I discorsi di rito, si sa, devono essere infarciti un po’ con tutto per accontentare chi viene salutato in nome della più alta carica rappresentativa delle istituzioni repubblicane. Sergio Mattarella ha esposto al Parlamento la volontà sicuramente di essere fedele alla Costituzione e l’omaggio alla Resistenza antifascista va, indubbiamente, in questa direzione, così come aveva dimostrato recandosi subito al sacrario delle Fosse Ardeatine appena nominato Capo dello Stato.
Una attenzione particolare ai diritti sociali e alle diseguaglianze del Paese non può che essere apprezzata, soprattutto se legata alla figura – forse un po’ retorica, ma necessaria di questi tempi – di un popolo che deve potersi riconoscere nei suoi riferimenti quotidiani: il Comune, la Scuola, le Università, l’Ospedale, i luoghi di interesse culturale come i musei, addirittura.
Tutti passaggi di un discorso che ha cercato l’empatia tra la nuova presidenza e una condizione sociale difficile per milioni e milioni di cittadini che versano in uno stato di crisi più volte citato dal presidente.
Per il resto la ritualità ha preso il sopravvento e ha dovuto fare omaggio alle forze armate e al loro “ruolo di pace” nei vari teatri di guerra del mondo; ai fucilieri di marina responsabili della morte dei pescatori indiani; al ruolo delle medie e grandi imprese così vessate dalla crisi.
Mattarella è uomo della vecchia Democrazia Cristiana e ha saputo unire ad una evidente ricerca di discontinuità col precedente novennato di Napolitano anche una forte continuità sul piano delle aderenze con l’esecutivo cui ha elogiato la riforma costituzionale e la necessità di una nuova legge elettorale.
Un colpo al cerchio della crisi sociale ed economica e uno a quello dell’amministrazione della medesima secondo le ricette liberiste ed europee che Renzi segue senza indugio in consonanza con i dettami di Angela Merkel e Mario Draghi.
Mattarella si è definito “arbitro imparziale”: una metafora “calzante”, ha spiegato. “I giocatori aiutino l’arbirtro”. Ma davvero il Parlamento a cui si è rivolto è un Parlamento disposto ad aiutare un arbitro “imparziale”? E quanto sarà veramente “imparziale” l’arbitro quando gli arriveranno sul tavolo del Quirinale da firmare decreti e disposizioni che continueranno a imporre al Paese misure di austerità e di gestione dell’economia complessiva con attenzione particolare alla tutela dei grandi patrimoni e con intervento senza scrupolo verso salari, pensioni e verso i più elementari diritti dei lavoratori così fortemente tagliati e ridotti ad esangue parte dell’insieme di normative che avrebbero dovuto invece essere potenziate proprio in questi tempi di depauperamento dei ceti più deboli?
La discontinuità possibile con la gestione di Napolitano sarà saggiabile nel corso dei prossimi mesi: oggi possiamo solo prendere atto che Mattarella ha, se vuole, una certa autorevolezza per esercitare il suo ruolo con pieni poteri, senza diventare corresponsabile di scelte europee imposte con lettere e telefonate famose…
Il suo richiamo ad una Europa più solidale, presente e fattiva nella gestione delle crisi umanitarie è importante come linea “di programma”, ma non basta indubbiamente. Serve una traduzione pratica, quotidiana, di questo principio, che diventi una linea di rimessa in ordine dei princìpi costituzionali di solidarietà ed uguaglianza per un Paese che ha bisogno di riscoprire le sue radici resistenziali, di liberazione, proprio, soprattutto su questi piani attuali di verifica dell’incontro tra culture e popoli diversi fra loro.
Sarà interessante assistere ai primi abboccamenti con le vicende di governo, con le esternazioni di Matteo Renzi. Sarà interessante soprattutto vedere quale livello di difesa delle libertà costituzionali, civili e sociali, il nuovo presidente della Repubblica vorrà mettere in essere come barriera di contenimento dei singoli personalismi partitici, delle singole garanzie unilaterali studiate nelle leggi elettorali per gestire il voto dei cittadini a seconda della loro scelta e non in base al principio di eguaglianza della volontà singola.
Non è un giudizio negativo quello che si può dare del discorso di Sergio Mattarella al Parlamento. Lo aspettiamo alla prova dei fatti, sperando di poter archiviare l’ “era Napolitano” quanto prima possibile.
MARCO SFERINI
3 febbraio 2015
foto tratta da Pixabay