La libertà ha un prezzo? Secondo il governo italiano se sei un richiedente asilo appena sbarcato vale 4.938 euro. Soldi con cui è possibile evitare il trattenimento, che altrimenti diventa la condizione in cui svolgere la «procedura accelerata in frontiera». Cioè un iter per la richiesta di protezione internazionale particolarmente rapido che in seguito al dl Cutro, poi convertito in legge, può essere realizzato in condizione di privazione della libertà personale.

Andiamo con ordine, perché l’architettura giuridica è estrosa e va spiegata. Ieri è stato pubblicato uno dei decreti attuativi della norma varata dopo il naufragio del 26 febbraio scorso davanti alle coste calabresi. Lo firmano i ministri Matteo Piantedosi (Interno), Carlo Nordio (Giustizia) e Giancarlo Giorgetti (Economia). Prevede che chi sbarca in Italia senza passaporto può evitare il trattenimento attraverso la «garanzia finanziaria» indicata sopra. Ma attenzione: «La garanzia finanziaria è prestata in una unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi».

In pratica può farla solo la persona appena arrivata. Mettiamo per assurdo che abbia 5mila euro in tasca, come fa a versarli in banca per ottenere la fideiussione non avendo i documenti? Se avesse un passaporto, del resto, non rientrerebbe nella casistica. E allo stesso modo: facciamo finta che abbia un conto-deposito valido nel circuito internazionale con tale somma depositata, come può concludere la procedura senza un documento che lo identifichi?

Al di là degli aspetti paradossali, comunque, viene introdotto per la prima volta nel diritto italiano un meccanismo di garanzia economica per evitare la detenzione. Un po’ come nei sistemi anglosassoni, ad esempio negli Usa, dove però la cauzione riguarda il campo del penale. O, a pensar male, come in Libia dove gli aguzzini protetti e sovvenzionati anche da Italia e Unione Europea liberano le persone in cambio di un riscatto.

Che però lì può essere pagato anche da terzi, in genere le famiglie che si indebitano dopo aver assistito in video alle torture dei loro cari. «Il valore di questa innovazione non resterà limitato al diritto dell’immigrazione, riguarderà anche altri campi», sottolinea l’avvocato dell’Asgi Salvatore Fachile. In termini di riduzione di diritti e garanzie, del resto, i migranti hanno fatto spesso da apripista per tutti gli altri.

In ogni caso il decreto di ieri è solo il dito rispetto alle trasformazioni nella gestione dei fenomeni migratori a cui il governo Meloni sta lavorando. Lo è persino rispetto all’aumento dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) e del periodo massimo di detenzione amministrativa stabiliti due giorni fa dal dl Sud. La luna a cui bisogna guardare, infatti, è l’articolo 7 bis del dl Cutro, sotto il titolo «Disposizioni urgenti in materia di procedure accelerate in frontiera».

È quello a stabilire che l’iter più rapido, e dunque con meno garanzie per il richiedente, può essere applicato a chiunque chiede asilo in frontiera o nelle zone di transito. Non solo: viene messa nero su bianco una finzione giuridica che estende la nozione di frontiera oltre il suo significato geografico. Perché istituisce degli «appositi locali», che non devono essere necessariamente ubicati vicino ai luoghi di confine, in cui queste procedure express possono svolgersi come se ci si trovasse in frontiera.

In pratica delle strutture in cui la persona è trattenuta. Attenzione: non si tratta necessariamente dei soliti Cpr. Soprattutto, questi luoghi sono intesi come una sorta di limbo esterno al territorio nazionale. Una figura di incredibile efficacia per dimostrare, attraverso le stessi leggi dello Stato, il carattere di finzione intrinseco alle frontiere. Infatti secondo il dl Cutro solo ottenendo l’asilo o almeno il provvedimento di sospensiva durante il ricorso al diniego della commissione si viene «ammessi al territorio nazionale». Come se durante la procedura all’interno di tali strutture ci si trovasse altrove.

Il governo sta lavorando da mesi alla realizzazione di questi luoghi. Il primo aprirà a Modica. Mancano ancora i dettagli e rimangono diverse zone d’ombra, logistiche e giuridiche, che andranno chiarite. Ma dovrebbe funzionare così: una zona equivalente a un hotspot, sebbene per ora l’apertura di una nuova struttura di questo tipo non risulti da nessuna norma, che può ospitare circa 200 persone ed è dedicata alla pre-identificazione, anche per reindirizzare i vulnerabili; un luogo di trattenimento con una ottantina di posti cui accede chi è selezionato per le procedure accelerate.

Questa forma di detenzione, su cui comunque servirà la convalida del giudice ordinario e non del giudice di pace dal momento che si tratta di richiedenti asilo, può durare fino a un massimo di quattro settimane. Entro la prima ci sarà, da remoto, l’esame della commissione territoriale d’asilo. In cinque giorni arriverà l’esito e per 14 varrà la possibilità di fare ricorso. Ammesso che il richiedente trovi un avvocato.

Teoricamente chiunque sbarca potrebbe essere sottoposto a tale procedura, ma tutto lascia credere, e recenti dichiarazioni di Piantedosi lo confermano, che riguarderà principalmente chi viene da uno degli 11 paesi sicuri, principalmente Tunisia e Costa d’Avorio, e dunque può essere rimpatriato.

GIANSANDRO MERLI

da il manifesto.it

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