Rivoluzione Civile… Rivoluzione Civile… che simbolo hanno usato e per indicare che cosa? Queste le prime, immediate riflessioni che mi sono posto quando il 29 dicembre scorso sono usciti sui social networks il simbolo con il quarto stato e la notizia dell’imminente candidatura di Antonio Ingroia.
Riflessioni che nel giro di breve tempo hanno avuto una risposta importante: sta nascendo un polo alternativo alle politiche e alle alleanze degli ultimi anni, quelle che hanno permesso a Mario Monti di poter applicare la sua rinomata agenda, composta di lacrime e sangue per le fasce medio-basse della popolazione e, udite udite, anche per il ceto medio, per coloro che tutto sommato possono condurre una vita più che dignitosa anche in tempi di crisi.
Un polo che raccoglie tutti i soggetti politici e della società che in Parlamento e fuori si sono opposti al governo di Berlusconi prima e del professore poi. Una lista di centro-sinistra (in ogni caso più di sinistra che di centro) che ha la possibilità di organizzarsi e di portare in Parlamento la voce di una parte della società che per cinque anni non ha trovato spazio, se non per le opposizioni, giusto riconoscerlo, dell’Italia dei Valori.
Alternativa a questa mossa non c’era; il dialogo con il Pd, ancora prima che strizzasse l’occhio a Monti, era sbarrato sia per la volontà di non allearsi con “estremisti e massimalisti”, sia per la decisione un po’ avventata di dirigenti che stavano conducendo Rifondazione Comunista verso l’isolazionismo più totale, senza alcuna possibilità di recuperare le forze e riacquistare visibilità. Il Prc, e non è disfattismo dirlo purtroppo, naviga ormai da anni in acque troppo torbide e senza una linea chiara da seguire. Presentarsi da soli avrebbe alle prossime elezioni, sebbene con onore, sarebbe stato forse l’ultimo atto del partito.
Poi l’idea di de Magistris con il suo movimento arancione e il corteggiamento ad Ingroia, procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo, uno spiraglio che dà i suoi frutti proprio sotto le feste di Natale. Qualcosa si muove, l’ideazione del simbolo della lista è il passo successivo, con l’uso stilizzato del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo ad indicare i lavoratori che non hanno avuto una rappresentanza negli ultimi cinque anni ed hanno subito tutte le misure economiche richieste dalla BCE e dai gruppi bancari e finanziari più importanti.
A distanza di nemmeno un mese dalla nascita della lista di Rivoluzione Civile, il campo interno e quello esterno si sono definitivamente chiariti. Ma se in quest’ultimo tutto sembrava già evidente, tra alleanze che sanciscono la fine di quel bipolarismo che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni, programmi eurocentrici e via discorrendo, è nel primo che si sono assestati gli equilibri, non senza problemi e delicate sintesi. La lista racchiude in se partiti politici, tanto bistrattati secondo la moda che invade il paese da alcuni anni a questa parte, e la società civile, gli indipendenti, che si sono riuniti intorno alle proposte di Ingroia e della sua “rivoluzione” per attuare i principi sociali basilari stabiliti nella Costituzione.
E tutto questo si nota osservando i 10 punti programmatici dell’alleanza, nei quali vengono rappresentate le varie anime, comunista, ambientalista, legalitaria (dove legalità sta semplicemente per rispetto delle regole, a cominciare da quelle civiche), laica, per i diritti sociali e via discorrendo.
Un programma che si rifiuta di appoggiare l’Europa delle oligarchie economiche e finanziarie, che richiede nuove politiche antimafia, che possa tutelare i diritti dei lavoratori e colpisca i grandi patrimoni con una tassazione davvero proporzionale che permetta allo stesso tempo ai più deboli di poter respirare; che tuteli la cultura e la libera informazione, che sostenga politiche di disarmo e di pace contro il neocolonialismo che anche in queste ore viene dimostrato dall’intervento francese in Mali.
E che, all’ultimo punto riprende la questione morale, lanciata oltre trent’anni fa Enrico Berlinguer e mai come oggi di straordinaria attualità, soprattutto dopo i continui scandali che hanno colpito e travolto i Consigli regionali di Lombardia e Lazio.
Tutte queste sono tematiche che a leggerle possono sembrare scontate per molti di noi. Ma in realtà non è così. Lo stesso centro-sinistra di Bersani sembra avere, seppur in maniera non totale, delle visioni molto differenti da quanto appena detto. Due esempi: la decisione di voler migliorare solo in parte la riforma Fornero e la dichiarazione del leader dei democratici sul sostegno all’intervento armato voluto da Holland nell’ex colonia francese.
