Litiga con Monti, ma appartengono alla stessa famiglia liberista
Tutti, tra i suoi avversari, dicono che non bisogna sottovalutare Berlusconi: eppure, non c’è stata nessuna risposta per così dire a tono e sufficientemente reattiva, alle argomentazioni che sembrano costituire il suo cavallo di battaglia in questa campagna elettorale. Per rispondere all’accusa di essere corresponsabile del disastro economico dell’Italia e per ripresentarsi (come fa sempre) come “nuovo”, Berlusconi ribatte che pur essendo stato presidente del Consiglio negli ultimi anni, in realtà lui non ha potuto governare, impedito da un sistema politico istituzionale, questo il succo del discorso, troppo garantista e democratico. Il Parlamento ed altri organi costituzionali, con tempi lunghi e diritto di veto, avrebbero “bloccato” le leggi che lui aveva concepito e proposto per il bene del Paese. Di conseguenza, insiste Berlusconi, senza una grande “riforma” di questo sistema politico istituzionale, l’Italia rimarrà una nazione ingovernabile.
Si tratta di affermazioni molto gravi, non nuove sulla sua bocca (e, purtroppo, ricorrenti nella cultura politica dominante ed in quasi tutti gli schieramenti) ma mai espresse con tanta nettezza, oltre che faccia tosta. Tutto lascia quindi prevedere che, nel caso di una sua sciagurata vittoria elettorale (per fortuna altamente improbabile, ma …), il cavaliere di Arcore sarà più che mai deciso e impegnato ad imporre una svolta autoritaria alla democrazia italiana. Le cose stanno naturalmente in modo radicalmente diverso da come le descrive Berlusoni, ma bisogna “spiegarlo” bene, e forse anche a spiegarlo non servirà perché torna a galla, con questo nuovo Berlusconi, quella parte dell’Italia egoista e ignorante, prepotente e insofferente delle regole, che dietro l’incultura e il rifiuto della politica, difende solo il proprio gretto interesse individuale e di classe.
Il problema di tutti questi ultimi anni è stato (bisogna ammetterlo: indipendentemente dal governo in carica, sia stato esso di centro destra o di centro sinistra!) non lo strapotere del Parlamento, bensì il suo esatto contrario, cioè lo svilimento del ruolo del Parlamento e la sua subordinazione a quello dell’esecutivo. “Fare” il parlamentare oggi può essere gratificante (un po’ meno di un tempo) sul piano del prestigio e del trattamento economico, ma è assolutamente frustrante su quello del potere reale e della capacità di proposta legislativa. Quell’esercizio del diritto di veto di cui parla Berlusconi è un’altra cosa: è quel potere che, proprio in presenza di una “democrazia assembleare” sempre più ristretta o addirittura inesistente, possono prendersi le oligarchie o singoli oligarchi dei partiti di maggioranza per tutelare interessi spesso particolari.
Sono ormai più di quindici anni che si governa a forza di decreti legge, tant’è che ripetuti e numerosi sono stati i richiami dei Presidenti della Repubblica a moderare l’uso di questi strumenti che andrebbero proposti, come dice la Costituzione, in caso di “effettiva necessità e urgenza”, cioè in casi di emergenza e che, invece, sono stati imposti a sproposito non solo per misure in campo economico, ma, collegati alle “finanziarie”, anche per approvare rilevanti norme di carattere ordinamentale. E, a proposito delle leggi finanziarie, che costituiscono l’essenza dell’azione di ogni governo, esse oggi subiscono per legge un tempo contingentato e vengono approvate entro la fine di ogni anno, in nemmeno due mesi, che è un tempo breve in relazione alla mole degli interessi che toccano. Chi può dire, del resto, che tutte le principali leggi di Berlusconi in campo economico (le finanziarie, appunto, la riforma del mercato del lavoro di Sacconi, quella delle pensioni di Maroni ecc.) non siano state approvate e non lo sia state in tempo (purtroppo per noi e per l’Italia!) utile? Ma, come ben si capisce, quello a cui pensa Berlusconi non è uno snellimento (pure auspicabile) delle procedure democratiche: pensa ad una sistema nel quale al posto della libera dialettica c’è uno solo che decide per tutti: ma questa si chiama dittatura!
Ai tempi della cosiddetta Prima repubblica era molto frequente lo “sforamento” dei tempi di discussione ed il ricorso, nei primi mesi del nuovo anno, al cosiddetto esercizio provvisorio. Eppure, erano anni nei quali il nostro Paese si caratterizzava per alti indici di sviluppo, oggi assolutamente inavvicinabili. Questo per dire che è erroneo e demagogico ritenere le procedure parlamentari un intralcio per lo sviluppo dell’economia che dipende da fattori diversi da una lentezza, presunta o reale, del sistema istituzionale.
C’è un’altra pretesa di Berlusconi, in questo avvio di campagna elettorale, dalla quale stare in guardia: quella di distinguersi da Monti e di criticare aspramente l’azione di governo di quest’ultimo. E’ un altro gioco delle tre carte per far ricadere su altri la responsabilità esclusiva della disastrosa situazione economica del Paese e rifarsi una nuova verginità.
Ora, c’è da dire che su questo punto Berlusconi un po’ di ragione ce l’ha e un po’ di verità la dice. E’ indubbio, il governo Monti è stato una specie di sciagura per l’Italia. Però il punto è che Monti è stato, semplicemente, il prosecutore di Berlusconi. Ne ha completato l’opera! Si può dire che è stato più ligio e zelante ai dettami della politica dei banchieri europei e a quelli del credo liberista oggi dominante; ma non certo che ha “cambiato linea”. La filosofia delle manovre finanziarie e dei tagli drastici e indiscriminati alla spesa pubblica, lo smantellamento dei diritti dei lavoratori e delle conquiste sociali come presupposto e condizione dello sviluppo economico, erano già abbondantemente avviati da Berlusconi e con Monti sono stati semplicemente ulteriormente accentuati (tra l’altro col consenso e il voto parlamentare anche del Pdl).
Se fossero due medici si potrebbe dire che il dott. Monti ha aumentato sul paziente le dosi della medicina che era stata prescritta dal dott. Berlusconi; e il paziente, che era già moribondo, ha chiuso definitivamente gli occhi.
Mamma mia che brutti tempi, se fossimo chiamati a scegliere tra la il liberismo populista di Berlusconi e quello tecnobancario di Monti. Povera Italia!; meglio stare alla larga da tutti e due e maggiore è la distanza, tanto meglio è, per tutti noi e il nostro Paese!