Lasciatemi scrivere un pezzo irriverente o, quanto meno, un po’ da arrabbiato. Non rivoluzionariamente parlando, rifacendosi all’immediato domani dell’Ancien regime. Nemmeno avendo in mente la sana rabbia che nasce per un banale litigio, per qualche altra amenità quotidiana.
Bensì, la rabbia che arriva quando ritorna, lenta, inesorabilmente, e pure anche veloce la litania liturgica dell’osservanza delle “tradizioni”.
Le tradizioni uccidono l’attualità delle ricorrenze e, di contro, le ricorrenze cadono nel tradizionalismo ogni volta che non riescono a rinfrescare la memoria alle genti di questo pianeta sul loro origine, sulla loro nascita vera. Non sul significato che, col passare dei decenni e dei secoli, hanno avuto dalla trasformazione dei tempi.
Queste trasformazioni dell’origine delle ricorrenze sono sempre e solo state contorcimenti e torsioni su sé stesse, per snaturare la sacralità di eventi che dovevano essere momenti di liberazione sociale e che sono diventati date dove comperare un regalo, una mimosa, una scatola di cioccolatini alla donna che si ama, che si vive ogni giorno come madre, amante, figlia, nipote, sorella, cugina. Esistono altri gradi di parentela o rapporti sociali tra donne e donne, uomini e donne? Se ne esistono, aggiungeteli pure alla schiera che ho appena elencato.
Comunque sia, la rabbia nasce dal fatto che tutti l’8 marzo festeggiano la “donna”. Invece, non per essere pignoli ma giusti, corretti nel riportare la verità storica, si tratta della “Giornata internazionale della donna” che venne istituita nel mondo in date differenti, a partire da annate differenti a seconda delle agitazioni che a fine ‘800 ed inizio ‘900 prendevano corpo negli angoli più disparati dei cinque continenti.
Il problema è sempre la memoria della storia, dei fatti accaduti prima di noi: festeggiamo il Natale di Gesù Cristo il 25 dicembre senza magari nemmeno chiederci perché in quella data. Così di altre mille date o cose non ci chiediamo il perché del nome, della forma, quando è stato inventato o perché un dato evento è stabilito in tal modo e non in un tal altro.
Quante sono le circostanze materiali, morali, intellettuali che diamo per scontate, che ripetiamo come tanti pappagalli senza interrogarci sul “perché”? Tantissime, quasi la totalità di quelle che viviamo durante la giornata.
Servirebbe il libro dei “perché” o il “Bosco dei perché”, un curioso cartone animato di origine tedesca degli anni ’70 che guardavo da bambino, quasi infante, e che mi faceva molto sorridere: c’era un gufo coloratissimo che reggeva un libro e lo leggeva agli abitanti del bosco. Questi si interrogavano su mille “perché” e trovavano sempre la risposta alle loro domande: spiritosa o meno che fosse, era una verità.
Oggi è l’8 marzo eppure pochi sanno quale sia la storia di questa data. E’ dando ogni evento della vita come ineluttabile, per acquisito e non controvertibile, discutibile o analizzabile che si diventa elemento digestivo del grande ventre del capitale, del sistema economico che deruba miliardi di esseri umani e animali delle loro vite per nutrire poche centinaia di sfruttatori.
Ma se non vi domandate il perché di una data, di un nome, del perché il cavallo debba farsi cavalcare dall’uomo senza che l’abbia deciso nessun altro se non l’uomo stesso, sottomettendo l’animale al suo volere, se non vi fate queste domande, allora non c’è speranza che vi facciate altre domande: tipo… “Ma perché io sono povero e il padrone è ricco?”.
Socialdemocratici e altri servitori del padronato vi diranno che si può migliorare il tenore di vita ma che tutto sommato il sistema più che riformabile non può essere. Chi parla, come me, di abbatterlo, di capovolgerlo a cento ottanta gradi, è un utopista, un folle, un romantico sognatore illuso.
Sia pure. Non me ne importa nulla del giudizio di ruffiani e servi del capitalismo.
Ma mi importerebbe, per pura vanagloria ma anche per passione politica, vedere qualcuno leggere questo articolo dettato dalla rabbia e dirsi: “Ma come, si intitola ‘8 marzo’ e parla di tutto tranne che della festa della donna?”.
Sì, se ti fai questa domanda è una gran bella soddisfazione aver sprecato una mezz’ora della notte per scrivere queste righe, per darle in pasto alla sete di conoscenza di qualcuno o di qualcuna e per dare così uno schiaffo a chi vi vorrebbe sempre e solo scemi, rincitrulliti e felici in questa società di poveri di mente, di spirito e di tasca.
Buon 8 marzo, donne, amiche, compagne.
MARCO SFERINI
8 marzo 2017
foto tratta da Pixabay