Quello qui presentato è un estratto dell’articolo Il collasso del terrore e del suo partito (Sul caso Azef), che apparse originariamente su giornale polacco Przeglad Socyal-demokratyczny. Questo articolo fu scritto come analisi delle straordinarie rivelazioni concernenti Yevno Azef, leader della terrorista Organizzazione di Combattimento del Partito social rivoluzionario. All’inizio del 1909 Azef fu smascherato come agente della polizia segreta zarista. Nel corso del suo lavoro di agente-provocatore, Azef fu addirittura responsabile dell’omicidio del ministro del dipartimento da cui era stato assunto.
I rimanenti due terzi di tale articolo possono esser trovati (in inglese) nel numero del primo febbraio 1974 del The Militant, un settimanale socialista, che ha pubblicato l’articolo per intero.
Tradotto, dalla versione in inglese presente sul MIA, e trascritto da Mishù, Settembre 2000
Per un intero mese l’attenzione di chiunque sappia leggere e riflettere, sia in Russia che nel resto del mondo, si è incentrata su Azef. Il suo “caso” è noto a tutti per mezzo dei giornali legali e dei resoconti dei dibattiti della Duma riguardo la richiesta avanzata da alcuni deputati per ottenere un’interpellanza su Azef.
Ora Azef ha avuto modo di retrocedere nello sfondo. Il suo nome appare con sempre minor frequenza nei giornali. Però, prima di lasciare una volta per tutte Azef nel mucchio di immondizie della storia, noi riteniamo necessario riassumere le principali lezioni politiche – non riguardo le macchinazioni del tipo di Azef di per sè, ma riguardo il terrorismo nel suo insieme, e all’attitudine che verso esso tengono i principali partiti del paese.
Il terrore individuale come metodo di rivoluzione politica è il contributo “nazionale” di noi russi.
Certamente, l’uccisione di “tiranni” è quasi tanto vecchia quanto l’istituzione della “tirannia” stessa; e poeti di tutto il mondo hanno composto più di qualche inno in onore del pugnale liberatore.
Ma il terrore sistematico, che considera suo obiettivo l’eliminazione di satrapo dopo satrapo, ministro dopo ministro, monarca dopo monarca – ‘Sashka dopo Sashka’ (diminutivo che si riferisce ai due zar Alessandro II e III), come un membro del Narodnaya Volya (Volontà del popolo) formulò familiarmente il programma terroristico negli anni ’80 dell’Ottocento – questo tipo di terrore, adattandosi alla gerarchia burocratica dell’assolutismo e creando la sua propria gerarchia rivoluzionaria, è l’unico prodotto creativo partorito dall’intellighenzia russa.
Certamente, devono esistere profonde ragioni per questo fatto – e noi dovremmo cercarle, primo, nella natura dell’autocrazia russa e, secondo, nella natura dell’intellighenzia russa.
Prima che la stessa idea di poter distruggere l’assolutismo attraverso mezzi meccanici possa acquisire popolarità, è necessario che l’apparato statale venga visto come un organo di coercizione puramente esteriore, senza radici nell’organizzazione sociale stessa. Ed è precisamente così che l’autocrazia russa appare all’intellighenzia rivoluzionaria.
Le basi storiche del terrorismo russo
Quest’illusione ha le sue basi storiche. Lo zarismo ha preso forma sotto la pressione degli stati culturalmente più avanzati d’occidente. Per poter rimanere competitivo esso doveva dissanguare le masse popolari, e nel far ciò esso ha tagliato il terreno economico da sotto i piedi perfino delle classi più privilegiate. E queste classi non furono capaci di elevarsi agli alti livelli politici raggiunti dalle classi privilegiate occidentali.
A ciò, nel diciannovesimo secolo, si è aggiunta la potente pressione delle borse valori europee. Maggiori erano le somme che esse prestavano al regime zarista, minore era la dipendenza diretta dello zarismo dalle relazioni economiche interne al paese.
Per mezzo del capitale europeo, lo zarismo si è armato della tecnologia militare europea, crescendo in questo modo verso l’ “autosufficienza” (relativa, ovviamente) organizzativa, ed elevandosi al di sopra di tutte le classi della società.
Tale situazione poteva naturalmente far crescere l’idea di poter far saltare in aria questa estranea sovrastruttura per mezzo della dinamite.
L’intellighenzia si è sviluppata sotto la diretta ed immediata pressione occidentale; come il suo nemico, lo stato, essa corse avanti allo sviluppo economico del paese – lo stato, tecnologicamente; l’intellighenzia, ideologicamente.
Laddove nelle vecchie società borghesi europee le idee rivoluzionarie si svilupparono più o meno parallelamente alle grandi forze rivoluzionarie, in Russia l’intellighenzia ha guadagnato l’accesso ad idee politiche e culturali occidentali già pronte, ed ha vissuto un rivoluzionamento del suo modo di pensare prima ancora che lo sviluppo economico del paese potesse far nascere serie classi rivoluzionarie dalle quali ottenere supporto.
Superati dalla storia
Sotto queste condizioni, all’intellighenzia non restava altro che moltiplicare il suo entusiasmo rivoluzionario attraverso la forza explosiva della nitroglicerina. Così crebbe il terrorismo classico della Narodnaya Volya.