Per questo molte persone sono interessate a Rivoluzione Civile, si percepisce nell’aria durante i volantinaggi e la recente raccolta firme. A differenza di cinque anni fa con La Sinistra e l’arcobaleno, questa volta sembra esserci più voglia di sostenere istanze tanto semplici quanto fondamentali. È ancora presto per parlare di sbarramento superato, e dopo aver preso la batosta nel 2008, meglio andarci con molto cautela. Se non altro le premesse sembrano essere migliori.
A testimonianza di quanto detto, possono essere ricordati i sondaggi delle ultime settimane, i quali danno valori superiori allo sbarramento stabilito dalla legge elettorale. Facendo nuovamente i debiti scongiuri, e ricordando quanto possano essere forvianti i sondaggi, è necessario sottolineare come forse questa lista stia piano piano raccogliendo varie fasce di elettori che prima potevano rientrare nel centro-sinistra, in Grillo e altri dall’astensionismo.
Forse un allarme è scattato sulla pericolosità di questa lista, tanto che è iniziata da una settimana a questa parte un’incessante killeraggio politico contro Rivoluzione Civile: trappoloni giornalistici per mettere in difficoltà Ingroia e gli esponenti delle sue fila, caccia di scheletri negli armadi dei candidati alla camera o al senato, polemiche pretestuose, come quello che ha visto coinvolto Claudio Grassi al funerale del brigatista Prospero Gallinari.
A leggere le notizie e le analisi riportate anche da eminenti quotidiani o settimanali, il nuovo soggetto politico sembra dissolversi ancora prima della sua definizione, con appoggi che inizialmente c’erano e ora non più per via della compilazione delle liste dei candidati. Forse non sono state compilate in maniera brillante e qualche errore può esserci stato, sarebbe falso ammettere il contrario.
Ma come si può accettare l’idea che i partiti abbiano imposto i loro nomi quando lo stesso procedimento di composizione delle liste ha visto un rapporto 60% società civile – 40% partiti politici? Nomi di esponenti di rilievo della società civile sono presenti in tutta Italia, e senza dimenticare quanto sia mancato il tempo necessario per ponderare il tutto con la dovuta calma. E solo l’unità di tutti i soggetti delle lista può superare il killeraggio politico in atto.
Tutte queste premure per una lista destinata a rimanere ai margini dell’arena politica? I fatti dimostrano il contrario, e se Rivoluzione Civile viene colpita con così tanto interesse, allora vuol dire che dà fastidio. Soprattutto a quel centro-sinistra che nelle ultime ore ha rilanciato appelli, prima alla desistenza nelle regioni più in bilico del Paese, Lombardia e Campania su tutte, e poi al voto utile per non disperdere la forza dell’asse PD – SEL.
Il primo appello è di per sé strabiliante: chiedere a Ingroia di non presentarsi in alcune regioni e prendersi i suoi voti per battere ufficialmente Berlusconi, magari aver la maggioranza assoluta anche in Senato e dialogare in ogni caso con il centro di Monti mettendo in buona parte dei casi in atto la sua agenda. Può un ragionamento del genere essere accettato?
Se nel primo caso ci poteva essere ancora un ragionamento oggettivo dietro, il secondo appello scende nel ridicolo: il voto utile. Per battere Berlusconi, lasciando così la responsabilità morale a coloro che sottraggono voti al centro-sinistra e permettere il ritorno del Cavaliere nero di Arcore. E sappiamo quanto questo mantra verrà ripetuto durante il periodo che ci separa dal voto.
A chi parla di “tentativo di lodevole testimonianza”, lasceremo poi il compito di spiegare alla base del suo partito perché l’alleanza con Monti, tanto esorcizzata e rifiutata ora, diventerà vitale dopo il voto. Senza dimenticare che chi ha pronunciato quella frase, e molti come lui, nel 2008 difendevano strenuamente La Sinistra e l’arcobaleno dall’appello del voto utile tanto caro al PD di Veltroni. La risposta di Ingroia a tutto questo è stata molto laconica: ci vediamo in Parlamento.
Ed è questo l’augurio per il nuovo soggetto politico. Entrare in Parlamento con le proprie forze, dopo una campagna elettorale convincente, parlando delle nostre proposte, senza cadere nelle trappole medianiche, con esponenti eletti di tutte le anime che si sono unite in questa lotta dopo cinque anni di oblio. E con la speranza, riprendendo vigore come Prc, che il progetto continui anche dopo le elezioni, rafforzando quanto di buono è stato fatto e quanto verrà fatto nelle prossime settimane. Perché l’occasione di poter portare di nuovo la nostra voce c’è, e non deve andare sprecata.
FABRIZIO FERRARO
redazionale
foto di Marco Sferini