non tedeschi, hanno violentato, nei casi peggiori, e hanno molestato, in quelli “meno gravi” (e le virgoletta sono d’obbligo perché non si può mai fare veramente una classifica dei danni materiali e morali subìti in un contesto tale), delle donne che si trovavano nella piazza principale della città per festeggiare la fine dell’anno.
Salvini, e così pure tutti i signori della destra, possono tralasciare di affermare candidamente che chi non esprime una linea di esclusione sociale dei migranti è automaticamente un “buonista” che dimentica i valori e i diritti universali degli esseri umani.
Al contempo, Salvini farebbe bene a ricordare che questi diritti valgono per tutti e che, quindi, costruire tesi politiche sulle connessioni tra immigrazione e stupri, con un rapporto diretto e consequenziale, attribuendo questi fenomeni ad un rapporto di causa ed effetto inesistente, è soltanto un modo di fare propaganda per alimentare un consenso fondato sulla paura e sulla insicurezza che nasce, cresce e si radica soltanto in presenza di un contesto più complesso non riducibile alla sola presenza dei migranti nei paesi europei.
Il tutto accade quando in Italia si sta per cancellare un reato creato dal governo Berlusconi in cui Maroni era ministro degli Interni e l’alleato di Renzi, Alfano era ministro della Giustizia: si tratta di un reato inserito nella legge “Turco-Napolitano” e che attribuiva ad uno status il carattere du reità. Era il nuovo reato di “immigrazione clandestina”: i nuovi fuorilegge erano quindi tutti coloro che potevano rientrare nello status di irregolare, di proveniente da un paese estero e divenuto in Italia, appunto, un “clandestino”.
Finalmente il governo ne fa una giusta, con un appoggio parlamentare abbastanza ampio e subitanea arriva l’opposizione di un parterre di destre xenofobe che, sfruttando i terribili fatti di Colonia, ritrovano fiato per dire, come ha fatto “Il Giornale” che “vogliono colpire le nostre donne”. Evidentemente il giornale di Sallusti sa già tutto sugli accadimenti tedeschi: sa chi sono queste bande di criminali, da dove arrivano e come si sono organizzate.
Dopo un incomprensibile smarrimento durato cinque giorni, la polizia ha arrestato trentuno persone e, di queste, diciotto sono migranti arrivati da poco in Germania.
Questo significa che tutti i migranti, nelle loro anche differenti caratterizzazioni e status, sono degli stupratori? Ci si rende conto che un ragionamento del genere lo si può estendere in potenza a tutti gli uomini del mondo, anche al sottoscritto che sta scrivendo?
Se si ragiona sulle intenzioni, si mette sempre da parte non solo lo stato di diritto, ma uno dei fondamenti della cultura non bolscevica, ma liberale: ad essere puniti sono i reati commessi, le persone che li commettono senza estensione di ciò a chi è simile al reo per cultura, origine, religione, colore della pelle o pensiero politico, e così via…
E qui viene da ragionare su come prevenire atti di questa natura: si tratta di gestire politicamente ciò che investe anche le problematiche delle relazioni tra gli stati dell’Unione Europea, che travalica dunque i confini delle nazioni e che dovrebbe trovare una sponda comune nella politica estera ed interna di un Continente che è invisibile, impalpabile, quindi inesistente sul piano appunto dell’essenza statuale.
Gli stati non possono chiudersi a riccio nelle loro frontiere e pensare che il fenomeno migratorio, di dimensioni enormi così come enormi sono i fenomeni che lo spingono ad alimentarsi ogni giorno, possa essere affrontato chiudendo le frontiere interne, sospendendo Schegen. La politica delle chiusure alimenta solo altre chiusure: culturali, mentali, fomenta il razzismo ovunque e alimenta quel vento di odio che Marine Le Pen in Francia, Victòr Orban in Ungheria e molti altri esponenti di nere concentrazioni politiche fanno soffiare per ottenere consensi che altrimenti non avrebbero mai.
Se da decenni a questa parte l’Europa fosse stata costruita come luogo dei popoli e non come gioco antisociale su cui sperimentare la tenuta di una moneta e lo sviluppo delle economie in una concorrenza sleale di cui oggi tutti siamo consapevoli (lo siamo?) e che si riversa sui più deboli tra gli stati e, in questi, sui più miseri tra i ceti, se l’Europa fosse stata costruita a prescindere dagli interessi bancari, oggi avremmo forse una politica comune per gestire tutte queste emergenze.
Invece ci troviamo a dover fronteggiare una incultura crescente, un ritorno di fiamme nere, di nazionalismi carichi di un razzismo che sembrava messo all’angolo dopo la sconfitta del nazismo e dei fascismi che avevano dominato l’Europa oltre 70 anni fa.
Non ci si può affidare alle istituzioni europee per riformare questa Europa che ricade in errori macroscopici e grossolani. Ci si deve affidare ai popoli. Il problema è che i popoli oggi non sono in grado di creare una rete solidale che influenzi la politica. Almeno non ne hanno la forza. Molti ne avrebbero la volontà e i dibattiti vedono sempre una separazione netta e quasi paritetica tra chi si fa sedurre dalle facili ricette razziste delle destre e chi invece le contrasta in nome di un umanesimo che era un tempo ispiratore della nuova Europa postbellica.
Non esiste una soluzione immediata, ma serve un lavoro di resistenza a queste pulsioni. Un lavoro che principalmente contrasti le politiche economiche di chi si definisce “democratico” e poi sostiene i più feroci interventi antisociali in nome del profitto e delle speculazioni.
Da queste politiche nasce l’odio per la politica e muore la democrazia sociale. Il resto del percorso sono pronti a farlo neofascisti e razzisti di casa nostra e d’Oltralpe.
MARCO SFERINI
9 gennaio 2016
foto tratta da Pixabay