Il terrore dei Social Rivoluzionari fu nel complesso un prodotto di questi stessi fattori storici: il dispotismo “autosufficiente” dello stato russo, da un lato, e l’ “autosufficiente” intellighenzia rivoluzionaria russa dall’altro.
Ma due decenni non sono passati senza arrecare qualche effetto, e da quando i terroristi della seconda ondata sono apparsi, essi l’hanno fatto come epigoni, segnati dalla bolla di “superati dalla storia”.
L’epoca dello “Sturm und Drang” capitalista degli anni ’80 e ’90 dell’Ottocento produsse e consolidò un vasto proletariato industriale, facendo serie incursioni nell’isolamento economico della campagna ed unendo questa in modo più stretto alla fabbrica ed alla città.
Dietro la Narodnaya Volya non vi era in realtà alcuna classe rivoluzionaria. I Social Rivoluzionari semplicemente non volevano vedere il proletariato rivoluzionario; o quanto meno essi non erano capaci di apprezzarne appieno la sua importanza storica.
Certamente, uno può facilmente collezionare dozzine di strane citazioni dalla letteratura Social Rivoluzionaria nelle quali si afferma che essi perseguono il terrore non al posto della lotta di massa ma al fianco di questa. Ma queste citazioni testimoniano solo della battaglia che gli ideologi del terrore dovevano condurre contro i marxisti – i teorici della lotta delle masse.
Ma ciò non muta la sostanza. Nella sua vera essenza il lavoro terroristico richiede tale energia concentrata per “il grande momento”, tale esagerata valutazione del significato dell’eroismo individuale ed, infine, tale “ermetica” cospirazione, che – se non logicamente almeno psicologicamente – essa esclude completamente il lavoro organizzativo e agitatorio tra le masse.
Per i terroristi, nell’intero campo della politica, esistono solo due centri principali: il governo e l’Organizzazione di Combattimento. “Il governo è pronto a riconciliarsi temporaneamente con l’esistenza di tutte le altre correnti”, Gershuni (un fondatore dell’Organizzazione di Combattimento dei s-r) ha scritto ai suoi compagni nel periodo in cui stava affrontando la sentenza di morte, “ma esso ha deciso di dirigere tutti i suoi colpi verso la distruzione del Partito Social Rivoluzionario”.
“Io confido sinceramente” ha detto Kalayev (un altro terrorista s-r) scrivendo in un momento simile “che la nostra generazione, guidata dall’Organizzazione di Combattimento, eliminerà l’autocrazia”.
Tutto ciò che è esterno alla struttura del terrore è semplicemente lo scenario della battaglia; esso è, al massimo, un mezzo ausiliario. Nel flash accecante della bomba esplosiva i contorni dei partiti politici e le linee divisorie della lotta di classe scompaiono senza lasciare alcuna traccia.
E noi udiamo la voce di quel più grande tra i romantici e gran professionista del nuovo terrorismo, Gershuni, spronare i suoi compagni ad “evitare una rottura non solo con le file dei rivoluzionari, ma coi partiti di opposizione in generale”
La logica del terrorismo
“Non al posto delle masse, ma assieme ad esse”. Ma il terrorismo è una forma troppo “assoluta” di lotta per accontentarsi di un limitato e subordinato ruolo nel partito.
Generato dall’assenza di una classe rivoluzionaria, rigenerato successivamente da un’assenza di fiducia nelle masse rivoluzionarie, il terrorismo può mantenere se stesso solo sfruttando la debolezza e la disorganizzazione delle masse, minimizzando le loro conquiste ed esagerando le loro sconfitte.
“Loro vedono che è impossibile, data la natura dei moderni armamenti, per le masse popolari l’utilizzo di forconi e randelli – queste antiche armi del popolo – per distruggere le Bastiglie dei tempi moderni” l’avvocato difensore Zhdanov ha detto dei terroristi durante il processo di Kalyaev.
“Dopo il 9 gennaio (il massacro della ‘sanguinosa domenica’, che ha segnato l’inizio della rivoluzione del 1905), loro hanno visto molto bene ciò che era coinvolto; ed essi hanno risposto alle mitragliatrici e ai fucili con le pistole e le bombe; tali sono le barricate del ventesimo secolo”.
Le rivoltelle di eroi individuali al posto di forconi e randelli del popolo; bombe invece di barricate – questa è la formula reale del terrorismo.
E non importa qual sorta di ruolo subordinato è relegato al terrore dai teorici “sintetici” del partito, esso occupa sempre di fatto uno speciale posto d’onore. E l’Organizzazione di Combattimento, che la gerarchia ufficiale del partito pone sotto il Comitato Centrale, risulta inevitabilmente esser sopra di esso, sopra al partito e a tutto il suo lavoro – finché il crudele fato la pone sotto il dipartimento di polizia.
Ed è precisamente per questo motivo che il collasso dell’Organizzazione di Combattimento, che avviene a causa di una cospirazione poliziesca, equivale anche al collasso politico del partito.
LEV TROTSKY
dall’articolo “Il collasso del terrore e del suo partito (Sul caso Azef)”
da Archivio Internet dei marxisti
foto tratta da Wikimedia Commons